Davide e Sara
- Scritto da Redazione
- dimensione font riduci dimensione font aumenta la dimensione del font
- Stampa
Davide e Sara
Racconto di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Racconto di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Nell'ombra di un ricordo
La sua vita non era molto cambiata da quando Davide l’aveva lasciata, ora non doveva più preparargli il pranzo, non sarebbe più tornato a casa. Gli mancava molto di lui, il modo in cui giocava con i suoi figli, o il modo in cui l’aiutava in casa, senza mai chiedere nulla in cambio.
Era una buona persona, e le aveva regalato ciò cui lei teneva di più al mondo: due splendidi bambini.
Le piaceva come l’abbracciava teneramente, e lei l’amava con tutta sé stessa.
Ora era finito tutto e lei era rimasta sola, con il ricordo di un amore cui aveva dato tutta se stessa, e due bambini di nove anni che, non appena vedevano un bimbo con il loro papà, scoppiavano in un pianto disperato e vi occorrevano molti sforzi per farli calmare.
Quel giorno Sara era andata a fare la spesa portando con sé i due gemelli poiché non sapeva a chi affidarli, visto che sua madre era morta e anche suo padre quando lei aveva circa otto anni.
Dopo che Davide se n’era andato, Sara era tornata a vivere nel paese in cui era cresciuta, fra la gente semplice, niente affatto sofisticata; lì Sara si sentiva a suo agio, con quelle persone che le volevano bene veramente, poiché l’avevano vista crescere e sposarsi; non come le sue “amiche” che pensavano solo ai profumi o ai loro problemi, calpestando i sentimenti delle persone cui fingevano di voler bene.
Le persone che le volevano un “bene dell’anima”, avevano pianto con lei quando si era sposata, quando aveva perso sua madre, e quando suo marito l’aveva lasciata.
Mentre era immersa in questi pensieri, Sara si accorse che uno dei suoi figli si era staccato dal fratello ed era comparso.
Lo vide: in mezzo alla strada e una macchina lo stava per investire; non ci pensò su due volte, spinse Renato contro un’aiuola ai bordi del marciapiede e si precipitò a salvare il suo bambino, per proteggerlo. L’autista della macchina vide la giovane donna passargli davanti e prendere al volo il bambino in modo che non fosse investito.
L’uomo cercò di sterzare, per non colpire la giovane, ma non ce la fece, e d’improvviso si sentì un botto: tutti si girarono l’autista spaventato scese dalla macchina e si avvicinò alla donna che, svenuta, teneva stretto a sé il bene più grande che avesse ricevuto nella vita.
Il bambino si liberò dalla stretta della madre e cominciò a chiamarla, ma non rispondeva; all’improvviso gli occhi del bambino si riempirono di terrore e cominciò piangere.
Un poliziotto distante dal posto dell’incidente, fu avvertito alla radio di recarsi subito in centro città.
Vi si precipitò immediatamente e si trovò di fronte a una scena drammatica: l’autista teneva in braccio la giovane madre attorniato dai due bambini che piangevano disperati.
“ Al che cosa è successo?” chiese vedendo i due bambini sconvolti per l’accaduto.
“Agente, dobbiamo portarla subito in ospedale, o non ce la farà!” rispose l’uomo, sentendosi colpevole per quello che era accaduto.
“Presto, datemela.” Disse il poliziotto prendendo in braccio la giovane e andando verso l’auto volante della polizia seguito dai due bambini.
“Presto”, disse il giovane al suo collega, “all’ospedale.” Ordinò con la paura che non sarebbe arrivato a tempo per poterla salvare.
Sara stava sognando, era tra i monti che lei amava di più, dove le sarebbe piaciuto vivere, fu accecata da una luce così luminosa che per i due minuti seguenti non riuscì più a vedere nulla.
Ad un tratto si trovò davanti alla persona che aveva amato di più nella sua vita.
“Davide”… riuscì a mormorare, nonostante lo stupore che provava nel vederlo davanti a sé.
“Ma dove sono?” chiese ella al marito voltandosi per guardare il paesaggio e tornando a fissarlo.
“Siamo in un posto dove vi è solo pace e amore, e tutti gli uomini vivono in sintonia con gli animali e con la natura.”
“Non saremo”... replicò con ancora più stupore negli occhi.
“Sì, ma io sono nel posto giusto, mentre tu no, devi tornare per compiere la tua missione.” Concluse guardandola con dolcezza.
“E quale sarebbe ?” Chiese confusa per le parole del marito.
“Laggiù ci sono Emanuele e Renato che ti aspettano con impazienza, e c’è anche un’altra persona, di cui t’innamorerai…” Concluse sparendo insieme alla luce accecante.
Sara si sentì chiamare una seconda volta, ma al contrario della prima, erano due voci che, alquanto sembrava, erano molto preoccupate per lei; ad un tratto s’inserì anche una terza voce, la voce di una donna che era sicuramente apprensione per lei, poi di nuovo il silenzio.
Sara aprì piano gli occhi e vide la luce del neon che si stava accendendo, poi spaventata al ricordo di ciò che era accaduto durante l’incidente, cominciò a chiamare a gran voce il suo bambino.
“Non si muova.” Le disse la donna accanto a lei vestita di bianco, “non si muova. ” Ripeté guardando la giovane donna distesa su quel piccolo lettino.
“Dove sono i miei figli?” Chiese spaventata non vedendo i due bambini vicino a lei.
“Si calmi signora, sono fuori di stanza, vuole che li faccia entrare?”
“Sì.” Rispose sentendo un forte dolore alla tempia, entrò Renato seguito dal suo fratellino in lacrime, che si piombò verso il letto della madre.
“Mamma, mamma scusami, non volevo, sono scappato perché mi era sembrato di vedere papà che mi stesse chiamando.” Disse il bambino tra le lacrime.
Ehi, ehi. Disse prendendolo in braccio e asciugandogli le lacrime che gli rigavano le guance. “Che cosa hai piccolo?” Chiese Sara cercando di calmarlo.
“è stata colpa mia, ma papà…”
“Oh Emanuele” disse stringendolo a sé, “lo so che ti manca papà, ma comunque non è stata colpa tua, però per fortuna stai bene.”
“Ma adesso tu non mi vorrai più bene perché è stata colpa mia.”
“Non dire queste cose piccolo mio, non è assolutamente vero, io ti ho salvato perché non ti volevo perdere, tu sei molto importante per me, come è importante tuo fratello, mi siete rimasti solo voi due e nessun altro, se perdessi anche voi cosa mi resterebbe?”
“Niente.” Rispose il bimbo asciugandosi gli occhi, mentre Renato saliva anche lui sul letto.
“Come sta?” chiese d’improvviso una voce maschile all’infermiera che era lì vicino a lei; appena Renato vide l’uomo che aveva salvato la madre, gli corse incontro gridando di gioia.
Sara vide l’uomo prendere in braccio il bambino e trattarlo con una gentilezza tale, che in quel momento le parve di rivedere suo marito Davide giocare con i figli.
“Davide.” mormorò d’un tratto Sara, senza rendersi conto che le stavano scendendo le lacrime sul viso, che rigavano il volto straziato dal dolore che provava al ricordo del marito ormai perso da tempo.
“Mamma, cosa hai?” chiese d’un tratto Emanuele vedendo la madre piangere e coprirsi il volto con le mani perchè i suoi bambini l’avevano sempre vista sorridente mentre in realtà riservava i momenti più tristi di tutti i giorni sfogandosi solo nella sua stanza, quando Renato ed Emanuele non c’erano.
“Niente, non è niente Emanuele.” Disse asciugandosi le lacrime.
“Come sta?” le chiese d’improvviso il poliziotto seriamente preoccupato, mentre tentava di tenersi in equilibrio, poiché Renato continuava ad agitarsi fra le sue braccia.
“Va meglio di prima, ma…” disse lei coprendosi il volto con le mani. Il poliziotto vedendo la giovane provata dall’incidente e da un ricordo che la sfiniva, prese per mano i due bambini e la lasciarono sola, nonostante le proteste di Renato e di Emanuele
Una settimana dopo l’incidente, Sara era andata al cinema con i gemelli per vedere un cartone animato che i due bimbi desideravano vedere da molto.
Era un cartone animato divertente: era Tartan della Walt Disney. Sara aveva riso quando Tartan, il piccolo bambino della giungla, si era gettato dalla collinetta e aveva preso una panciata appena era caduto in acqua.
I suoi figli per la prima volta ridevano così di gusto nel vedere tutti quegli animali compiere delle strane azioni.
Usciti dal cinema, i bambini volevano bere qualcosa, poiché avevano mangiato i pop-corn e non avevano bevuto nulla.
Sara vide davanti a sé un piccolo bar, vi entrò prestando attenzione che Emanuele e Renato non si staccassero da lei mentre attraversavano la strada.
Appena entrata nel bar, fece sedere i due bambini ad un tavolo e andò al bancone a chiedere due succhi di frutta e un bicchiere d’acqua.
Mentre i due bambini stavano cominciando a bere i loro succhi di frutta, l’attenzione di Renato fu attirata da una persona che era appena entrata nel locale; realizzò chi era e si precipitò fra le braccia dell’uomo che si diresse verso la madre del bimbo.
“Salve”. La salutò il poliziotto sorridendole e facendo sedere il bimbo che scordandosi di quello che era accaduto prima, si era riseduto e aveva ricominciato a bere il suo succo di frutta alla pera.
“Come sta?”chiese il giovane alla donna che era intenta a pulire la felpa che Emanuele si era appena sporcato.
“Mi sento meglio, anche se soffro di mal di testa .”
“Sono contento che si sia ripresa, sa Renato fuori della sua stanza, l’altro giorno, mi continuava chiedere quando la sua mamma sarebbe uscita.”
“La ringrazio con tutto il cuore per avermi tenuto i bambini, mentre ero in ospedale.”
“Non c’è di che, l’ho fatto con piacere; ” replicò egli arrossendo un poco perché non avrebbe immaginato di potersi trovare in una situazione simile.
“Oh, ma che sbadata, non ci siamo ancora presentati, dopo tutto questo trambusto, piacere, io sono Sara Martinez .” Disse tendendo la mano allo sconosciuto.
“Piacere, Daniele.” Immediatamente dopo che si fu presentato, Sara si sentì mancare, ed ebbe un crollo di pressione, ma per fortuna, fu subito sostenuta dall’uomo, che pronto, la sorresse con le sue forti braccia.
Si risvegliò dopo mezz’ora, notò che erano quasi le cinque del pomeriggio e si trovò sola, nella piccola saletta, mentre sentiva i suoi figli in giardino che giocavano.
Si alzò, guardò fuori della finestra e oltre ad Emanuele e Renato che cercavano meglio che potevano di calciare un pallone, vide l’uomo che l’aveva salvata, e si sorprese di vederlo lì.
Uscì in veranda, ma non chiamò i bambini, e rimase lì a vedere quella persona, uno sconosciuto, giocare con i suoi figli a calcio, proprio come faceva una volta Davide.
Sentiva d’essere ancora molto legata a suo marito, e di amarlo come il primo giorno, nonostante lui se ne fosse andato ormai da più di un anno.
Rimase lì in piedi in veranda, finché uno dei gemelli non la notò e la chiamò a gran voce.
Appena Daniele la notò, dopo che ebbe preso in braccio Renato, si girò, e rimase colpito dalla sua bellezza, non riusciva a staccare gli occhi da lei. Sara era vestita semplicemente, con una gonna che faceva risaltare le sue forme, e una camicetta chiusa fino al collo, come se non volesse mostrare ciò che Dio le aveva donato.
Subito dopo aver fatto questi pensieri, Daniele si pentì e cercò di dissimulare il suo imbarazzo nei confronti di Sara.
“Mamma, vieni qua con noi!” urlò Emanuele entusiasta.
“No, non ho intenzione di sporcarmi come voi, mi dispiace!” ribatté lei ridendo.
“Su tornate in casa e andate in bagno.”
“Ma mamma”…
“Non m’interessa, a fare il bagno!”disse seria indicando la porta.
Anche se di controvoglia, i due bambini rientrarono in casa e andarono a cambiarsi.
Anche Sara e Daniele rientrarono in casa con i bambini e si sedettero a parlare per tutto il tempo che i due fecero il bagno.
“Che lavoro fai?”Le chiese incuriosito Daniele.
“Insegno alla scuola materna, lo so che non è un lavoro qualificante come fare il poliziotto, ma almeno mi permette di sfamare i miei bambini e di vestirli con qualcosa di decente.”
“Guarda che non ti ho accusato di crescere male i tuoi figli, ti ho solo chiesto che lavoro fai.”
“Scusami, è solo che non ne posso più di questa vita, se solo ci fosse Davide…”
“Mamma, urlò d’un tratto Renato, abbiamo finito!”
“Arrivo.” Rispose la giovane alzandosi dal divano e dirigendosi verso il bagno, dove i due bimbi l’attendevano.
“Bè, allora ci vediamo .”Disse Daniele aprendo la porta e salutandola con un sorriso.
“Arrivederci e grazie.” Mormorò restando impietrita per quel sorriso che lui le aveva rivolto.
“Ci vediamo.” Urlò quando lui era già salito sul furgone e lo stava mettendo in moto.
Mentre imboccava la strada del ritorno si rese conto di sentirsi come un giovane adolescente, non sapeva come comportarsi, non sapeva come agire, se invitarla fuori o no, però di una cosa era certo, non aveva mai provato una tale attrazione fisica per una donna, dopo sole due settimane che la conosceva.
Era stupido, ma sentiva che doveva parlare con qualcuno, che non fosse sua madre, un amico con il quale d’ora in poi si sarebbe confidato.
“Ti sei preso una bella cotta, come un adolescente.” L’interruppe Marco, il migliore amico di Daniele, ridendo di gioia.
“Non sono un adolescente Marco, ho quarant’anni!” Rispose infuriato.
“Non sei un adolescente, è vero, ma sei l’unico della nostra età a non essere sposato, oltre a Mauro che è rimasto vedovo, ma anche lui si sta rifacendo una vita con un’altra donna.”
“Smettila di prendermi in giro Marco, e in ogni modo anche tu non hai nessuno.”
“ La mia è una scelta, chi è questa giovane ragazza? È giovane, bella, ma soprattutto è libera, com’è?” disse Marco morendo di curiosità.
“Dovresti vederla, non è particolarmente bella, ha un fascino tutto suo, ha due figli, e…”
“No, aspetta un attimo, non sarà per caso la ragazza che hai salvato quel giorno, quando suo figlio stava per essere investito.”
“Sì, è lei.” Appena Daniele finì di pronunciare quel nome, vide un’espressione di grande stupore negli occhi di Marco. “Bella scelta amico!” Esclamò sorpreso.
“Piantala, non potrò mai innamorarmi di lei.”
“E perché scusa, è una bella donna, sembra fatta apposta per te .”Disse Marco cercando di ironizzare quella battuta.
“é sposata .” Ribatté d’impulso Daniele con un velo di tristezza negli occhi.
“Ah che peccato, com’è suo marito?” Chiese d’un tratto egli.
“Non lo so, presumo sia via per lavoro.”rispose Daniele prendendo le sue cose e dirigendosi verso l’uscita.
“Si, come no.” Pensò Marco che era già al corrente di ciò che era avvenuto due anni prima al marito di Sara, poiché lui era stato il suo migliore amico.
“Va bene, ti saluto!” Esclamò uscendo dall’ufficio.
“Mi raccomando, se hai intenzione di iniziare una relazione seria con lei, non fare come hai fatto con le tue precedenti donne.”
“Perché?”Chiese d’un tratto incuriosito.
“Ha già sofferto troppo, e non se lo meritava, quando sarete un po’ più in confidenza chiedile di suo marito, e mentre lei ti racconterà stalle il più vicino possibile.”
“Va bene, ciao, ma tu sai cosa è successo a suo marito?”
“Sì, ma non è compito mio rivelarti cosa sia successo quel pomeriggio, aspetta che te lo dica lei.” Rispose temendo di fare qualche sciocchezza nel rivelargli la verità.
Erano quasi le 22.30 e lei si stava sintonizzando su tutti i canali, uno dopo l’altro, senza trovare niente d’interessante da vedere. Aveva capito di essere attratta da quell’uomo, non era stupida, ma non voleva, non voleva innamorarsi di lui, non voleva perdere il ricordo dei bellissimi momenti che aveva trascorso con suo marito, quando si erano sposati, quando lei gli aveva annunciato di aspettare un bambino, quando… non riuscì più a pensare a nulla, non riuscì a sopportare quel dolore e quell’apprensione che provava e che la facevano stare male.
Scoppiò in un pianto dirotto e si addormentò sfinita dal dolore.
Quel giorno pioveva a dirotto, e lei come al solito era uscita di casa senza prendere l’ ombrello, stava entrando in un museo per aspettare che spiovesse per poter tornare a casa, quando d’improvviso si scontrò con un uomo sui trent’anni e a giudicare dal taglio dei suoi vestiti, Sara dedusse che era un uomo importante.
“Oh mi scusi.” Disse lei cercando di non guardarlo negli occhi poiché era troppo imbarazzata; ma era tra le braccia di quell’uomo che non accennava a lasciarla andare.
“Mi perdoni lei, sono stato io a venirle addosso.” Rispose prendendole il viso tra le mani; nell’istante in cui si guardarono lei sentì un’improvvisa vampata di calore, aveva sentito le ginocchia cedere.
“Si sente bene signorina?”Domandò l’uomo vedendola arrossire d’un tratto.
“Ho paura di no.” Rispose cercando di riprendere il controllo di sé stessa.
“è entrata per ripararsi dalla pioggia?” Le aveva domandato lui cordialmente.
“Si, come sempre ho dimenticato l’ombrello a casa, speravo di farcela a rincasare in tempo, ma la pioggia mi ha sorpresa.”
“Allora devo ringraziarla per averla portata qui affinché io la conoscessi.” Vedendo l’imbarazzo provato dalla giovane per l’affermazione lui cambiò discorso. “Dove abita?”
“A due soli isolati da qui, ma ho capito che dovrò aspettare che smetta di piovere. “Se vuole posso accompagnarla.” Si offrì molto gentilmente l’uomo.
L’ aveva accompagnata a casa, ma non aveva voluto fermarsi più del dovuto, nonostante lei gli avesse offerto ospitalità.
Solo due giorni dopo leggendo il giornale aperto per caso sulla pagina d’economia, aveva scoperto chi fosse quell’uomo così gentile e educato.
Non poteva crederci Davide Martinez, l’uomo che gentilmente si era offerto di accompagnarla a casa, era un impresario di banca, molto importante.
“Cosa, Davide Martinez, proprio lui, ma non sai quante donne gli fanno la corte?” Disse Maria stupita per ciò che era accaduto all’amica.
“E invece ti dico che è lui, mi ha accompagnato a casa, ma ha rifiutato il caffè che gli ho offerto.”
“Oh Signore, ascolta sabato sera mi accompagneresti a una festa? Ti prego, ti prego, ti prego!” L’ aveva supplicata, “ e poi sembra che a quella festa ci sia anche Martinez.” Concluse Maria sapendo di ricattarla poiché Sara voleva rivedere l’uomo.
Il sabato andarono alla festa; Maria aveva indossato un abito rosso fuoco dato che se lo poteva permettere, mentre lei più discretamente ne aveva indossato uno rosa pallido, lungo fino ai piedi e aveva raccolto i suoi bellissimi capelli castani in uno chignon che lentamente si stava sciogliendo.
D’improvviso lo vide: rideva con gli amici, Maria notò Paolo, il ragazzo di cui si era invaghita, parlare con familiarità al giovane Martinez.
Mentre Sara stava respingendo un ragazzo, che aveva bevuto un bicchiere di troppo, si sentì appoggiare una mano sulla spalla, si voltò e vide che di fronte a lei, c’ era Davide.
“Buona sera .” Disse lui in tono cordiale, visibilmente affascinato da Sara e dai suoi occhi color cristallo.
“Che piacere rivederla signor Martinez.” Affermò guadandolo dalla testa ai piedi.
”Vedo che conosce il mio nome, ma la prego, mi chiami pure Davide” Rispose sorridendole.
“Va bene, Davide, oh che sbadata, io sono Sara, Sara De Marta, piacere.”
“Il piacere è mio signorina, state meglio dell’altra volta?” Domandò lui intuendo che la causa del suo malore era lui stesso.
“Si, va molto meglio, anche se il drink che ho bevuto mi ha dato un po’ alla testa, o è lei?”
“Sbaglio o lei sta cercando di provocarmi?”
“Normalmente non mi capita di fare delle avance ad un uomo, ma dato che ho bevuto un bicchiere in più, penso proprio di sì.” Rispose guardandolo con malizia
“Lei mi piace Sara, ha la risposta sempre pronta, e non le importa chi io sia, un famoso banchiere.”
“Per me potrebbe essere anche il principe Giovanni, circondato da servetti e leccapiedi, ma resta che lei è un uomo, proprio come me e non ha nulla di diverso dagli altri; oh sto farneticando, mi perdoni.”
“Mi perdoni lei Sara, ora l’ ho provocata io.”
Per tutta la sera avevano continuato a parlare e avevano scoperto d’avere molto in comune.
In poco tempo Sara e Davide instaurarono un bel rapporto di amicizia, e con il passare dei giorni e dei mesi si era trasformato in un sincero affetto reciproco; entrambi cominciarono a provare un sentimento forte, che andava al di là della semplice amicizia, e per Davide cominciarono le lunghe notti insonni.
Oh Maria, non so cosa fare, non voglio rovinare la nostra amicizia, eppure non posso ignorare questo sentimento che mi rode l’anima e mi consuma fino a stare male.”
“Parla con lui, sicuramente anche lui è nella tua stessa situazione.” Aveva continuato l’amica convinta che la loro storia sarebbe nata senza problemi.
“Marco, cosa faccio, mi piace tantissimo, l’amo, ma non la voglio perdere, non voglio, la amo troppo.”
“Ancora quel sogno, non è possibile Davide, amala, amala con tutto te stesso.”
“Non voglio che soffra.”
“Fa quello che vuoi Davide ma se la ami veramente devi accettare il tuo destino, e poi chissà, magari non succederà, siamo noi gli artefici del nostro destino, ma se la ami veramente devi accettare il fatto che potrai non rivederla mai più.”
Con queste parole in mente, Davide era andato da Sara e gli aveva chiesto di sposarla, e lei fu pronta a donarle tutta la sua anima.
Da pochi mesi Sara era diventata la signora Martinez, e tutto era cambiato, Maria era cambiata, ora era falsa, e Sara ne soffriva molto.
Un anno dopo il loro matrimonio Sara aveva dato alla luce due splendidi bambini, e Davide non riusciva a capacitarsi che le creature che teneva fra le braccia fossero il frutto del loro amore.
Gli anni che Davide trascorse insieme con Sara furono gli anni più belli della sua vita, ma poi, fu il buio.
Il mattino dopo Sara fu svegliata da Renato, aprì gli occhi e lo vide che saltava avanti e indietro per la stanza.
“Renato smettila.” Mormorò.
“Mamma sveglia, è ora di prepararsi!” Comandò con tono autoritario.
Sara guardò l’orologio e vide che erano appena le sei del mattino.” No Renato, non è ancora ora, torna a dormire.”
“No, sveglia!” Ribatté lui arrabbiato togliendo le coperte di dosso alla madre.
“Va bene, ora mi alzo, ma cosa hai stamattina? Di solito dormi fino all’ultimo minuto.”
Dopo un’ora Emanuele e Renato erano pronti per andare a scuola; ora stavano giocando in giardino, mentre Sara si vestiva, e rifletteva su ciò che era accaduto il giorno prima.
Era ormai mezzogiorno, e lei aveva quasi finito il suo turno di lavoro, si stava preparando per tornare a casa, quando venne raggiunta da una sua collega, che la sorprese domandandole: “Sei innamorata?”
Sara stava bevendo un bicchiere d’acqua e quando sentì quella domanda posta in maniera tanto diretta, che le fece andare l’acqua di traverso, facendola tossire più volte, chiese: “ Scusa?”
“Tutti qui sono innamorati, tranne te, perché?”
“Certo che sono innamorata di mio marito.”
“Ma tuo marito non ti ha lasciata?” Chiese confusa non riuscendo a capire se suo marito era morto, o l’aveva semplicemente lasciata.
“Sì, però lo amo lo stesso, è sempre presente nella mia vita, non c’è momento in cui non pensi a lui, ma so che non posso riaverlo, perciò cerco di non farlo vedere ai miei figli; va bè, è meglio che vada, stammi bene!”
Era una mattina come tante altre e in città non si erano verificate situazioni d’emergenza; aveva incontrato Sara dal panettiere e si erano scambiati qualche parola, poiché lei era di fretta.
Erano ormai tre mesi che si frequentavano e lui cominciava a interessarsi seriamente a lei e ai suoi figli, rimasti orfani del padre.
La vedeva tutte le mattine andare a comprare quel poco che si poteva permettere, la vedeva tornare a casa dal lavoro stanca e demoralizzata.
Voleva stringerla fra le braccia, e baciarla, un solo bacio, era la cosa cui bramava di più, saggiare il sapore delle sue labbra; voleva e desiderava solo quello, ma i gemelli erano sempre tra i piedi.
“Ehi, torna tra noi.” Disse Marco, interrompendo così i suoi pensieri.
“Stavo pensando a Sara, e dove andrà a finire questa storia.”
“Invitala fuori a cena, ma non farle portare i bambini.”
“E a chi li lascia?”
“Lasciali da tua madre, lei si è offerta mille volte di curarli, ma tu ti sei sempre rifiutato.”
Era mezz’ ora che camminava avanti e indietro davanti al telefono, indeciso se chiamarla o no.
D’un tratto entrò sua madre e lo sorprese dicendogli : “Chiamala e invitala a uscire con te questa sera, i bambini li posso tenere io.”
“Ma mamma.”
“Non me ne frega niente di quello che pensi, chiamala subito!” Ordinò l’anziana signora al figlio.
“Va bene, va bene.” Disse seccato dall’insistenza della madre.
Si erano dati appuntamento per la sera stessa, sarebbero andati a cena, e poi a vedere un film.
Daniele sarebbe andato a lavorare solo per due ore, mentre Sara rassettava un po’ la casa.
Dopo due minuti, Daniele entrò nella sala sfregandosi le mani.
“Allora?” Gli chiese sua madre in tono basso che sembrava volesse rimproverarlo.
“Devi andare da lei oggi pomeriggio verso le 18:00 mentre io arriverò verso le 19:00, almeno la potrai aiutare con i bambini.”
“Bravo figliolo.”Concluse con fierezza.
Erano quasi le sette e lei era in piedi davanti all’armadio aperto, cercando di scegliere cosa mettersi per quell’occasione speciale.
Era da tanto tempo che non usciva più con nessuno e non sapeva come comportarsi.
Poi lo vide: un vestito nero, avvolto in un cellofan; ricordava l’ultima volta che l’aveva messo: la sera prima della morte di Davide.
Si ricordava quando glielo aveva regalato, era il giorno del loro primo anniversario di nozze, lei era incinta dei gemelli e quel vestito le stava piccolo: “Con quel vestito ti vorrò vedere quando ti sarà scomparsa la pancia .” Le aveva detto Davide.
Ci pensò su un attimo e preferì un altro vestito di un rosa chiaro.
Non se la sentiva ancora di toccare quell’abito che le procurava tanti ricordi.
Per le sette meno cinque era pronta e lo stava aspettando in veranda, mentre Renato ed Emanuele stavano giocando e la madre di Daniele stava preparando la cena per le due “piccole pesti.”
Ad un tratto sentì una macchina avvicinarsi e lo vide scendere.
Renato gli corse incontro esprimendo la sua gioia e saltandogli in braccio proprio come faceva con suo padre: Davide, Davide, era costantemente nei suoi pensieri, quando faceva da mangiare, quando metteva a letto i suoi figli, e quando andava a dormire.
Le mancava il suo abbraccio così forte da farla sentire al sicuro, invece ora quel forte abbraccio era sostituito da una sensazione di freddo, ogni volta che si addormentava da sola.
“Buona sera.” Disse Daniele interrompendo i suoi pensieri.
“Ciao.” Rispose ella cercando di nascondere le lacrime che in quel momento le rigavano il volto.
“Ti senti bene?” chiese egli preoccupato.
“Sì, scusami, ma anche le mamme hanno i loro momenti tristi.”
“Ben detto!” L’interruppe una voce che tutti e due conoscevano bene.” Ora andate, o farete tardi al ristorante, Emanuele, Renato, venite a mangiare, è pronto!” Urlò la madre di Daniele.
“Fate i bravi bambini e obbedite a Rosa, mi raccomando.”
“Va bene mamma.”Disse Renato salutandola con la mano e rientrando in casa per la cena.
Stavano cenando in un piccolo ristorante dove Daniele era andato un paio di volte con sua madre.
Ridente nel parlare delle figuracce fatte da giovani, Sara non fu tormentata dall’assillante ricordo di suo marito, e si divertì molto nell’ascoltare ciò che Daniele aveva da dirle.
Da parte sua Daniele poté ammirarla nella sua gaiezza, non l’aveva mai vista divertirsi così, nei tre mesi che l’aveva frequentata, e pensò che la sua felicità era stata fortemente condizionata dalla scomparsa di suo marito.
“A cosa pensi?” Chiese Sara vedendolo diventare serio e arrossire.
“Stavo pensando che ormai è più di tre mesi che ci frequentiamo e non mi hai mai parlato di tuo marito.” Disse egli allungando la mano e prendendo quella di lei.
Quando udì quelle parole a Sara tornarono in mente i ricordi di quel bruttissimo giorno in cui Davide era morto, scomparendo per sempre dalla sua vita.
Sara ritrasse la mano da quella di lui e toccando le vere nuziali disse: “Possiamo evitare di parlarne, ora non me la sento, ma soprattutto perché non riesco ancora a capacitarmi della sua scomparsa.”
“Scusami, avrei dovuto essere più discreto, scusami, non volevo.”
“No, non fa niente, lo so che hai il diritto di sapere la verità, ma ora è troppo presto, non me la sento.”
Dopo quest’affermazione egli riuscì a spostare la conversazione su un altro argomento, e nonostante l’ombra di Davide che incombeva su di loro, Daniele riuscì a farla sorridere ancora una volta.
Rientrarono verso mezzanotte e trovarono Rosa assorta in un libro; appena si accorse, si alzò prestando attenzione a non svegliare i bambini che si erano assopiti accanto a lei.
“Allora, come è andata?” Chiese incuriosita.
“Bene.” Rispose il figlio guardando Sara negli occhi, che gli sorrise sfinita.
“Beh, allora io vado.” Disse Rosa prendendo le chiavi della macchina, mentre Sara stava mettendo a letto i suoi figli.
“Guai a te se domattina ti trovo a casa.”
“Ma mamma.” Rispose lui senza poter aggiungere altro dato che sua madre lo interruppe nuovamente dicendogli: “ è una donna cui è stata tolta la voglia di amare una persona reale e che nonostante tutto continua ad amare un angelo, che ormai è in Paradiso.
Falle tornare quella voglia d’amare altre persone, e di lasciarsi alle spalle quell’angelo che incombe ogni volta che lei esce con un uomo.”
Detto questo, l’arzilla signora uscì da casa, mise in moto la macchina senza voler ascoltare il figlio ribattere quello che gli aveva detto.
Daniele stava riflettendo su ciò che gli aveva detto sua madre e non si accorse che Sara era tornata nella stanza, e lo stava osservando.
Appena Sara appoggiò la testa sulla spalla di Daniele, egli sentì una nuova sensazione mai provata, neanche quando era stato con Maria e Alice, le uniche due ragazze con cui aveva coltivato una relazione.
Sentiva un groppo in gola e il battito del cuore che aumentava e un insolito tremore.
Sara comprendeva l’agitazione di Daniele e ne fu lieta, si lasciò andare completamente così che Daniele avesse modo di abbracciarla cercando di calmare un po’ il suo animo agitato.
“Sara.” Disse lui, “non so cosa è successo a tuo marito e se tu non vorrai dirmelo, io non ti chiederò nulla, ma ti prometto che qualunque cosa possa accadere, io saprò sostituire al meglio ciò che tu e i bambini avete perso.”
Sara lasciò che quelle parole entrassero nella sua mente e dopo aver compreso gli rispose semplicemente: “ Daniele, io apprezzo la tua buona volontà, ma Emanuele e Renato un padre l’hanno ed è Davide, per quanto riguarda me, devo dirti che non potrai mai sostituire mio marito, in fondo lui è stato il mio primo amore; ti confesso che a volte mi manca da morire ma ti devo dire di non farti illusioni, da quando Davide mi è stato portato via, non riesco più ad amare, non posso pensare di poter amare un altro uomo. Non sai quante volte mi sono detta di andare avanti, che se anche lui non c’ è la vita continua, ma non ci riesco, alla fine il mio cuore torna sempre da lui. Scusami, ma preferisco chiarire la cosa prima che sia troppo tardi.”
“Quindi per farla breve, mi stai dicendo che non vuoi innamorarti.”
“Non è che non voglio, non posso, l’unica persona con cui avrei voluto vivere mi è stata portata via per sempre, la sua morte è stata il limite della sofferenza e del dolore.
L’unica cosa che mi serve adesso non è una persona da amare, come ti ha detto poco fa tua madre, ma mi serve un amico, solo quello.”
Dopo aver detto ciò, Sara lo guardò negli occhi e Daniele si accorse che aver pronunciato quella frase per lei era di gran dolore e per interrompere quel momento così imbarazzante Daniele prese coraggio e con stupore di Sara l’ abbracciò forte, poiché anche se lo desiderava, non osava baciarla dopo quello che gli aveva detto.
Il giorno dopo Daniele passò tutto il tempo a casa di Sara, tra la gioia di Renato e lo stupore d’Emanuele.
Daniele e Sara avevano riso a crepapelle quando Renato ed Emanuele avevano impersonato il piccolo Tartan e la sua amica Terk, e si erano spaventati molto quando Emanuele continuando a dondolarsi sulla sedia era caduto all’indietro avendo sbattuto la testa perse conoscenza.
Sara aveva provato una morsa al cuore, quasi da soffocarla, ma non riusciva a muoversi, era paralizzata dallo spavento, aveva visto Daniele alzarsi dalla sedia e prendere il bimbo fra le mani cercando di farlo rinvenire.
Lo aveva portato nella sua stanza, e dopo due minuti era rinvenuto senza ricordare nulla di quello che era accaduto e trovandosi da solo con Daniele, mentre Sara era fuori della sua stanza che teneva in braccio Renato che piangeva come un disperato invocando il nome del padre, poiché solo lui era capace di calmarlo in queste circostanze.
“Calma Renato, stai buono…” continuava ad incitarlo lei non riuscendo a calmarlo.
“Oh Davide, perché non sei qui adesso amore mio, ho bisogno di te.”
Quella frase pronunciata con tanta enfasi da Sara fu udita da Daniele che si rese conto che ella amava veramente tanto il marito, tanto da invocarlo nel momento del bisogno.
Daniele richiuse la porta e Sara gli andò incontro in fretta e furia, ma fu bloccata da Daniele sulla porta.
“Lasciami, lasciami, voglio vederlo, voglio vedere come sta mio figlio!” Urlava con la paura che fosse morto, proprio come il padre.
“Calma Sara, lascialo stare ora riposa, non disturbarlo, grazie a Dio non si è fatto nulla.”
“Allora non è morto?” Chiese tesa come una corda di violino.
“No, stai tranquilla, non è morto. Rispose lui allentando un po’ la presa e rimanendo turbato per come aveva chiamato il figlio.
“Non è morto .” Ripeté incredula per la felice notizia e mentre lo abbracciava l’immagine di suo marito si fece viva nella mente, e lei lo ringraziò per aver salvato il loro bambino.
Il mattino dopo Sara si svegliò piuttosto presto, e anche se di malavoglia dovette alzarsi per preparare la colazione ai bambini e lo zaino per andare a scuola. Emanuele fu il primo ad alzarsi, seguito dal fratello.
I due fecero una abbondante colazione, soprattutto Emanuele che non aveva mangiato nulla il giorno prima.
Dopo mezz’ora erano tutti e tre in macchina, diretti verso la scuola.
Mentre Sara si stava cambiando per iniziare a lavorare, entrò nella saletta Tina, la più odiosa delle colleghe che a Sara poteva capitare.
“Ho sentito dire che hai una relazione con Daniele, è vero?” Chiese incuriosita e desiderosa di poter spettegolare con le sue colleghe che in fatto di insensibilità non erano inferiori a lei.
“Anche se non sono affari che ti riguardano siamo amici, e qualche volta usciamo insieme a cena.”
“E cosa ne pensa tuo marito, è geloso?” Domandò con poco tatto.
“Come fai a sapere che sono sposata?”
“Beh non ci si mette molto a capire che il doppio anello che porti al dito è una vera d’oro. Scommetto che tuo marito ti ha lasciato a per un'altra donna più bella di te, ma tu non hai mai rinunciato a lui.”
“Adesso smettila Tina .” L’interruppe Francesca indispettita dal suo atteggiamento sciocco.
“Scommetto che ti ha chiesto il divorzio, ma tu non glielo hai voluto concedere, ma lui alla fine ti ha lasciato in ogni caso.”
“Sai chi è suo marito?” Intervenne Francesca stufa di sentire sparlare della sua migliore amica.
“E chi sarebbe, sentiamo.”
“Davide Martinez, o almeno si chiamava così, intervenne Sara, Tina, mio marito morì due anni fa in un incidente.”
Quella frase appena mormorata le aveva fatto mancare il fiato, perché nonostante Davide fosse morto da due anni, lei soffriva ancora di incubi la notte, sognava molto spesso quel maledetto giorno in cui il suo unico dolce amore le era stato portato via ingiustamente; e quando si svegliava di colpo nella notte, sentiva Emanuele piangere chiamando il padre, e lei non poteva fare altro che consolarlo di una perdita che aveva significato molto per lui.
La sera seguente Sara invitò Daniele a cena e mentre stava preparando il pesce che lui aveva portato per fare una bella grigliata, lo vedeva giocare a calcio nel piccolo giardino sul retro.
Davide li amava intensamente e li trattava come se fossero stati la cosa più bella ricevuta dalla vita, ed era così.
Poi in un attimo in cui una persona non aveva più ragionato, accecato dal terrore e dalla rabbia aveva ucciso.
All’improvviso qualcuno le toccò la spalla e lei sussultò per lo spavento.
“Calmati, sono io, le disse Daniele prendendola per le spalle e bloccandola sulla porta, a cosa stai pensando?”
“Lo sai che tutti sanno che ci frequentiamo?”
“Davvero, temi per la tua reputazione?”
“Lo sanno le mie colleghe, tua madre, e persino la cassiera del supermercato.”
“Io l’ho detto a mia madre, ma come al solito ci avrà pensato lei a spettegolare tutto.”
“Uffa e io che volevo fosse una storia segreta .” Lo derise lei.
“Smettila di prendermi in giro streghetta!” Concluse lui afferrandola per mano per condurla in sala.
“Sara, io non posso immaginare quanto tu amassi Davide, e non posso neanche immaginare quanto lui amasse voi, ma posso capire il dolore che hai provato quando lo hai perso.
Non so com’e quando è successo, e non m’interessa neanche saperlo, quando tu sarai pronta, se vorrai dirmi ciò che è successo quel giorno, io sarò pronto ad ascoltare, ma soprattutto, anche se tu non vuoi, vorrai cominciare ad amarti sul serio, perché nonostante tu non mi abbia dato speranza, comprendo che magari un giorno tu riuscirai a liberarti della sua ombra.
Sono consapevole che forse ci metterai molto tempo a volermi bene, perché anche adesso guadandoti negli occhi, vedo quell’amore profondo che continui a nutrire nei confronti di tuo marito, anche se adesso non c’è più.”
“Daniele, l’interruppe Sara non riuscendo più a sentire quella conversazione troppo seria, io, non voglio, non è giusto, lo sai che non sono in grado di corrisponderti, non t’innamorare di me, te lo chiedo per Emanuele e Renato. Amo ancora troppo mio marito nonostante sia morto.
Ma è troppo tardi vero? O c’è ancora la possibilità che tu smetta di amarmi, lo so che sono un’egoista ma ti prego ascoltami.”
Detto ciò si zittirono e nessuno parlò più finchè Daniele si alzò e uscì.
“Mamma dovresti vederla, è bellissima.”
“Davide lo sai che non devi fidarti delle belle donne, quelle mirano ad una cosa sola.”
“Ma lei è diversa mamma, non le importa nulla dei soldi, tutte le volte che le faccio un regalo me lo fa portare indietro.”
“Non hai pensato che potrebbe essere una strategia?”
“Prima di giudicarla conoscila, lei è diversa, te lo giuro.”
“Buon giorno.” Salutò cortesemente Sara imbarazzata.
“Piacere di conoscerti.” Rispose la signora che aveva di fronte.
“Papà, mamma, lei è Sara.” Affermò Davide facendo accomodare la ragazza e sedendosi vicino a lei.
“Hai sempre vissuto qui Sara?” Domandò la madre di Davide alla donna.”
“No, sono originaria di Trento, dove ho vissuto lì fino a qualche mese fa.”
“Davide devo parlarti della banca, le cose hanno preso una brutta piega..”
“Mio marito e Davide parlano sempre di affari, vieni Sara, facciamo una passeggiata, è ora che io e te cominciamo a conoscerci.” Detto questo Lisa condusse la ragazza verso delle poltroncine che si trovavano a poca distanza da Davide e Pietro.
“Posso farti una domanda?”
“ Sì certamente.”
“Molto spesso Davide ci parla di te, scusami se ti pongo questa domanda, ma tu cosa provi nei confronti di mio figlio?”
“Io ne sono innamorata.”
“Scusa se te l’ ho chiesto, non volevo offenderti, ma con tutte le donne che gravitano intorno a Davide, è difficile incontrare una donna che non sa interessata ai suoi soldi, e non darmi del lei, chiamami Lisa, o mi farai sentire vecchia.”
“Lisa, io le assicuro che i soldi di suo figlio non mi interessano affatto anzi, a volte preferirei che non li possedesse, perché se sei in grado di comprare tutto alla fine non c’è più nulla che ti soddisfi e l’unica cosa che non si può comprare sono i sentimenti.”
“Ben detto Sara, lei mi piace, e per questo se lei deciderà di sposare mio figlio avrà la mia benedizione.”
Il giorno dopo Daniele trascorse tutto il tempo al lavoro, immerso in pensieri costantemente rivolti a Davide, si chiese che cosa avesse mai fatto Davide di speciale quell’uomo, come mai Sara a due anni dalla sua morte lo rimpiangeva ancora, ma soprattutto, com’era morto?
La curiosità lo invadeva da capo a piedi, voleva sapere il motivo. Sapeva che Davide era morto a Trieste, dove abitava prima con la moglie, sapeva che in qualche modo Emanuele centrava con la morte del padre, ma non sapeva altro. Voleva conoscere la realtà dei fatti, così chiamò il dipartimento di polizia della città e gli chiese di mandargli dei fax con i verbali compilati due anni prima, riguardanti la morte di Davide.
Così dopo mezz’ora Daniele era a conoscenza del fatto, finalmente dopo tanto tempo; ma dopo averli letti ne rimase talmente sconvolto che pochi minuti dopo si sentì male. Rientrò dopo cinque minuti e lì vide Marco.
“Dove li hai presi?” Chiese all’amico imponendosi di stare calmo.
“Cosa?” Rispose lui confuso, ma consapevole che i fogli che teneva in mano erano i verbali dell’incidente.
“Daniele, dove hai preso questa roba?” Continuò Marco sentendo crescere dentro di sé un’ira profonda.
“Stai calmo, volevo solo informarmi su suo marito.” Disse sulla difensiva.
“Chi ti ha concesso il permesso di conoscere la sua vita passata, te l’ ha forse chiesto lei ?”
“No, veramente no.”
“Allora non hai il diritto di sapere di Davide, non lo hai!” Rispose Marco ora veramente incollerito.
“Adesso cerca di calmarti per favore, non ho alcuna intenzione di litigare con te per causa sua, e poi ho intenzione, anche se lei non lo vuole di sostituirmi a Davide.”
“Cosa vuoi fare, tu un don Giovanni, che si è innamorato, non è possibile; e comunque ricordati che non ti permetterò di sedurla e poi abbandonarla come hai fatto con Alice e Marta. Non ti permetterò di farle del male, l’ho promesso a Davide.”
“Tu lo conosci, ma perché non me lo hai detto?”
“Davide era il mio migliore amico e non permetterò a nessuno di farle del male.” Detto questo Marco uscì dall’ufficio senza aspettare che Daniele replicasse.
“Ma sei matto, sei sicuro di quello che fai?”
“Sì, voglio farlo.”
“Ma scusa, e gli incubi? Non sottovalutarli, potrebbero corrispondere al vero.”
“Paolo sono pronto a rischiare, voglio renderla felice se lo merita, ha perso suo padre quando era piccola, e io voglio renderla felice.”
“Ma se quei sogni si avvereranno lei purtroppo rivivrà quei brutti momenti.” Erano in due che cercavano di dissuadere Davide a non sposare Sara, ma più loro trovavano delle ragioni convincenti, più lui era intenzionato a non ascoltarli.
“Lo so Marco, ci ho pensato e ripensato, per arrivar sempre alla stessa conclusione: voglio sposarla.”
“Ma non pensi che lei punti solo ai tuoi soldi?”
“No, se fosse per lei li butterebbe tutti fuori della finestra in quest’istante stesso e voglio crederle.”
“Ma…” tentò di replicare Marco, ma Davide non lo fece parlare.
“Niente ma, voglio provare a fidarmi di lei.”
“Ma come puoi fidarti di una donna nella situazione n cui ti trovi?”
“Paolo, ne sono innamorato.”
Fu Sara chiamarlo il giorno dopo per chiedergli se potevano uscire insieme, anche se avrebbe portato i gemelli, poiché non aveva trovato nessuno che potesse tenerli.
Lui avrebbe voluto avere ancora un po’ di tempo per riflettere ma alla fine acconsentì; li avrebbe portati a cena in un ristorante elegante.
Francesca vide Sara in piedi davanti all’armadio aperto, mentre sceglieva il vestito.
“Non so cosa mettermi.”
“Metti quel vestito nero avvolto nel cellofan.”
“Non posso, quel vestito…”
“Che cosa ha a me sembra perfetto.”
“è piccolo.”
“Siamo pronti?” Chiese guardando prima i gemelli e poi Daniele.
“Noi si, e la mamma?” Rispose stringendo Emanuele tra le braccia.
“Allora andiamo.” Disse raccogliendo la borsa e uscendo di casa.
Salirono in macchina tutti e quattro e si diressero verso un ristorante chiamato “La Locanda”appena entrati il padrone del locale, un omino basso e largo salutò Daniele guardandolo con occhio strano.
“Chi è, una nuova?” Domandò l’uomo incuriosito.
“Vince!” Esclamò Daniele imbarazzato.
“Allora hai intenzioni serie con lei, pensi che sia quella giusta?”
“Non lo so, io vorrei, ma dipende tutto da lei.” Rispose finendo il suo drink.
“è bello qui, mi sembra un posto molto accogliente.”
“Ti piace?” Disse lui porgendole la bottiglia d’acqua.
“Sì molto.”
“Mamma, quando torna papà?” Chiese Renato con una voglia incredibile di rivedere il padre; erano a metà della cena quando il bimbo fece la domanda tra lo stupore di Daniele e l’incredulità di Sara.
Gli rispose che il suo papà non sarebbe più tornato, ma che lui avrebbe potuto vederlo ogni volta che avrebbe voluto guardando nel profondo del suo cuore.
Renato si zittì un attimo. “Papà è morto vero?” Domandò rattristandosi.
“Sì” Confermò consapevole del fatto che ormai i suoi figli erano grandi per sapere la verità.
Renato era sempre stato molto attaccato al proprio padre, lo amava molto anche se a volte lo faceva arrabbiare.
Sara sapeva cosa significa aspettare giorno dopo giorno un padre che non arriverà mai.
Anche suo padre era stato investito mentre stava andando a fare la spesa per fare un favore alla madre, e non era più tornato.
“ Che cosa hai?” Le chiese Daniele.
“Nulla, stavo pensando a mio padre.”
Poco dopo arrivò la cena, e tutti e quattro mangiarono in silenzio, Renato ancora turbato profondamente dalla conferma della morte del padre, Emanuele era incerto se dire al fratello come il padre era morto, mentre su Sara e Daniele incombeva l’ombra di Davide.
La sera Daniele li riportò a casa, ma non si fermò poiché il giorno dopo doveva partire per andare a Udine.
“Smettila e pensa guidare se no va a finire che andiamo a sbattere contro un palo.” L’ aveva esortato Sara rimettendo le mani del marito sul volante.
“Lo sai che non so resisterti, sei bellissima amore.” Affermò guardando la moglie negli occhi, ma d’ un tratto egli sembrò essersi bloccato; per Sara quel comportamento era strano,in fondo avevano trascorso una bella giornata, erano andati a fare un pic- nic sulle sponde di un lago e si erano divertiti molto.
“Davide, cosa hai?” Chiese interrompendo i suoi pensieri; erano fermi di fronte ad un semaforo quando lui cambiò direzione andando verso la banca di sua proprietà.
“Ma dove stiamo andando?” Domandò Sara confusa.
“Mi hanno chiamato prima mentre dormivi, e mi hanno chiesto di passare perché hanno avuto un problema.” Mentì lui già sapendo cosa gli sarebbe accaduto.
Fermò la macchina di fronte alla banca, e mentre scendeva, guardò i suoi figli addormentati sul sedile posteriore, poi tornò a guardare sua moglie.
La baciò più a lungo del solito. “Ti amo, e ti amerò, ricordalo per sempre.”
Detto ciò Davide era sceso dalla macchina.
Quella fu l’ultima immagine che Sara vide prima di svegliarsi di colpo per non voler rivivere il dopo.
Sentì Emanuele che piangeva nella sua stanza, fece appena in tempo ad aprire la porta della stanza dei suoi bambini che si ritrovò fra le braccia il bambino per consolarlo.
“Mamma, ho sognato papà. Disse il bambino singhiozzando. Stavo giocando a calcio con lui, non so cosa è successo, ma d’improvviso l’ho visto cadere a terra e poi tu che lo tenevi fra le braccia. Voglio il mio papà!” Esclamò il bambino prima di ricominciare a piangere per poi addormentarsi cullato dalla madre.
Non era possibile, nonostante lei avesse fatto di tutto per scacciare quei pensieri dalle loro vite erano tornati ad infestare i sogni del suo bambino.
Nelle tre settimane seguenti Daniele non si fece sentire per niente, ma pochi giorni dopo il suo rientro la chiamò chiedendole di vederla, ma se era possibile di non portare i bambini.
Così la sera stessa Sara si presentò a casa di Daniele, lui la fece entrare notando con piacere che i suoi figli non c’ erano.
Cenarono a lume di candela guardandosi negli occhi e parlarono di mille cose, Sara scoprì che in quelle tre settimane che Daniele era stato via, aveva conosciuto una donna che gli aveva fatto una corte spietata.
“E perché non ti sei fatto avanti con lei, se era davvero carina come dici, perché l’ hai rifiutata?” Chiese Sara stupita dal suo comportamento.
Finito di cenare Sara aspettò Daniele in salotto, lui stava preparando la sua “famosa cioccolata.”
Nel bere quell’intruglio fatto di rum e cioccolata, Sara si sporcò le labbra, appena lui lo notò, si avvicinò con ancora più intenzione di baciarla, lei stava prendendo un tovagliolo per pulirsi, ma lui le prese la mano e la baciò.
Il risultato ottenuto fu solo quello di essere rifiutato per l’ennesima volta, ma lui sentì crescere in sé una forte passione.
L’uomo le accarezzò i capelli, e mentre la sua mano scendeva dai lineamenti del viso al collo, Sara era combattuta fra il desiderio di lasciarsi andare, e la paura del tradimento che alla fine prevalse sul desiderio, ma Daniele non sembrava intenzionato a fermarsi.
“No ti prego Daniele, no.”
Fu salvata dallo squillo del telefono, e anche se controvoglia egli andò a rispondere su insistenza di Sara che voleva prendere un po’ di tempo.
Facendo per alzarsi, Sara andò a sbattere contro un mobiletto da dove caddero dei fogli, li raccolse, ma appena vide di cosa si trattava sbiancò di colpo. Dipartimento di polizia di Trieste.
Incredula lesse il contenuto del fascicolo, non poteva crederci, Davide, era tutto il materiale che riguardava la sua morte, c’ erano articoli di giornale, testimonianze, e il verbale. Vide che solo quello era stato toccato.
Improvvisamente capì tutto: l’aveva trattata in quel modo perché sapeva dell’incidente. Che stupida era stata, le aveva offerto una cena squisita, il miglior vino che aveva in casa, solo perché pensava di conoscere ciò che era accaduto a suo marito.
Il senso di colpa crebbe forte nei confronti di Davide, era stata una stupida, lo aveva tradito.
Continuava a ripeterselo anche dopo essere salita in macchina; aveva preso i suoi fascicoli, passò da casa di Francesca a prendere i bambini e tornò alla villetta.
Nelle tre settimane seguenti, Sara cercò di evitarlo: non rispondeva ai suoi messaggi, alle lettere, non voleva leggerle, era arrabbiata con lui, lo odiava per quello che le aveva fatto; la confusione cominciava a farsi viva nella sua mente, e non sapeva come comportarsi.
“Davide, ma dove mi porti?” Domandò lei portando le mani avanti, non rendendosi conto dello spazio che la circondava poiché era bendata.
“Seguimi attenta che ci sono dei gradini.”
“Quanti sono?”
“Una decina, contiamoli: uno due, tre… fermati qui che ti sciolgo la benda.”
Appena lui gliela tolse Sara fu accecata dalla luce, solo dopo pochi minuti dopo che la vista si stabilizzò il suo sguardo fu rapito dalla bellezza del paesaggio, che riconobbe immediatamente come familiare.
“Davide, ma come hai fatto?” Chiese sbalordita.
“A fare cosa?” rispose lui sorridendole.
“Oh Davide.” Continuò abbandonandosi contro il suo torace.
“Guarda là Sara, disse indicandole una baita, ti piace?”
“Perché?” Continuò lei stupita.
“Perché è nostra per un intero mese se accetti di sposarmi.”
“Che cosa?”
“Ti amo e non posso più pensare di poter vivere senza te, ti prego sposami.”
“Si.”
Il loro matrimonio non era stato sfarzoso, nonostante lui fosse molto ricco, una semplice cerimonia in una chiesa di montagna in Trentino, il ricevimento tenutosi in un piccolo ristorante e infine si erano recati in questa baita presa in affitto e lontana da fotografi e giornalisti.
Avevano trascorso un mese bellissimo insieme loro due, ma tutto era cambiato quando erano tornati a Trieste e avevano ripreso la loro vita normale; lui molto spesso era via per lavoro e lei si trovava sempre di più a casa da sola, incapace di governare una grande casa con tanti servitori, così un giorno stufa della situazione aveva accusato Davide di non curarsi di lei, si sentiva talmente sola, se almeno avesse avuto qualcosa da fare, odiava passare ogni momento della giornata a non fare nulla.
“Sara, Sara, ma dove stai andando?”Lei era uscita da casa di corsa, avevano appena litigato era infuriata, non ragionando più aveva preso la borsa ed era uscita da casa.
“Dove credi di andare?” Continuò lui seguendola.
“Via, non voglio più stare qui, sposando te, ho sposato un mito, e io non voglio vivere così, sto male.”
“Sara, ma cosa dici, cosa è successo?”
“Sposandoti mi sono assunta dei gravi rischi, Maria ora è falsa, mi frequenta solo perché Paolo è il tuo migliore amico; mia madre non è nemmeno venuta al nostro matrimonio tanto era in imbarazzo nell’avere come genero un impresario di banca, mentre lei è solo una modesta casalinga., io non voglio continuare a vivere così, io sto male, non ce la faccio più.”
“Ma amore, hai provato a parlare con Maria o con tua madre, magari se spiegassi loro come stanno le cose.”
“No, ci ho già provato e sai cosa mi hanno risposto, Maria mi ha detto che non affatto vero che lei si comporta in modo diverso, mentre mia madre mi ha detto che lei non è degna di avere una figlia che pur essendo una ragazza semplice è riuscita ad accalappiare un giovane così facoltoso. Non capisci, entrambe pensano che io abbia accettato la tua proposta solo perché sei ricco, mentre io ti amo per quello che sei con o senza il tuo denaro.”
“Sara, io questo lo so già, vieni qua; Disse lui afferrandola e stringendola fra le braccia; amore non ti preoccupare, parlerò io sia con Maddalena che con Maria, e se no mi ascolteranno vorrà dire che non sono degne della fiducia che tu hai riposto in loro. Forza entriamo, guarda come siamo bagnati.”
Una mattina qualcuno bussò alla porta, lei aprì e si trovò di fronte il fioraio con un mazzo di rose bianche, le sue preferite, solo una persona sapeva come le piacevano, ma quella persona non c’era più.
D’improvviso le venne un lapsus, aprì il biglietto, se non era Davide, allora poteva essere solo lui: Pietro Martinez, il padre di Davide.
Era un breve messaggio in cui le comunicava un appuntamento per discutere con lei su un fatto molto importante che riguardava Davide.
L’appuntamento era fissato per il giorno dopo verso le cinque del pomeriggio, poiché quella era l’ora in cui la banca chiudeva.
Sara posteggiò la macchina presso il cinema, e si diresse verso il bar con i figli.
Appena Renato ed Emanuele riconobbero il nonno, gli corsero incontro e gli saltarono in braccio per la gioia.
“Allora, come stai Sara?” Le chiese Pietro felice di rivederla.
“Sto meglio, anche se.” Non fu in grado di finire la frase poiché le si strinse la gola e suo suocero comprese il perché.
“Sara, dobbiamo parlare seriamente.” Affermò egli cambiando espressione.
“Di cosa?” Rispose ella prendendo Emanuele in braccio.
Questo è il testamento di Davide, so che dopo la sua morte ti sei rifiutata di leggerlo, però bisogna rispettare la sua volontà.”
“No, non voglio.” Sentenziò ella rifiutandosi completamente di leggerla.
“Leggilo te lo chiedo per Davide e anche per i tuoi figli .”Chiese Pietro guardandola tenere in mano quel foglio che per troppo tempo si era rifiutata di leggere. Finalmente Sara trovò quel coraggio venuto a mancare dopo la morte di Davide. Tralasciò la parte in cui Davide parlava della banca e cominciò a leggere:
“Io sottoscritto, Davide Martinez, nelle mie piene facoltà mentali redico questo testamento in cui affido la mia casa alla mia consorte Sara Martinez, che sarà in grado di amministrarla al meglio Affido tutto quanto possiedo in denaro, qualora io dovessi mancare, a mio padre Pietro Martinez, in modo che egli lo amministri saggiamente e che questo serva a rendere confortevole la vita dei miei figli: Emanuele e Renato Martinez. Infine affido a mio padre, Pietro Martinez, il compito di amministrare la banca di mia proprietà, finchè uno dei miei figli o ancora, meglio, entrambi, saranno in età per prenderne le redini, succedendo così a me e a mio padre.
In fede, sperando che la mia volontà sia rispettata.”
La sua vita non era molto cambiata da quando Davide l’aveva lasciata, ora non doveva più preparargli il pranzo, non sarebbe più tornato a casa. Gli mancava molto di lui, il modo in cui giocava con i suoi figli, o il modo in cui l’aiutava in casa, senza mai chiedere nulla in cambio.
Era una buona persona, e le aveva regalato ciò cui lei teneva di più al mondo: due splendidi bambini.
Le piaceva come l’abbracciava teneramente, e lei l’amava con tutta sé stessa.
Ora era finito tutto e lei era rimasta sola, con il ricordo di un amore cui aveva dato tutta se stessa, e due bambini di nove anni che, non appena vedevano un bimbo con il loro papà, scoppiavano in un pianto disperato e vi occorrevano molti sforzi per farli calmare.
Quel giorno Sara era andata a fare la spesa portando con sé i due gemelli poiché non sapeva a chi affidarli, visto che sua madre era morta e anche suo padre quando lei aveva circa otto anni.
Dopo che Davide se n’era andato, Sara era tornata a vivere nel paese in cui era cresciuta, fra la gente semplice, niente affatto sofisticata; lì Sara si sentiva a suo agio, con quelle persone che le volevano bene veramente, poiché l’avevano vista crescere e sposarsi; non come le sue “amiche” che pensavano solo ai profumi o ai loro problemi, calpestando i sentimenti delle persone cui fingevano di voler bene.
Le persone che le volevano un “bene dell’anima”, avevano pianto con lei quando si era sposata, quando aveva perso sua madre, e quando suo marito l’aveva lasciata.
Mentre era immersa in questi pensieri, Sara si accorse che uno dei suoi figli si era staccato dal fratello ed era comparso.
Lo vide: in mezzo alla strada e una macchina lo stava per investire; non ci pensò su due volte, spinse Renato contro un’aiuola ai bordi del marciapiede e si precipitò a salvare il suo bambino, per proteggerlo. L’autista della macchina vide la giovane donna passargli davanti e prendere al volo il bambino in modo che non fosse investito.
L’uomo cercò di sterzare, per non colpire la giovane, ma non ce la fece, e d’improvviso si sentì un botto: tutti si girarono l’autista spaventato scese dalla macchina e si avvicinò alla donna che, svenuta, teneva stretto a sé il bene più grande che avesse ricevuto nella vita.
Il bambino si liberò dalla stretta della madre e cominciò a chiamarla, ma non rispondeva; all’improvviso gli occhi del bambino si riempirono di terrore e cominciò piangere.
Un poliziotto distante dal posto dell’incidente, fu avvertito alla radio di recarsi subito in centro città.
Vi si precipitò immediatamente e si trovò di fronte a una scena drammatica: l’autista teneva in braccio la giovane madre attorniato dai due bambini che piangevano disperati.
“ Al che cosa è successo?” chiese vedendo i due bambini sconvolti per l’accaduto.
“Agente, dobbiamo portarla subito in ospedale, o non ce la farà!” rispose l’uomo, sentendosi colpevole per quello che era accaduto.
“Presto, datemela.” Disse il poliziotto prendendo in braccio la giovane e andando verso l’auto volante della polizia seguito dai due bambini.
“Presto”, disse il giovane al suo collega, “all’ospedale.” Ordinò con la paura che non sarebbe arrivato a tempo per poterla salvare.
Sara stava sognando, era tra i monti che lei amava di più, dove le sarebbe piaciuto vivere, fu accecata da una luce così luminosa che per i due minuti seguenti non riuscì più a vedere nulla.
Ad un tratto si trovò davanti alla persona che aveva amato di più nella sua vita.
“Davide”… riuscì a mormorare, nonostante lo stupore che provava nel vederlo davanti a sé.
“Ma dove sono?” chiese ella al marito voltandosi per guardare il paesaggio e tornando a fissarlo.
“Siamo in un posto dove vi è solo pace e amore, e tutti gli uomini vivono in sintonia con gli animali e con la natura.”
“Non saremo”... replicò con ancora più stupore negli occhi.
“Sì, ma io sono nel posto giusto, mentre tu no, devi tornare per compiere la tua missione.” Concluse guardandola con dolcezza.
“E quale sarebbe ?” Chiese confusa per le parole del marito.
“Laggiù ci sono Emanuele e Renato che ti aspettano con impazienza, e c’è anche un’altra persona, di cui t’innamorerai…” Concluse sparendo insieme alla luce accecante.
Sara si sentì chiamare una seconda volta, ma al contrario della prima, erano due voci che, alquanto sembrava, erano molto preoccupate per lei; ad un tratto s’inserì anche una terza voce, la voce di una donna che era sicuramente apprensione per lei, poi di nuovo il silenzio.
Sara aprì piano gli occhi e vide la luce del neon che si stava accendendo, poi spaventata al ricordo di ciò che era accaduto durante l’incidente, cominciò a chiamare a gran voce il suo bambino.
“Non si muova.” Le disse la donna accanto a lei vestita di bianco, “non si muova. ” Ripeté guardando la giovane donna distesa su quel piccolo lettino.
“Dove sono i miei figli?” Chiese spaventata non vedendo i due bambini vicino a lei.
“Si calmi signora, sono fuori di stanza, vuole che li faccia entrare?”
“Sì.” Rispose sentendo un forte dolore alla tempia, entrò Renato seguito dal suo fratellino in lacrime, che si piombò verso il letto della madre.
“Mamma, mamma scusami, non volevo, sono scappato perché mi era sembrato di vedere papà che mi stesse chiamando.” Disse il bambino tra le lacrime.
Ehi, ehi. Disse prendendolo in braccio e asciugandogli le lacrime che gli rigavano le guance. “Che cosa hai piccolo?” Chiese Sara cercando di calmarlo.
“è stata colpa mia, ma papà…”
“Oh Emanuele” disse stringendolo a sé, “lo so che ti manca papà, ma comunque non è stata colpa tua, però per fortuna stai bene.”
“Ma adesso tu non mi vorrai più bene perché è stata colpa mia.”
“Non dire queste cose piccolo mio, non è assolutamente vero, io ti ho salvato perché non ti volevo perdere, tu sei molto importante per me, come è importante tuo fratello, mi siete rimasti solo voi due e nessun altro, se perdessi anche voi cosa mi resterebbe?”
“Niente.” Rispose il bimbo asciugandosi gli occhi, mentre Renato saliva anche lui sul letto.
“Come sta?” chiese d’improvviso una voce maschile all’infermiera che era lì vicino a lei; appena Renato vide l’uomo che aveva salvato la madre, gli corse incontro gridando di gioia.
Sara vide l’uomo prendere in braccio il bambino e trattarlo con una gentilezza tale, che in quel momento le parve di rivedere suo marito Davide giocare con i figli.
“Davide.” mormorò d’un tratto Sara, senza rendersi conto che le stavano scendendo le lacrime sul viso, che rigavano il volto straziato dal dolore che provava al ricordo del marito ormai perso da tempo.
“Mamma, cosa hai?” chiese d’un tratto Emanuele vedendo la madre piangere e coprirsi il volto con le mani perchè i suoi bambini l’avevano sempre vista sorridente mentre in realtà riservava i momenti più tristi di tutti i giorni sfogandosi solo nella sua stanza, quando Renato ed Emanuele non c’erano.
“Niente, non è niente Emanuele.” Disse asciugandosi le lacrime.
“Come sta?” le chiese d’improvviso il poliziotto seriamente preoccupato, mentre tentava di tenersi in equilibrio, poiché Renato continuava ad agitarsi fra le sue braccia.
“Va meglio di prima, ma…” disse lei coprendosi il volto con le mani. Il poliziotto vedendo la giovane provata dall’incidente e da un ricordo che la sfiniva, prese per mano i due bambini e la lasciarono sola, nonostante le proteste di Renato e di Emanuele
Una settimana dopo l’incidente, Sara era andata al cinema con i gemelli per vedere un cartone animato che i due bimbi desideravano vedere da molto.
Era un cartone animato divertente: era Tartan della Walt Disney. Sara aveva riso quando Tartan, il piccolo bambino della giungla, si era gettato dalla collinetta e aveva preso una panciata appena era caduto in acqua.
I suoi figli per la prima volta ridevano così di gusto nel vedere tutti quegli animali compiere delle strane azioni.
Usciti dal cinema, i bambini volevano bere qualcosa, poiché avevano mangiato i pop-corn e non avevano bevuto nulla.
Sara vide davanti a sé un piccolo bar, vi entrò prestando attenzione che Emanuele e Renato non si staccassero da lei mentre attraversavano la strada.
Appena entrata nel bar, fece sedere i due bambini ad un tavolo e andò al bancone a chiedere due succhi di frutta e un bicchiere d’acqua.
Mentre i due bambini stavano cominciando a bere i loro succhi di frutta, l’attenzione di Renato fu attirata da una persona che era appena entrata nel locale; realizzò chi era e si precipitò fra le braccia dell’uomo che si diresse verso la madre del bimbo.
“Salve”. La salutò il poliziotto sorridendole e facendo sedere il bimbo che scordandosi di quello che era accaduto prima, si era riseduto e aveva ricominciato a bere il suo succo di frutta alla pera.
“Come sta?”chiese il giovane alla donna che era intenta a pulire la felpa che Emanuele si era appena sporcato.
“Mi sento meglio, anche se soffro di mal di testa .”
“Sono contento che si sia ripresa, sa Renato fuori della sua stanza, l’altro giorno, mi continuava chiedere quando la sua mamma sarebbe uscita.”
“La ringrazio con tutto il cuore per avermi tenuto i bambini, mentre ero in ospedale.”
“Non c’è di che, l’ho fatto con piacere; ” replicò egli arrossendo un poco perché non avrebbe immaginato di potersi trovare in una situazione simile.
“Oh, ma che sbadata, non ci siamo ancora presentati, dopo tutto questo trambusto, piacere, io sono Sara Martinez .” Disse tendendo la mano allo sconosciuto.
“Piacere, Daniele.” Immediatamente dopo che si fu presentato, Sara si sentì mancare, ed ebbe un crollo di pressione, ma per fortuna, fu subito sostenuta dall’uomo, che pronto, la sorresse con le sue forti braccia.
Si risvegliò dopo mezz’ora, notò che erano quasi le cinque del pomeriggio e si trovò sola, nella piccola saletta, mentre sentiva i suoi figli in giardino che giocavano.
Si alzò, guardò fuori della finestra e oltre ad Emanuele e Renato che cercavano meglio che potevano di calciare un pallone, vide l’uomo che l’aveva salvata, e si sorprese di vederlo lì.
Uscì in veranda, ma non chiamò i bambini, e rimase lì a vedere quella persona, uno sconosciuto, giocare con i suoi figli a calcio, proprio come faceva una volta Davide.
Sentiva d’essere ancora molto legata a suo marito, e di amarlo come il primo giorno, nonostante lui se ne fosse andato ormai da più di un anno.
Rimase lì in piedi in veranda, finché uno dei gemelli non la notò e la chiamò a gran voce.
Appena Daniele la notò, dopo che ebbe preso in braccio Renato, si girò, e rimase colpito dalla sua bellezza, non riusciva a staccare gli occhi da lei. Sara era vestita semplicemente, con una gonna che faceva risaltare le sue forme, e una camicetta chiusa fino al collo, come se non volesse mostrare ciò che Dio le aveva donato.
Subito dopo aver fatto questi pensieri, Daniele si pentì e cercò di dissimulare il suo imbarazzo nei confronti di Sara.
“Mamma, vieni qua con noi!” urlò Emanuele entusiasta.
“No, non ho intenzione di sporcarmi come voi, mi dispiace!” ribatté lei ridendo.
“Su tornate in casa e andate in bagno.”
“Ma mamma”…
“Non m’interessa, a fare il bagno!”disse seria indicando la porta.
Anche se di controvoglia, i due bambini rientrarono in casa e andarono a cambiarsi.
Anche Sara e Daniele rientrarono in casa con i bambini e si sedettero a parlare per tutto il tempo che i due fecero il bagno.
“Che lavoro fai?”Le chiese incuriosito Daniele.
“Insegno alla scuola materna, lo so che non è un lavoro qualificante come fare il poliziotto, ma almeno mi permette di sfamare i miei bambini e di vestirli con qualcosa di decente.”
“Guarda che non ti ho accusato di crescere male i tuoi figli, ti ho solo chiesto che lavoro fai.”
“Scusami, è solo che non ne posso più di questa vita, se solo ci fosse Davide…”
“Mamma, urlò d’un tratto Renato, abbiamo finito!”
“Arrivo.” Rispose la giovane alzandosi dal divano e dirigendosi verso il bagno, dove i due bimbi l’attendevano.
“Bè, allora ci vediamo .”Disse Daniele aprendo la porta e salutandola con un sorriso.
“Arrivederci e grazie.” Mormorò restando impietrita per quel sorriso che lui le aveva rivolto.
“Ci vediamo.” Urlò quando lui era già salito sul furgone e lo stava mettendo in moto.
Mentre imboccava la strada del ritorno si rese conto di sentirsi come un giovane adolescente, non sapeva come comportarsi, non sapeva come agire, se invitarla fuori o no, però di una cosa era certo, non aveva mai provato una tale attrazione fisica per una donna, dopo sole due settimane che la conosceva.
Era stupido, ma sentiva che doveva parlare con qualcuno, che non fosse sua madre, un amico con il quale d’ora in poi si sarebbe confidato.
“Ti sei preso una bella cotta, come un adolescente.” L’interruppe Marco, il migliore amico di Daniele, ridendo di gioia.
“Non sono un adolescente Marco, ho quarant’anni!” Rispose infuriato.
“Non sei un adolescente, è vero, ma sei l’unico della nostra età a non essere sposato, oltre a Mauro che è rimasto vedovo, ma anche lui si sta rifacendo una vita con un’altra donna.”
“Smettila di prendermi in giro Marco, e in ogni modo anche tu non hai nessuno.”
“ La mia è una scelta, chi è questa giovane ragazza? È giovane, bella, ma soprattutto è libera, com’è?” disse Marco morendo di curiosità.
“Dovresti vederla, non è particolarmente bella, ha un fascino tutto suo, ha due figli, e…”
“No, aspetta un attimo, non sarà per caso la ragazza che hai salvato quel giorno, quando suo figlio stava per essere investito.”
“Sì, è lei.” Appena Daniele finì di pronunciare quel nome, vide un’espressione di grande stupore negli occhi di Marco. “Bella scelta amico!” Esclamò sorpreso.
“Piantala, non potrò mai innamorarmi di lei.”
“E perché scusa, è una bella donna, sembra fatta apposta per te .”Disse Marco cercando di ironizzare quella battuta.
“é sposata .” Ribatté d’impulso Daniele con un velo di tristezza negli occhi.
“Ah che peccato, com’è suo marito?” Chiese d’un tratto egli.
“Non lo so, presumo sia via per lavoro.”rispose Daniele prendendo le sue cose e dirigendosi verso l’uscita.
“Si, come no.” Pensò Marco che era già al corrente di ciò che era avvenuto due anni prima al marito di Sara, poiché lui era stato il suo migliore amico.
“Va bene, ti saluto!” Esclamò uscendo dall’ufficio.
“Mi raccomando, se hai intenzione di iniziare una relazione seria con lei, non fare come hai fatto con le tue precedenti donne.”
“Perché?”Chiese d’un tratto incuriosito.
“Ha già sofferto troppo, e non se lo meritava, quando sarete un po’ più in confidenza chiedile di suo marito, e mentre lei ti racconterà stalle il più vicino possibile.”
“Va bene, ciao, ma tu sai cosa è successo a suo marito?”
“Sì, ma non è compito mio rivelarti cosa sia successo quel pomeriggio, aspetta che te lo dica lei.” Rispose temendo di fare qualche sciocchezza nel rivelargli la verità.
Erano quasi le 22.30 e lei si stava sintonizzando su tutti i canali, uno dopo l’altro, senza trovare niente d’interessante da vedere. Aveva capito di essere attratta da quell’uomo, non era stupida, ma non voleva, non voleva innamorarsi di lui, non voleva perdere il ricordo dei bellissimi momenti che aveva trascorso con suo marito, quando si erano sposati, quando lei gli aveva annunciato di aspettare un bambino, quando… non riuscì più a pensare a nulla, non riuscì a sopportare quel dolore e quell’apprensione che provava e che la facevano stare male.
Scoppiò in un pianto dirotto e si addormentò sfinita dal dolore.
Quel giorno pioveva a dirotto, e lei come al solito era uscita di casa senza prendere l’ ombrello, stava entrando in un museo per aspettare che spiovesse per poter tornare a casa, quando d’improvviso si scontrò con un uomo sui trent’anni e a giudicare dal taglio dei suoi vestiti, Sara dedusse che era un uomo importante.
“Oh mi scusi.” Disse lei cercando di non guardarlo negli occhi poiché era troppo imbarazzata; ma era tra le braccia di quell’uomo che non accennava a lasciarla andare.
“Mi perdoni lei, sono stato io a venirle addosso.” Rispose prendendole il viso tra le mani; nell’istante in cui si guardarono lei sentì un’improvvisa vampata di calore, aveva sentito le ginocchia cedere.
“Si sente bene signorina?”Domandò l’uomo vedendola arrossire d’un tratto.
“Ho paura di no.” Rispose cercando di riprendere il controllo di sé stessa.
“è entrata per ripararsi dalla pioggia?” Le aveva domandato lui cordialmente.
“Si, come sempre ho dimenticato l’ombrello a casa, speravo di farcela a rincasare in tempo, ma la pioggia mi ha sorpresa.”
“Allora devo ringraziarla per averla portata qui affinché io la conoscessi.” Vedendo l’imbarazzo provato dalla giovane per l’affermazione lui cambiò discorso. “Dove abita?”
“A due soli isolati da qui, ma ho capito che dovrò aspettare che smetta di piovere. “Se vuole posso accompagnarla.” Si offrì molto gentilmente l’uomo.
L’ aveva accompagnata a casa, ma non aveva voluto fermarsi più del dovuto, nonostante lei gli avesse offerto ospitalità.
Solo due giorni dopo leggendo il giornale aperto per caso sulla pagina d’economia, aveva scoperto chi fosse quell’uomo così gentile e educato.
Non poteva crederci Davide Martinez, l’uomo che gentilmente si era offerto di accompagnarla a casa, era un impresario di banca, molto importante.
“Cosa, Davide Martinez, proprio lui, ma non sai quante donne gli fanno la corte?” Disse Maria stupita per ciò che era accaduto all’amica.
“E invece ti dico che è lui, mi ha accompagnato a casa, ma ha rifiutato il caffè che gli ho offerto.”
“Oh Signore, ascolta sabato sera mi accompagneresti a una festa? Ti prego, ti prego, ti prego!” L’ aveva supplicata, “ e poi sembra che a quella festa ci sia anche Martinez.” Concluse Maria sapendo di ricattarla poiché Sara voleva rivedere l’uomo.
Il sabato andarono alla festa; Maria aveva indossato un abito rosso fuoco dato che se lo poteva permettere, mentre lei più discretamente ne aveva indossato uno rosa pallido, lungo fino ai piedi e aveva raccolto i suoi bellissimi capelli castani in uno chignon che lentamente si stava sciogliendo.
D’improvviso lo vide: rideva con gli amici, Maria notò Paolo, il ragazzo di cui si era invaghita, parlare con familiarità al giovane Martinez.
Mentre Sara stava respingendo un ragazzo, che aveva bevuto un bicchiere di troppo, si sentì appoggiare una mano sulla spalla, si voltò e vide che di fronte a lei, c’ era Davide.
“Buona sera .” Disse lui in tono cordiale, visibilmente affascinato da Sara e dai suoi occhi color cristallo.
“Che piacere rivederla signor Martinez.” Affermò guadandolo dalla testa ai piedi.
”Vedo che conosce il mio nome, ma la prego, mi chiami pure Davide” Rispose sorridendole.
“Va bene, Davide, oh che sbadata, io sono Sara, Sara De Marta, piacere.”
“Il piacere è mio signorina, state meglio dell’altra volta?” Domandò lui intuendo che la causa del suo malore era lui stesso.
“Si, va molto meglio, anche se il drink che ho bevuto mi ha dato un po’ alla testa, o è lei?”
“Sbaglio o lei sta cercando di provocarmi?”
“Normalmente non mi capita di fare delle avance ad un uomo, ma dato che ho bevuto un bicchiere in più, penso proprio di sì.” Rispose guardandolo con malizia
“Lei mi piace Sara, ha la risposta sempre pronta, e non le importa chi io sia, un famoso banchiere.”
“Per me potrebbe essere anche il principe Giovanni, circondato da servetti e leccapiedi, ma resta che lei è un uomo, proprio come me e non ha nulla di diverso dagli altri; oh sto farneticando, mi perdoni.”
“Mi perdoni lei Sara, ora l’ ho provocata io.”
Per tutta la sera avevano continuato a parlare e avevano scoperto d’avere molto in comune.
In poco tempo Sara e Davide instaurarono un bel rapporto di amicizia, e con il passare dei giorni e dei mesi si era trasformato in un sincero affetto reciproco; entrambi cominciarono a provare un sentimento forte, che andava al di là della semplice amicizia, e per Davide cominciarono le lunghe notti insonni.
Oh Maria, non so cosa fare, non voglio rovinare la nostra amicizia, eppure non posso ignorare questo sentimento che mi rode l’anima e mi consuma fino a stare male.”
“Parla con lui, sicuramente anche lui è nella tua stessa situazione.” Aveva continuato l’amica convinta che la loro storia sarebbe nata senza problemi.
“Marco, cosa faccio, mi piace tantissimo, l’amo, ma non la voglio perdere, non voglio, la amo troppo.”
“Ancora quel sogno, non è possibile Davide, amala, amala con tutto te stesso.”
“Non voglio che soffra.”
“Fa quello che vuoi Davide ma se la ami veramente devi accettare il tuo destino, e poi chissà, magari non succederà, siamo noi gli artefici del nostro destino, ma se la ami veramente devi accettare il fatto che potrai non rivederla mai più.”
Con queste parole in mente, Davide era andato da Sara e gli aveva chiesto di sposarla, e lei fu pronta a donarle tutta la sua anima.
Da pochi mesi Sara era diventata la signora Martinez, e tutto era cambiato, Maria era cambiata, ora era falsa, e Sara ne soffriva molto.
Un anno dopo il loro matrimonio Sara aveva dato alla luce due splendidi bambini, e Davide non riusciva a capacitarsi che le creature che teneva fra le braccia fossero il frutto del loro amore.
Gli anni che Davide trascorse insieme con Sara furono gli anni più belli della sua vita, ma poi, fu il buio.
Il mattino dopo Sara fu svegliata da Renato, aprì gli occhi e lo vide che saltava avanti e indietro per la stanza.
“Renato smettila.” Mormorò.
“Mamma sveglia, è ora di prepararsi!” Comandò con tono autoritario.
Sara guardò l’orologio e vide che erano appena le sei del mattino.” No Renato, non è ancora ora, torna a dormire.”
“No, sveglia!” Ribatté lui arrabbiato togliendo le coperte di dosso alla madre.
“Va bene, ora mi alzo, ma cosa hai stamattina? Di solito dormi fino all’ultimo minuto.”
Dopo un’ora Emanuele e Renato erano pronti per andare a scuola; ora stavano giocando in giardino, mentre Sara si vestiva, e rifletteva su ciò che era accaduto il giorno prima.
Era ormai mezzogiorno, e lei aveva quasi finito il suo turno di lavoro, si stava preparando per tornare a casa, quando venne raggiunta da una sua collega, che la sorprese domandandole: “Sei innamorata?”
Sara stava bevendo un bicchiere d’acqua e quando sentì quella domanda posta in maniera tanto diretta, che le fece andare l’acqua di traverso, facendola tossire più volte, chiese: “ Scusa?”
“Tutti qui sono innamorati, tranne te, perché?”
“Certo che sono innamorata di mio marito.”
“Ma tuo marito non ti ha lasciata?” Chiese confusa non riuscendo a capire se suo marito era morto, o l’aveva semplicemente lasciata.
“Sì, però lo amo lo stesso, è sempre presente nella mia vita, non c’è momento in cui non pensi a lui, ma so che non posso riaverlo, perciò cerco di non farlo vedere ai miei figli; va bè, è meglio che vada, stammi bene!”
Era una mattina come tante altre e in città non si erano verificate situazioni d’emergenza; aveva incontrato Sara dal panettiere e si erano scambiati qualche parola, poiché lei era di fretta.
Erano ormai tre mesi che si frequentavano e lui cominciava a interessarsi seriamente a lei e ai suoi figli, rimasti orfani del padre.
La vedeva tutte le mattine andare a comprare quel poco che si poteva permettere, la vedeva tornare a casa dal lavoro stanca e demoralizzata.
Voleva stringerla fra le braccia, e baciarla, un solo bacio, era la cosa cui bramava di più, saggiare il sapore delle sue labbra; voleva e desiderava solo quello, ma i gemelli erano sempre tra i piedi.
“Ehi, torna tra noi.” Disse Marco, interrompendo così i suoi pensieri.
“Stavo pensando a Sara, e dove andrà a finire questa storia.”
“Invitala fuori a cena, ma non farle portare i bambini.”
“E a chi li lascia?”
“Lasciali da tua madre, lei si è offerta mille volte di curarli, ma tu ti sei sempre rifiutato.”
Era mezz’ ora che camminava avanti e indietro davanti al telefono, indeciso se chiamarla o no.
D’un tratto entrò sua madre e lo sorprese dicendogli : “Chiamala e invitala a uscire con te questa sera, i bambini li posso tenere io.”
“Ma mamma.”
“Non me ne frega niente di quello che pensi, chiamala subito!” Ordinò l’anziana signora al figlio.
“Va bene, va bene.” Disse seccato dall’insistenza della madre.
Si erano dati appuntamento per la sera stessa, sarebbero andati a cena, e poi a vedere un film.
Daniele sarebbe andato a lavorare solo per due ore, mentre Sara rassettava un po’ la casa.
Dopo due minuti, Daniele entrò nella sala sfregandosi le mani.
“Allora?” Gli chiese sua madre in tono basso che sembrava volesse rimproverarlo.
“Devi andare da lei oggi pomeriggio verso le 18:00 mentre io arriverò verso le 19:00, almeno la potrai aiutare con i bambini.”
“Bravo figliolo.”Concluse con fierezza.
Erano quasi le sette e lei era in piedi davanti all’armadio aperto, cercando di scegliere cosa mettersi per quell’occasione speciale.
Era da tanto tempo che non usciva più con nessuno e non sapeva come comportarsi.
Poi lo vide: un vestito nero, avvolto in un cellofan; ricordava l’ultima volta che l’aveva messo: la sera prima della morte di Davide.
Si ricordava quando glielo aveva regalato, era il giorno del loro primo anniversario di nozze, lei era incinta dei gemelli e quel vestito le stava piccolo: “Con quel vestito ti vorrò vedere quando ti sarà scomparsa la pancia .” Le aveva detto Davide.
Ci pensò su un attimo e preferì un altro vestito di un rosa chiaro.
Non se la sentiva ancora di toccare quell’abito che le procurava tanti ricordi.
Per le sette meno cinque era pronta e lo stava aspettando in veranda, mentre Renato ed Emanuele stavano giocando e la madre di Daniele stava preparando la cena per le due “piccole pesti.”
Ad un tratto sentì una macchina avvicinarsi e lo vide scendere.
Renato gli corse incontro esprimendo la sua gioia e saltandogli in braccio proprio come faceva con suo padre: Davide, Davide, era costantemente nei suoi pensieri, quando faceva da mangiare, quando metteva a letto i suoi figli, e quando andava a dormire.
Le mancava il suo abbraccio così forte da farla sentire al sicuro, invece ora quel forte abbraccio era sostituito da una sensazione di freddo, ogni volta che si addormentava da sola.
“Buona sera.” Disse Daniele interrompendo i suoi pensieri.
“Ciao.” Rispose ella cercando di nascondere le lacrime che in quel momento le rigavano il volto.
“Ti senti bene?” chiese egli preoccupato.
“Sì, scusami, ma anche le mamme hanno i loro momenti tristi.”
“Ben detto!” L’interruppe una voce che tutti e due conoscevano bene.” Ora andate, o farete tardi al ristorante, Emanuele, Renato, venite a mangiare, è pronto!” Urlò la madre di Daniele.
“Fate i bravi bambini e obbedite a Rosa, mi raccomando.”
“Va bene mamma.”Disse Renato salutandola con la mano e rientrando in casa per la cena.
Stavano cenando in un piccolo ristorante dove Daniele era andato un paio di volte con sua madre.
Ridente nel parlare delle figuracce fatte da giovani, Sara non fu tormentata dall’assillante ricordo di suo marito, e si divertì molto nell’ascoltare ciò che Daniele aveva da dirle.
Da parte sua Daniele poté ammirarla nella sua gaiezza, non l’aveva mai vista divertirsi così, nei tre mesi che l’aveva frequentata, e pensò che la sua felicità era stata fortemente condizionata dalla scomparsa di suo marito.
“A cosa pensi?” Chiese Sara vedendolo diventare serio e arrossire.
“Stavo pensando che ormai è più di tre mesi che ci frequentiamo e non mi hai mai parlato di tuo marito.” Disse egli allungando la mano e prendendo quella di lei.
Quando udì quelle parole a Sara tornarono in mente i ricordi di quel bruttissimo giorno in cui Davide era morto, scomparendo per sempre dalla sua vita.
Sara ritrasse la mano da quella di lui e toccando le vere nuziali disse: “Possiamo evitare di parlarne, ora non me la sento, ma soprattutto perché non riesco ancora a capacitarmi della sua scomparsa.”
“Scusami, avrei dovuto essere più discreto, scusami, non volevo.”
“No, non fa niente, lo so che hai il diritto di sapere la verità, ma ora è troppo presto, non me la sento.”
Dopo quest’affermazione egli riuscì a spostare la conversazione su un altro argomento, e nonostante l’ombra di Davide che incombeva su di loro, Daniele riuscì a farla sorridere ancora una volta.
Rientrarono verso mezzanotte e trovarono Rosa assorta in un libro; appena si accorse, si alzò prestando attenzione a non svegliare i bambini che si erano assopiti accanto a lei.
“Allora, come è andata?” Chiese incuriosita.
“Bene.” Rispose il figlio guardando Sara negli occhi, che gli sorrise sfinita.
“Beh, allora io vado.” Disse Rosa prendendo le chiavi della macchina, mentre Sara stava mettendo a letto i suoi figli.
“Guai a te se domattina ti trovo a casa.”
“Ma mamma.” Rispose lui senza poter aggiungere altro dato che sua madre lo interruppe nuovamente dicendogli: “ è una donna cui è stata tolta la voglia di amare una persona reale e che nonostante tutto continua ad amare un angelo, che ormai è in Paradiso.
Falle tornare quella voglia d’amare altre persone, e di lasciarsi alle spalle quell’angelo che incombe ogni volta che lei esce con un uomo.”
Detto questo, l’arzilla signora uscì da casa, mise in moto la macchina senza voler ascoltare il figlio ribattere quello che gli aveva detto.
Daniele stava riflettendo su ciò che gli aveva detto sua madre e non si accorse che Sara era tornata nella stanza, e lo stava osservando.
Appena Sara appoggiò la testa sulla spalla di Daniele, egli sentì una nuova sensazione mai provata, neanche quando era stato con Maria e Alice, le uniche due ragazze con cui aveva coltivato una relazione.
Sentiva un groppo in gola e il battito del cuore che aumentava e un insolito tremore.
Sara comprendeva l’agitazione di Daniele e ne fu lieta, si lasciò andare completamente così che Daniele avesse modo di abbracciarla cercando di calmare un po’ il suo animo agitato.
“Sara.” Disse lui, “non so cosa è successo a tuo marito e se tu non vorrai dirmelo, io non ti chiederò nulla, ma ti prometto che qualunque cosa possa accadere, io saprò sostituire al meglio ciò che tu e i bambini avete perso.”
Sara lasciò che quelle parole entrassero nella sua mente e dopo aver compreso gli rispose semplicemente: “ Daniele, io apprezzo la tua buona volontà, ma Emanuele e Renato un padre l’hanno ed è Davide, per quanto riguarda me, devo dirti che non potrai mai sostituire mio marito, in fondo lui è stato il mio primo amore; ti confesso che a volte mi manca da morire ma ti devo dire di non farti illusioni, da quando Davide mi è stato portato via, non riesco più ad amare, non posso pensare di poter amare un altro uomo. Non sai quante volte mi sono detta di andare avanti, che se anche lui non c’ è la vita continua, ma non ci riesco, alla fine il mio cuore torna sempre da lui. Scusami, ma preferisco chiarire la cosa prima che sia troppo tardi.”
“Quindi per farla breve, mi stai dicendo che non vuoi innamorarti.”
“Non è che non voglio, non posso, l’unica persona con cui avrei voluto vivere mi è stata portata via per sempre, la sua morte è stata il limite della sofferenza e del dolore.
L’unica cosa che mi serve adesso non è una persona da amare, come ti ha detto poco fa tua madre, ma mi serve un amico, solo quello.”
Dopo aver detto ciò, Sara lo guardò negli occhi e Daniele si accorse che aver pronunciato quella frase per lei era di gran dolore e per interrompere quel momento così imbarazzante Daniele prese coraggio e con stupore di Sara l’ abbracciò forte, poiché anche se lo desiderava, non osava baciarla dopo quello che gli aveva detto.
Il giorno dopo Daniele passò tutto il tempo a casa di Sara, tra la gioia di Renato e lo stupore d’Emanuele.
Daniele e Sara avevano riso a crepapelle quando Renato ed Emanuele avevano impersonato il piccolo Tartan e la sua amica Terk, e si erano spaventati molto quando Emanuele continuando a dondolarsi sulla sedia era caduto all’indietro avendo sbattuto la testa perse conoscenza.
Sara aveva provato una morsa al cuore, quasi da soffocarla, ma non riusciva a muoversi, era paralizzata dallo spavento, aveva visto Daniele alzarsi dalla sedia e prendere il bimbo fra le mani cercando di farlo rinvenire.
Lo aveva portato nella sua stanza, e dopo due minuti era rinvenuto senza ricordare nulla di quello che era accaduto e trovandosi da solo con Daniele, mentre Sara era fuori della sua stanza che teneva in braccio Renato che piangeva come un disperato invocando il nome del padre, poiché solo lui era capace di calmarlo in queste circostanze.
“Calma Renato, stai buono…” continuava ad incitarlo lei non riuscendo a calmarlo.
“Oh Davide, perché non sei qui adesso amore mio, ho bisogno di te.”
Quella frase pronunciata con tanta enfasi da Sara fu udita da Daniele che si rese conto che ella amava veramente tanto il marito, tanto da invocarlo nel momento del bisogno.
Daniele richiuse la porta e Sara gli andò incontro in fretta e furia, ma fu bloccata da Daniele sulla porta.
“Lasciami, lasciami, voglio vederlo, voglio vedere come sta mio figlio!” Urlava con la paura che fosse morto, proprio come il padre.
“Calma Sara, lascialo stare ora riposa, non disturbarlo, grazie a Dio non si è fatto nulla.”
“Allora non è morto?” Chiese tesa come una corda di violino.
“No, stai tranquilla, non è morto. Rispose lui allentando un po’ la presa e rimanendo turbato per come aveva chiamato il figlio.
“Non è morto .” Ripeté incredula per la felice notizia e mentre lo abbracciava l’immagine di suo marito si fece viva nella mente, e lei lo ringraziò per aver salvato il loro bambino.
Il mattino dopo Sara si svegliò piuttosto presto, e anche se di malavoglia dovette alzarsi per preparare la colazione ai bambini e lo zaino per andare a scuola. Emanuele fu il primo ad alzarsi, seguito dal fratello.
I due fecero una abbondante colazione, soprattutto Emanuele che non aveva mangiato nulla il giorno prima.
Dopo mezz’ora erano tutti e tre in macchina, diretti verso la scuola.
Mentre Sara si stava cambiando per iniziare a lavorare, entrò nella saletta Tina, la più odiosa delle colleghe che a Sara poteva capitare.
“Ho sentito dire che hai una relazione con Daniele, è vero?” Chiese incuriosita e desiderosa di poter spettegolare con le sue colleghe che in fatto di insensibilità non erano inferiori a lei.
“Anche se non sono affari che ti riguardano siamo amici, e qualche volta usciamo insieme a cena.”
“E cosa ne pensa tuo marito, è geloso?” Domandò con poco tatto.
“Come fai a sapere che sono sposata?”
“Beh non ci si mette molto a capire che il doppio anello che porti al dito è una vera d’oro. Scommetto che tuo marito ti ha lasciato a per un'altra donna più bella di te, ma tu non hai mai rinunciato a lui.”
“Adesso smettila Tina .” L’interruppe Francesca indispettita dal suo atteggiamento sciocco.
“Scommetto che ti ha chiesto il divorzio, ma tu non glielo hai voluto concedere, ma lui alla fine ti ha lasciato in ogni caso.”
“Sai chi è suo marito?” Intervenne Francesca stufa di sentire sparlare della sua migliore amica.
“E chi sarebbe, sentiamo.”
“Davide Martinez, o almeno si chiamava così, intervenne Sara, Tina, mio marito morì due anni fa in un incidente.”
Quella frase appena mormorata le aveva fatto mancare il fiato, perché nonostante Davide fosse morto da due anni, lei soffriva ancora di incubi la notte, sognava molto spesso quel maledetto giorno in cui il suo unico dolce amore le era stato portato via ingiustamente; e quando si svegliava di colpo nella notte, sentiva Emanuele piangere chiamando il padre, e lei non poteva fare altro che consolarlo di una perdita che aveva significato molto per lui.
La sera seguente Sara invitò Daniele a cena e mentre stava preparando il pesce che lui aveva portato per fare una bella grigliata, lo vedeva giocare a calcio nel piccolo giardino sul retro.
Davide li amava intensamente e li trattava come se fossero stati la cosa più bella ricevuta dalla vita, ed era così.
Poi in un attimo in cui una persona non aveva più ragionato, accecato dal terrore e dalla rabbia aveva ucciso.
All’improvviso qualcuno le toccò la spalla e lei sussultò per lo spavento.
“Calmati, sono io, le disse Daniele prendendola per le spalle e bloccandola sulla porta, a cosa stai pensando?”
“Lo sai che tutti sanno che ci frequentiamo?”
“Davvero, temi per la tua reputazione?”
“Lo sanno le mie colleghe, tua madre, e persino la cassiera del supermercato.”
“Io l’ho detto a mia madre, ma come al solito ci avrà pensato lei a spettegolare tutto.”
“Uffa e io che volevo fosse una storia segreta .” Lo derise lei.
“Smettila di prendermi in giro streghetta!” Concluse lui afferrandola per mano per condurla in sala.
“Sara, io non posso immaginare quanto tu amassi Davide, e non posso neanche immaginare quanto lui amasse voi, ma posso capire il dolore che hai provato quando lo hai perso.
Non so com’e quando è successo, e non m’interessa neanche saperlo, quando tu sarai pronta, se vorrai dirmi ciò che è successo quel giorno, io sarò pronto ad ascoltare, ma soprattutto, anche se tu non vuoi, vorrai cominciare ad amarti sul serio, perché nonostante tu non mi abbia dato speranza, comprendo che magari un giorno tu riuscirai a liberarti della sua ombra.
Sono consapevole che forse ci metterai molto tempo a volermi bene, perché anche adesso guadandoti negli occhi, vedo quell’amore profondo che continui a nutrire nei confronti di tuo marito, anche se adesso non c’è più.”
“Daniele, l’interruppe Sara non riuscendo più a sentire quella conversazione troppo seria, io, non voglio, non è giusto, lo sai che non sono in grado di corrisponderti, non t’innamorare di me, te lo chiedo per Emanuele e Renato. Amo ancora troppo mio marito nonostante sia morto.
Ma è troppo tardi vero? O c’è ancora la possibilità che tu smetta di amarmi, lo so che sono un’egoista ma ti prego ascoltami.”
Detto ciò si zittirono e nessuno parlò più finchè Daniele si alzò e uscì.
“Mamma dovresti vederla, è bellissima.”
“Davide lo sai che non devi fidarti delle belle donne, quelle mirano ad una cosa sola.”
“Ma lei è diversa mamma, non le importa nulla dei soldi, tutte le volte che le faccio un regalo me lo fa portare indietro.”
“Non hai pensato che potrebbe essere una strategia?”
“Prima di giudicarla conoscila, lei è diversa, te lo giuro.”
“Buon giorno.” Salutò cortesemente Sara imbarazzata.
“Piacere di conoscerti.” Rispose la signora che aveva di fronte.
“Papà, mamma, lei è Sara.” Affermò Davide facendo accomodare la ragazza e sedendosi vicino a lei.
“Hai sempre vissuto qui Sara?” Domandò la madre di Davide alla donna.”
“No, sono originaria di Trento, dove ho vissuto lì fino a qualche mese fa.”
“Davide devo parlarti della banca, le cose hanno preso una brutta piega..”
“Mio marito e Davide parlano sempre di affari, vieni Sara, facciamo una passeggiata, è ora che io e te cominciamo a conoscerci.” Detto questo Lisa condusse la ragazza verso delle poltroncine che si trovavano a poca distanza da Davide e Pietro.
“Posso farti una domanda?”
“ Sì certamente.”
“Molto spesso Davide ci parla di te, scusami se ti pongo questa domanda, ma tu cosa provi nei confronti di mio figlio?”
“Io ne sono innamorata.”
“Scusa se te l’ ho chiesto, non volevo offenderti, ma con tutte le donne che gravitano intorno a Davide, è difficile incontrare una donna che non sa interessata ai suoi soldi, e non darmi del lei, chiamami Lisa, o mi farai sentire vecchia.”
“Lisa, io le assicuro che i soldi di suo figlio non mi interessano affatto anzi, a volte preferirei che non li possedesse, perché se sei in grado di comprare tutto alla fine non c’è più nulla che ti soddisfi e l’unica cosa che non si può comprare sono i sentimenti.”
“Ben detto Sara, lei mi piace, e per questo se lei deciderà di sposare mio figlio avrà la mia benedizione.”
Il giorno dopo Daniele trascorse tutto il tempo al lavoro, immerso in pensieri costantemente rivolti a Davide, si chiese che cosa avesse mai fatto Davide di speciale quell’uomo, come mai Sara a due anni dalla sua morte lo rimpiangeva ancora, ma soprattutto, com’era morto?
La curiosità lo invadeva da capo a piedi, voleva sapere il motivo. Sapeva che Davide era morto a Trieste, dove abitava prima con la moglie, sapeva che in qualche modo Emanuele centrava con la morte del padre, ma non sapeva altro. Voleva conoscere la realtà dei fatti, così chiamò il dipartimento di polizia della città e gli chiese di mandargli dei fax con i verbali compilati due anni prima, riguardanti la morte di Davide.
Così dopo mezz’ora Daniele era a conoscenza del fatto, finalmente dopo tanto tempo; ma dopo averli letti ne rimase talmente sconvolto che pochi minuti dopo si sentì male. Rientrò dopo cinque minuti e lì vide Marco.
“Dove li hai presi?” Chiese all’amico imponendosi di stare calmo.
“Cosa?” Rispose lui confuso, ma consapevole che i fogli che teneva in mano erano i verbali dell’incidente.
“Daniele, dove hai preso questa roba?” Continuò Marco sentendo crescere dentro di sé un’ira profonda.
“Stai calmo, volevo solo informarmi su suo marito.” Disse sulla difensiva.
“Chi ti ha concesso il permesso di conoscere la sua vita passata, te l’ ha forse chiesto lei ?”
“No, veramente no.”
“Allora non hai il diritto di sapere di Davide, non lo hai!” Rispose Marco ora veramente incollerito.
“Adesso cerca di calmarti per favore, non ho alcuna intenzione di litigare con te per causa sua, e poi ho intenzione, anche se lei non lo vuole di sostituirmi a Davide.”
“Cosa vuoi fare, tu un don Giovanni, che si è innamorato, non è possibile; e comunque ricordati che non ti permetterò di sedurla e poi abbandonarla come hai fatto con Alice e Marta. Non ti permetterò di farle del male, l’ho promesso a Davide.”
“Tu lo conosci, ma perché non me lo hai detto?”
“Davide era il mio migliore amico e non permetterò a nessuno di farle del male.” Detto questo Marco uscì dall’ufficio senza aspettare che Daniele replicasse.
“Ma sei matto, sei sicuro di quello che fai?”
“Sì, voglio farlo.”
“Ma scusa, e gli incubi? Non sottovalutarli, potrebbero corrispondere al vero.”
“Paolo sono pronto a rischiare, voglio renderla felice se lo merita, ha perso suo padre quando era piccola, e io voglio renderla felice.”
“Ma se quei sogni si avvereranno lei purtroppo rivivrà quei brutti momenti.” Erano in due che cercavano di dissuadere Davide a non sposare Sara, ma più loro trovavano delle ragioni convincenti, più lui era intenzionato a non ascoltarli.
“Lo so Marco, ci ho pensato e ripensato, per arrivar sempre alla stessa conclusione: voglio sposarla.”
“Ma non pensi che lei punti solo ai tuoi soldi?”
“No, se fosse per lei li butterebbe tutti fuori della finestra in quest’istante stesso e voglio crederle.”
“Ma…” tentò di replicare Marco, ma Davide non lo fece parlare.
“Niente ma, voglio provare a fidarmi di lei.”
“Ma come puoi fidarti di una donna nella situazione n cui ti trovi?”
“Paolo, ne sono innamorato.”
Fu Sara chiamarlo il giorno dopo per chiedergli se potevano uscire insieme, anche se avrebbe portato i gemelli, poiché non aveva trovato nessuno che potesse tenerli.
Lui avrebbe voluto avere ancora un po’ di tempo per riflettere ma alla fine acconsentì; li avrebbe portati a cena in un ristorante elegante.
Francesca vide Sara in piedi davanti all’armadio aperto, mentre sceglieva il vestito.
“Non so cosa mettermi.”
“Metti quel vestito nero avvolto nel cellofan.”
“Non posso, quel vestito…”
“Che cosa ha a me sembra perfetto.”
“è piccolo.”
“Siamo pronti?” Chiese guardando prima i gemelli e poi Daniele.
“Noi si, e la mamma?” Rispose stringendo Emanuele tra le braccia.
“Allora andiamo.” Disse raccogliendo la borsa e uscendo di casa.
Salirono in macchina tutti e quattro e si diressero verso un ristorante chiamato “La Locanda”appena entrati il padrone del locale, un omino basso e largo salutò Daniele guardandolo con occhio strano.
“Chi è, una nuova?” Domandò l’uomo incuriosito.
“Vince!” Esclamò Daniele imbarazzato.
“Allora hai intenzioni serie con lei, pensi che sia quella giusta?”
“Non lo so, io vorrei, ma dipende tutto da lei.” Rispose finendo il suo drink.
“è bello qui, mi sembra un posto molto accogliente.”
“Ti piace?” Disse lui porgendole la bottiglia d’acqua.
“Sì molto.”
“Mamma, quando torna papà?” Chiese Renato con una voglia incredibile di rivedere il padre; erano a metà della cena quando il bimbo fece la domanda tra lo stupore di Daniele e l’incredulità di Sara.
Gli rispose che il suo papà non sarebbe più tornato, ma che lui avrebbe potuto vederlo ogni volta che avrebbe voluto guardando nel profondo del suo cuore.
Renato si zittì un attimo. “Papà è morto vero?” Domandò rattristandosi.
“Sì” Confermò consapevole del fatto che ormai i suoi figli erano grandi per sapere la verità.
Renato era sempre stato molto attaccato al proprio padre, lo amava molto anche se a volte lo faceva arrabbiare.
Sara sapeva cosa significa aspettare giorno dopo giorno un padre che non arriverà mai.
Anche suo padre era stato investito mentre stava andando a fare la spesa per fare un favore alla madre, e non era più tornato.
“ Che cosa hai?” Le chiese Daniele.
“Nulla, stavo pensando a mio padre.”
Poco dopo arrivò la cena, e tutti e quattro mangiarono in silenzio, Renato ancora turbato profondamente dalla conferma della morte del padre, Emanuele era incerto se dire al fratello come il padre era morto, mentre su Sara e Daniele incombeva l’ombra di Davide.
La sera Daniele li riportò a casa, ma non si fermò poiché il giorno dopo doveva partire per andare a Udine.
“Smettila e pensa guidare se no va a finire che andiamo a sbattere contro un palo.” L’ aveva esortato Sara rimettendo le mani del marito sul volante.
“Lo sai che non so resisterti, sei bellissima amore.” Affermò guardando la moglie negli occhi, ma d’ un tratto egli sembrò essersi bloccato; per Sara quel comportamento era strano,in fondo avevano trascorso una bella giornata, erano andati a fare un pic- nic sulle sponde di un lago e si erano divertiti molto.
“Davide, cosa hai?” Chiese interrompendo i suoi pensieri; erano fermi di fronte ad un semaforo quando lui cambiò direzione andando verso la banca di sua proprietà.
“Ma dove stiamo andando?” Domandò Sara confusa.
“Mi hanno chiamato prima mentre dormivi, e mi hanno chiesto di passare perché hanno avuto un problema.” Mentì lui già sapendo cosa gli sarebbe accaduto.
Fermò la macchina di fronte alla banca, e mentre scendeva, guardò i suoi figli addormentati sul sedile posteriore, poi tornò a guardare sua moglie.
La baciò più a lungo del solito. “Ti amo, e ti amerò, ricordalo per sempre.”
Detto ciò Davide era sceso dalla macchina.
Quella fu l’ultima immagine che Sara vide prima di svegliarsi di colpo per non voler rivivere il dopo.
Sentì Emanuele che piangeva nella sua stanza, fece appena in tempo ad aprire la porta della stanza dei suoi bambini che si ritrovò fra le braccia il bambino per consolarlo.
“Mamma, ho sognato papà. Disse il bambino singhiozzando. Stavo giocando a calcio con lui, non so cosa è successo, ma d’improvviso l’ho visto cadere a terra e poi tu che lo tenevi fra le braccia. Voglio il mio papà!” Esclamò il bambino prima di ricominciare a piangere per poi addormentarsi cullato dalla madre.
Non era possibile, nonostante lei avesse fatto di tutto per scacciare quei pensieri dalle loro vite erano tornati ad infestare i sogni del suo bambino.
Nelle tre settimane seguenti Daniele non si fece sentire per niente, ma pochi giorni dopo il suo rientro la chiamò chiedendole di vederla, ma se era possibile di non portare i bambini.
Così la sera stessa Sara si presentò a casa di Daniele, lui la fece entrare notando con piacere che i suoi figli non c’ erano.
Cenarono a lume di candela guardandosi negli occhi e parlarono di mille cose, Sara scoprì che in quelle tre settimane che Daniele era stato via, aveva conosciuto una donna che gli aveva fatto una corte spietata.
“E perché non ti sei fatto avanti con lei, se era davvero carina come dici, perché l’ hai rifiutata?” Chiese Sara stupita dal suo comportamento.
Finito di cenare Sara aspettò Daniele in salotto, lui stava preparando la sua “famosa cioccolata.”
Nel bere quell’intruglio fatto di rum e cioccolata, Sara si sporcò le labbra, appena lui lo notò, si avvicinò con ancora più intenzione di baciarla, lei stava prendendo un tovagliolo per pulirsi, ma lui le prese la mano e la baciò.
Il risultato ottenuto fu solo quello di essere rifiutato per l’ennesima volta, ma lui sentì crescere in sé una forte passione.
L’uomo le accarezzò i capelli, e mentre la sua mano scendeva dai lineamenti del viso al collo, Sara era combattuta fra il desiderio di lasciarsi andare, e la paura del tradimento che alla fine prevalse sul desiderio, ma Daniele non sembrava intenzionato a fermarsi.
“No ti prego Daniele, no.”
Fu salvata dallo squillo del telefono, e anche se controvoglia egli andò a rispondere su insistenza di Sara che voleva prendere un po’ di tempo.
Facendo per alzarsi, Sara andò a sbattere contro un mobiletto da dove caddero dei fogli, li raccolse, ma appena vide di cosa si trattava sbiancò di colpo. Dipartimento di polizia di Trieste.
Incredula lesse il contenuto del fascicolo, non poteva crederci, Davide, era tutto il materiale che riguardava la sua morte, c’ erano articoli di giornale, testimonianze, e il verbale. Vide che solo quello era stato toccato.
Improvvisamente capì tutto: l’aveva trattata in quel modo perché sapeva dell’incidente. Che stupida era stata, le aveva offerto una cena squisita, il miglior vino che aveva in casa, solo perché pensava di conoscere ciò che era accaduto a suo marito.
Il senso di colpa crebbe forte nei confronti di Davide, era stata una stupida, lo aveva tradito.
Continuava a ripeterselo anche dopo essere salita in macchina; aveva preso i suoi fascicoli, passò da casa di Francesca a prendere i bambini e tornò alla villetta.
Nelle tre settimane seguenti, Sara cercò di evitarlo: non rispondeva ai suoi messaggi, alle lettere, non voleva leggerle, era arrabbiata con lui, lo odiava per quello che le aveva fatto; la confusione cominciava a farsi viva nella sua mente, e non sapeva come comportarsi.
“Davide, ma dove mi porti?” Domandò lei portando le mani avanti, non rendendosi conto dello spazio che la circondava poiché era bendata.
“Seguimi attenta che ci sono dei gradini.”
“Quanti sono?”
“Una decina, contiamoli: uno due, tre… fermati qui che ti sciolgo la benda.”
Appena lui gliela tolse Sara fu accecata dalla luce, solo dopo pochi minuti dopo che la vista si stabilizzò il suo sguardo fu rapito dalla bellezza del paesaggio, che riconobbe immediatamente come familiare.
“Davide, ma come hai fatto?” Chiese sbalordita.
“A fare cosa?” rispose lui sorridendole.
“Oh Davide.” Continuò abbandonandosi contro il suo torace.
“Guarda là Sara, disse indicandole una baita, ti piace?”
“Perché?” Continuò lei stupita.
“Perché è nostra per un intero mese se accetti di sposarmi.”
“Che cosa?”
“Ti amo e non posso più pensare di poter vivere senza te, ti prego sposami.”
“Si.”
Il loro matrimonio non era stato sfarzoso, nonostante lui fosse molto ricco, una semplice cerimonia in una chiesa di montagna in Trentino, il ricevimento tenutosi in un piccolo ristorante e infine si erano recati in questa baita presa in affitto e lontana da fotografi e giornalisti.
Avevano trascorso un mese bellissimo insieme loro due, ma tutto era cambiato quando erano tornati a Trieste e avevano ripreso la loro vita normale; lui molto spesso era via per lavoro e lei si trovava sempre di più a casa da sola, incapace di governare una grande casa con tanti servitori, così un giorno stufa della situazione aveva accusato Davide di non curarsi di lei, si sentiva talmente sola, se almeno avesse avuto qualcosa da fare, odiava passare ogni momento della giornata a non fare nulla.
“Sara, Sara, ma dove stai andando?”Lei era uscita da casa di corsa, avevano appena litigato era infuriata, non ragionando più aveva preso la borsa ed era uscita da casa.
“Dove credi di andare?” Continuò lui seguendola.
“Via, non voglio più stare qui, sposando te, ho sposato un mito, e io non voglio vivere così, sto male.”
“Sara, ma cosa dici, cosa è successo?”
“Sposandoti mi sono assunta dei gravi rischi, Maria ora è falsa, mi frequenta solo perché Paolo è il tuo migliore amico; mia madre non è nemmeno venuta al nostro matrimonio tanto era in imbarazzo nell’avere come genero un impresario di banca, mentre lei è solo una modesta casalinga., io non voglio continuare a vivere così, io sto male, non ce la faccio più.”
“Ma amore, hai provato a parlare con Maria o con tua madre, magari se spiegassi loro come stanno le cose.”
“No, ci ho già provato e sai cosa mi hanno risposto, Maria mi ha detto che non affatto vero che lei si comporta in modo diverso, mentre mia madre mi ha detto che lei non è degna di avere una figlia che pur essendo una ragazza semplice è riuscita ad accalappiare un giovane così facoltoso. Non capisci, entrambe pensano che io abbia accettato la tua proposta solo perché sei ricco, mentre io ti amo per quello che sei con o senza il tuo denaro.”
“Sara, io questo lo so già, vieni qua; Disse lui afferrandola e stringendola fra le braccia; amore non ti preoccupare, parlerò io sia con Maddalena che con Maria, e se no mi ascolteranno vorrà dire che non sono degne della fiducia che tu hai riposto in loro. Forza entriamo, guarda come siamo bagnati.”
Una mattina qualcuno bussò alla porta, lei aprì e si trovò di fronte il fioraio con un mazzo di rose bianche, le sue preferite, solo una persona sapeva come le piacevano, ma quella persona non c’era più.
D’improvviso le venne un lapsus, aprì il biglietto, se non era Davide, allora poteva essere solo lui: Pietro Martinez, il padre di Davide.
Era un breve messaggio in cui le comunicava un appuntamento per discutere con lei su un fatto molto importante che riguardava Davide.
L’appuntamento era fissato per il giorno dopo verso le cinque del pomeriggio, poiché quella era l’ora in cui la banca chiudeva.
Sara posteggiò la macchina presso il cinema, e si diresse verso il bar con i figli.
Appena Renato ed Emanuele riconobbero il nonno, gli corsero incontro e gli saltarono in braccio per la gioia.
“Allora, come stai Sara?” Le chiese Pietro felice di rivederla.
“Sto meglio, anche se.” Non fu in grado di finire la frase poiché le si strinse la gola e suo suocero comprese il perché.
“Sara, dobbiamo parlare seriamente.” Affermò egli cambiando espressione.
“Di cosa?” Rispose ella prendendo Emanuele in braccio.
Questo è il testamento di Davide, so che dopo la sua morte ti sei rifiutata di leggerlo, però bisogna rispettare la sua volontà.”
“No, non voglio.” Sentenziò ella rifiutandosi completamente di leggerla.
“Leggilo te lo chiedo per Davide e anche per i tuoi figli .”Chiese Pietro guardandola tenere in mano quel foglio che per troppo tempo si era rifiutata di leggere. Finalmente Sara trovò quel coraggio venuto a mancare dopo la morte di Davide. Tralasciò la parte in cui Davide parlava della banca e cominciò a leggere:
“Io sottoscritto, Davide Martinez, nelle mie piene facoltà mentali redico questo testamento in cui affido la mia casa alla mia consorte Sara Martinez, che sarà in grado di amministrarla al meglio Affido tutto quanto possiedo in denaro, qualora io dovessi mancare, a mio padre Pietro Martinez, in modo che egli lo amministri saggiamente e che questo serva a rendere confortevole la vita dei miei figli: Emanuele e Renato Martinez. Infine affido a mio padre, Pietro Martinez, il compito di amministrare la banca di mia proprietà, finchè uno dei miei figli o ancora, meglio, entrambi, saranno in età per prenderne le redini, succedendo così a me e a mio padre.
In fede, sperando che la mia volontà sia rispettata.”
Davide Martinez
Sara aveva concluso di leggere il testamento del marito con un groppo in gola e trattenendo le lacrime a stento.
“Sara, oltre al testamento Davide ha voluto scriverti una lettera che ti si sarebbe dovuta consegnare subito dopo la sua morte. Sapeva da molto tempo ciò che gli sarebbe dovuto accadere, ma l’ ha voluta vivere lo stesso questa vita maledetta .” Concluse Pietro con gli occhi lucidi e il volto provato dal dolore per aver perso un figlio tanto amato e voluto così presto.
“Se lui ha vissuto, lo ha fatto solo con l’intenzione di renderti felice, perché ti ha amato più della sua stessa vita.
L’incontro con suo suocero l’aveva sconvolta, non sapeva cosa fare, era appena tornata nella casa in cui lei e Davide avevano vissuto per i dieci anni più belli della loro vita; la casa era rimasta come l’aveva lasciata.
Era entrata nello studio in cui Davide era solito lavorare e seguire le quote della borsa; nella sua mente s’insinuò il ricordo del marito seduto alla scrivania, che le sorrideva teneramente, lì non aveva più retto ed era scoppiata a piangere, non ce la faceva più era troppo tempo che si teneva dentro quel dolore che l’aveva consumata fino a non permetterle di vivere una vita felice senza suo marito.
Non aveva ancora aperto la lettera che Davide le aveva scritto prima di morire, non aveva il coraggio di farlo, aveva paura che facendolo, il ricordo del marito sarebbe scomparso per l’eternità.
Suo suocero le aveva chiesto di tornare a vivere a Trieste nella sua vecchia casa, in modo da rispettare la volontà di Davide, e far crescere Renato ed Emanuele nel modo in cui essi si meritavano.
Non sapeva cosa fare, i suoi figli ora erano con il nonno e lei si stava dirigendo verso il cimitero, si trovava di fronte alla tomba in cui erano posti il marito e sua suocera.
“Amore, cosa devo fare, io non ce la faccio più, mi manchi tanto sai, ti amo ancora come se fosse il primo giorno, i tuoi figli crescono a vista d’occhio e tu non puoi vederli, non è giusto, non è giusto! Esclamò fra le lacrime, se solo fossi stata io, avrei dato qualunque cosa pur di averti ancora, avrei dato la vita per te. Amore perché ti hanno portato via da me, perché?! Sai Pietro mi ha dato la lettera che mi hai scritto prima di morire, ma non ho avuto ancora il coraggio di aprirla, non voglio ammettere che tu mi abbia lasciata, sto male, ho bisogno di te amore, più di quanto tu creda.
Affermò sistemando i fiori freschi e seguendo il contorno delle lettere che formavano il suo nome e quello della suocera Lisa.
“Sara, l’interruppe una voce alle sue spalle, hai già letto la lettera?” Chiese guardando la foto della moglie e poi quella del figlio.
“No, non ne ho avuto il coraggio, ma so che devo farlo.”
“Leggila qui davanti a lui, e anche se Davide non può sentirti, parlagli e sfogati, ti sentirai molto meglio.” Concluse lasciandola e andandosene.
“Mia adorata, per me ormai si stanno compiendo i giorni in cui la mia anima tramonterà, un angelo me lo ha rivelato, sto per partire per un lungo viaggio da cui non farò mai più ritorno; nella vita non ho rimpianti, tesoro, ti amo più di quanto tu creda, e amo i nostri figli.
Ti ringrazio per avermi donato la tua anima, ma è ora che ti lasci andare.
Ricordo il giorno del nostro matrimonio, eri bellissima, e quando sei entrata in chiesa, mi hai mozzato il fiato, sei bellissima anche ora, ti amo più della mia vita, ma non posso accettare il fatto che dopo la mia morte tu rimanga attaccata al mio ricordo, sarai libera, libera di sceglierti un altro uomo da amare, non chiuderti nel tuo dolore, hai tanto amore da donare, non versare lacrime quando io non ci sarò, i tuoi bellissimi occhi non dovranno subire alcun mutamento, dovranno essere come li ho visti io per la prima volta.
Non ho paura di affrontare la morte poiché tu mi hai dato tutto quello che un uomo può desiderare dalla vita, vorrei, vorrei poter invecchiare con te, vederti diventare nonna, ma so che questo non accadrà perché Dio ha deciso di richiamarmi lassù, dove ti aspetterò vegliandoti.
Ricorda sempre che non ti lascerò mai, rifatti una vita amore, perché nonostante io non ci sarò più, di me ti rimarranno Emanuele e Renato. Voglio credere che anche senza di me sarai felice. Per sempre tuo, oltre la morte.
“Amore, ma perché, perché vuoi che io sia libera, di fronte all’altare non ci siamo forse scambiati delle promesse, e io intendo rispettarle fino alla fine.”
Detto questo Sara tornò da suo suocero che era preoccupato; di fianco a lui c’erano i suoi bambini che guardavano la tomba del padre con gli occhi inondati di lacrime.
Tornò al paese il pomeriggio seguente e lì trovò un biglietto: “Perché mi eviti? Ogni volta che ti penso tu mi compari davanti a me, sei come un’ossessione, potremmo mai chiarirci? Daniele.”
Sara ci pensò su due notti e alla fine decise di incontrarlo il giorno dopo a casa sua; Chiese nuovamente a Francesca di tenerle i bambini poiché doveva sistemare una faccenda con Daniele, e lei acconsentì con piacere.
Daniele arrivò verso le tre del pomeriggio; aveva chiesto un permesso speciale e glielo avevano concesso; Sara andò ad aprire la porta, e lo vide, con un sorriso mesto, scoraggiato più che mai per gli inutili tentativi di persuaderla a confessargli ciò che era accaduto al marito.
Ella andò in cucina a prendere un tè freddo, e Daniele invece di sedersi sul divano, come gli aveva chiesto di fare Sara, la seguì nella stanza dove notò le rose.
“Di chi sono?”Chiese lui incuriosito.
“Me le ha mandate mio suocero, mi ha chiesto di tornare a vivere a Trieste, e io ho accettato.”
“Devo parlarti Sara.”
“Di cosa?” Domandò insospettita dal tono serio che Daniele stava usando.
“Dobbiamo parlare.” Esitò un momento egli prima di iniziare il discorso serio che voleva farle.
“Parliamo allora, ma di cosa?”
“L’argomento è sempre lo stesso.”
“Ovvero?” domandò Sara, ma vedendo subito a chi si stava riferendo.“No, Davide no.”
“E invece è ora che tu me ne parli, sono passati dei mesi ormai da quando mi hai detto che me ne avresti parlato.”
“Daniele, no, non me la sento, non sono ancora pronta a parlarti di lui; e poi i fatti che accaddero quel giorno li conosci da prima che m’invitassi a cena.”
“In che senso?” Chiese per la risposta che gli aveva dato.
“Guarda questi fogli, sono del dipartimento di polizia di Trieste; sono i verbali dell’incidente in cui morì Davide, come li spieghi, e perché non hai aspettato che fossi io a raccontarti tutto; la metà delle cose scritte qui non corrisponde al vero!”
“Allora dimmela tu la verità.”
“No Daniele, non sono ancora pronta per…”
“Sara non puoi continuare a vivere nel passato, io non ci sarò per sempre; ora devi fare una scelta, o me e il nostro futuro insieme, o Davide e il vostro passato.”
“No, non puoi pormela così, è ingiusto!”
“D’accordo, allora vieni in camera tua un attimo.”
“Ma cosa fai?” Domandò confusa Sara seguendo Daniele.
Per tutta risposta spalancò l’anta dell’armadio in cui Sara teneva il vestito regalatole dal marito, lui lo prese e glielo gettò in grembo.
“Allora mettiamola in questo modo, mettiti quel vestito e sceglierai me e il nostro futuro insieme, non metterlo e mi perderai per sempre, io non resterò oltre e me ne andrò da te.”
“Ma non l’hai ancora capito che non voglio un fidanzato, voglio un amico! Non ti ho chiesto di innamorarti di me, anzi se ti ricordi bene, ti ho detto fin dall’inizio che non potevo innamorarmi di te dato che amo mio marito.”
“Allora è finita, io ti amo, non posso esserti amico, starei troppo male.” Detto questo Daniele si alzò, uscì dalla porta e sentì che metteva in moto la macchina e se ne andava via da lei e da i suoi figli.
Appena Daniele fu uscito Emanuele entrò in casa seguito dal fratello, salutò la madre con indifferenza e andò nella sua cameretta a giocare, mentre Renato abbracciava la madre.
Sara guardò Emanuele, non aveva mai visto un bambino di nove anni maturo come lui. Lo amava tantissimo, era uguale a suo padre, ma lui sembrava non aver interesse per i sentimenti degli altri.
Mai una dichiarazione d’affetto, da quando era morto suo padre non le aveva più detto ti voglio bene mamma. Eppure… i suoi pensieri furono interrotti dall’entrata nella stanza di Renato che le chiese una cosa.
Un giorno Sara era rimasta a casa dal lavoro perché i gemelli si erano buscati una brutta influenza. Dopo aver somministrato loro la medicina si era stesa sul divano, stanca di quella vita, le mancava immensamente Davide, sapeva che era ancora innamorata follemente di lui, ma nonostante quest’ella voleva un futuro sereno per lei e per i bambini. Sapeva che Davide non l’avrebbe mai lasciata, ma voleva recuperare il rapporto che aveva interrotto poco prima con Daniele; erano passate quattro settimane da quando la loro amicizia si era interrotta bruscamente e lei non l’ aveva cercato.
Non riuscendo a prendere sonno, si mise seduta alla scrivania, scrisse due righe e firmò, lo mise in una busta scrivendo il nome di Daniele sul davanti.
C’era stato un incidente quella mattina, Daniele era stato uno dei primi a giungere sul posto, si trattava di un caso non grave, poiché due macchine si erano tamponate.
Non era rimasto ferito nessuno, ma nonostante questo gli tornò in mente il giorno che trovò Emanuele che piangeva fra le braccia della madre.
Mentre pensava a ciò sentì una morsa allo stomaco, e capì di essere stato un emerito cretino a trattarla in quel modo, l’aveva fatta soffrire, le aveva promesso di esserle amico, ma si era innamorato di lei, nonostante lei l’avesse avvertito, voleva farle dimenticare il marito, ma era l’ultima cosa cui pensava Sara.
Le aveva fatto una proposta indegna dato che aveva perso il marito da poco più di due anni.
Sapeva che era confusa, ma lui l’aveva spinta lo stesso a scegliere tra uno dei due, e lei, naturalmente aveva scelto lui: Davide.
Verso il tramonto Daniele tornò a casa più stanco che mai, e la trovò.
Era stata messa sul suo comodino probabilmente da sua madre, lesse il suo nome sul davanti della busta, la girò e vide che il mittente non era esplicato.
La aprì e lesse il breve messaggio rimanendo colpito dalla semplicità della richiesta, ma anche dall’emozione che quella donna suscitava in lui; era indeciso se andare da lei o no, ma alla fine cedette alla tentazione di vederla e in un batter d’occhio si ritrovò in macchina, diretto verso casa di Sara, e forse diretto verso casa di una persona che amava più di sé stesso e della sua vita. Lei aveva appena finito di pulire la cucina quando lo vide arrivare.
Appese l’asciugamano e andò fuori ad aspettare; lui chiuse la macchina a chiave e si diresse verso casa di Sara, poi d’improvviso lo vide: era un cartello, “in vendita”, era così bella, portava i vestiti che indossava la prima volta che si erano visti dopo l’incidente.
Era strano, si ricordava tutto di quella donna, ricordava il suo profumo, la maniera strana di raccogliersi i capelli, ma soprattutto sapeva che nonostante lei avesse scelto il marito ed il suo passato felice con lui, forse era la speranza di una possibilità con lei, forse non lo era.
Avvicinandosi a quella porta, un turbine di emozioni lo travolse quasi da fargli perdere i sensi, ma riuscì a controllarsi e salì i gradini della veranda.
“Ciao.” Disse ancora indecisa se fare o no quello che aveva in mente.
“Come stanno Emanuele e Renato?” Chiese lui sapendo che avevano avuto la febbre.
“Meglio, la febbre si è abbassata, vieni entra, voglio parlarti.”
Entrati in casa, Daniele si sedette sul divano, mentre Sara andò in cucina, prese una bottiglia di succo d’arancia in frigo, conscia di quello che avrebbe dovuto dirgli sul suo passato, e rivelargli il segreto più orribile che una donna avrebbe mai potuto tenere nascosto nel cuore.
Dopo due minuti Sara si sedette sul divano e cominciò a parlare:
“Senti, non so perché lo sto facendo, il giorno del litigio ero molto confusa, e lo sono tuttora, so che non sono ancora pronta per rivelarti la verità, ma se non lo faccio ora, sono certa che non lo dirò a nessun altro; il rapporto che tu hai chiesto alla polizia di Trieste è falso, ho chiesto di sostituirlo nel caso qualche giornalista ad anni di distanza avesse ritirato fuori questa storia.” Daniele non l’interruppe e la fece continuare.
“Davide è… per un momento le mancò la voce, lui la guardò e la vide trattenere le lacrime con uno sforzo enorme, poi si riprese e continuò, Davide è morto fra le mie braccia.” Detto questo Daniele vide che quasi non ce la faceva più a trattenersi, e che se ci riusciva, lo faceva solo grazie alla forza di volontà.
“Quel giorno eravamo andati a fare un pic-nic sulle sponde di un lago, lui era un importante impresario bancario.”
Stavamo tornando da questa gita, i bambini si erano addormentati, e noi giocavamo a fare i fidanzatini, lo amavo tantissimo, forse più della mia vita; lui volle andare a prelevare dei soldi perché voleva portarmi a cena per festeggiare il nostro anniversario di nozze, quando ad un certo punto vidi uscire di corsa dalla banca dei ladri, uno di loro aveva una pistola in mano, presumo sia stato il capo della banda; poi uscì un altro uomo che teneva in ostaggio mio marito e una donna.
Era buono come il pane, non avrebbe mai fatto male ad una mosca; un gruppo di poliziotti cercò di interagire con loro, non so cosa si dissero in quei due minuti che si parlarono, ma so solo che ... lei s’interrupe nuovamente, ma questa volta riuscì a proseguire con quei ricordi che le faceva tanto male rivivere.
Due minuti dopo partirono tre colpi di pistola, due uccisero la donna, e un altro colpì Davide in pieno petto.
I ladri furono presi, e il capo banda, quello che aveva sparato, fu accusato di rapina amano armata e omicidio plurimo, gli hanno dato l’ergastolo.” A questo punto la voce di Sara si fece più tremante.
“Scesi dalla macchina appena in tempo per vedere mio marito cadere a terra; gli corsi incontro cercando di farlo rinvenire, lui aprì gli occhi ancor un momento: “Perdonalo”. Fece in tempo a dirmi solo questo, poi morì.
Appena Lisa ebbe saputo che il figlio era morto mi accusò di avergli portato via il suo bambino, mi disse che ero una strega, faceva discorsi assurdi, non me la sentii di raccontarle quello che era accaduto. Per giorni e giorni sua madre girò per casa tentando di sentire la sua voce, cercò anche di portarmi via Emanuele, poiché diceva che quel bambino era suo figlio.
Impazzì per il dolore e la rinchiusero in un centro per il recupero mentale.
Voleva il suo Davide lo desiderava più di qualsiasi cosa al mondo; era una donna egoista, ma voleva molto bene a suo figlio, purtroppo degenerò in poche settimane e morì per il dolore.
Ora quella brava donna giace nella tomba accanto al figlio, a quel ragazzo che lei amava troppo.
La cosa peggiore di questa storia, è che io non fui l’unica ad assistere alla morte di mio marito, poiché pochi minuti prima che Davide fosse ucciso, Emanuele si destò dal sonno, e come me vide quella scena terribile.
Da quel giorno in poi non si è mai più ripreso dallo shock, non ho mai sentito un sì, mi piace, non ho mai sentito uscire dalla sua bocca un “ti voglio bene mamma” da quando è morto suo padre.
Eppure è mio figlio, oh Davide, perché ci hai lasciato?” Quella fu l’ultima frase che Sara pronunciò prima di scoppiare in un pianto dirotto.
Solo in quel momento Daniele si rese conto di che cosa orribile le aveva fatto; l’aveva fatta scegliere fra l’amicizia per lui, e l’amore che provava per il marito; così senza poter fare nulla, la prese fra le braccia e lasciò che si sfogasse, che tirasse fuori tutto quel dolore nascosto per due anni.
Poco dopo Sara si addormentò fra le sue braccia; fra quelle braccia che in quel momento sapevano renderla sicura.
Verso mezzanotte Daniele si alzò dal divano, la coprì con una coperta di lana e uscì in veranda; tutta la famiglia dormiva serena nel ricordo di un padre, e di un marito perso.
Pochi minuti dopo era in macchina diretto verso casa; le rivelazioni che Sara gli aveva fatto erano state orribili; ora capiva l’inaspettata freddezza di Emanuele nei confronti della madre, e la nostalgia di Renato. Capì che la morte del padre per Emanuele era stata una dura prova, l’aveva fatto crescere di colpo, e nonostante avesse solo nove anni aveva la saggezza di un bambino di tredici.
Il mattino dopo Sara si svegliò sola, era conscia di quello che aveva fatto e detto, sapeva che Daniele non poteva competere con l’angelo di suo marito, ma non voleva perderlo come amico sincero, era stato l’unico a sapere la verità e sperava che fosse stato leale con lei.
Poi d’improvviso lo vide: un semplice biglietto, era posato sul tavolo; lo aprì e lo lesse: “ Sono stato un verme. Non voglio perderti. Ti amo. Daniele.”
Sara era conscia dei sentimenti che Daniele provava per lei, ma sapeva di non poter dimenticare suo marito perché sentiva di amarlo ancora di più.
Così si ritrovò a fissare i suoi figli e ad accarezzare loro il capo, con l’intenzione di dare loro un futuro felice e sereno in memoria di suo marito e il loro padre: Davide.
Ora lei era sicura, non aveva rimpianti, aveva fatto la sua scelta.
“Mio amato e mio sposo, dove sei, ti cerco in continuazione, anelo a vederti, a stare con te; sei negli occhi dei nostri bambini, sei nell’aria che respiro, eppure, non ci sei.
Sento il vento soffiare e so che mi sei vicino; ti amo, ti amo ogni volta che ti penso, sento un vuoto dentro che non riesco a colmare perché tu sei lontano da me. Vorrei che tu fossi ancora qui, ma purtroppo ti ho perso mentre l’alito del vento mi sfiorava il viso e i dolci raggi del sole tramontavano nel nostro cielo. Amore mi manchi tantissimo, ti amo più di quanto tu creda; vedendo i tuoi figli crescere giorno dopo giorno, mi accorgo di diventare sempre più vecchia e sola.
Non riesco a perdonare, non posso perdonare chi ti ha strappato alla vita e ai tuoi figli, nonostante tu mi abbia chiesto di farlo.
Mi sono sempre sentita in colpa poiché avrei dovuto esserci io tra le grinfie di quell’uomo, e invece mio adorato, mi ritrovo ancora qui, senza di te.
Il tuo volto piano piano si sta sfuocando, tratti di quel viso che tanto amo stanno scomparendo, non voglio, non voglio che tu te ne vada dalla mia vita, sei troppo importante.
Dio ti prego, aiutami, aiutami a non dimenticare quella voce che sembra un sussurro nel vento.
Non voglio perdere il ricordo di colui che mi ha cambiato la vita.
Nella lettera che mi hai scritto prima di lasciarmi mi hai ridato la libertà, hai voluto che fossi libera, libera di scegliere un altro uomo da amare.
Ho fatto la mia scelta Davide, ho scelto di essere tua per sempre amore mio, non sento il bisogno di avere un altro uomo, soprattutto perché ho finalmente capito che non ci sarà mai un giorno in cui sarò capace di lasciarti andare.
Per sempre tua nella vita e nella morte.
Sara aveva concluso di leggere il testamento del marito con un groppo in gola e trattenendo le lacrime a stento.
“Sara, oltre al testamento Davide ha voluto scriverti una lettera che ti si sarebbe dovuta consegnare subito dopo la sua morte. Sapeva da molto tempo ciò che gli sarebbe dovuto accadere, ma l’ ha voluta vivere lo stesso questa vita maledetta .” Concluse Pietro con gli occhi lucidi e il volto provato dal dolore per aver perso un figlio tanto amato e voluto così presto.
“Se lui ha vissuto, lo ha fatto solo con l’intenzione di renderti felice, perché ti ha amato più della sua stessa vita.
L’incontro con suo suocero l’aveva sconvolta, non sapeva cosa fare, era appena tornata nella casa in cui lei e Davide avevano vissuto per i dieci anni più belli della loro vita; la casa era rimasta come l’aveva lasciata.
Era entrata nello studio in cui Davide era solito lavorare e seguire le quote della borsa; nella sua mente s’insinuò il ricordo del marito seduto alla scrivania, che le sorrideva teneramente, lì non aveva più retto ed era scoppiata a piangere, non ce la faceva più era troppo tempo che si teneva dentro quel dolore che l’aveva consumata fino a non permetterle di vivere una vita felice senza suo marito.
Non aveva ancora aperto la lettera che Davide le aveva scritto prima di morire, non aveva il coraggio di farlo, aveva paura che facendolo, il ricordo del marito sarebbe scomparso per l’eternità.
Suo suocero le aveva chiesto di tornare a vivere a Trieste nella sua vecchia casa, in modo da rispettare la volontà di Davide, e far crescere Renato ed Emanuele nel modo in cui essi si meritavano.
Non sapeva cosa fare, i suoi figli ora erano con il nonno e lei si stava dirigendo verso il cimitero, si trovava di fronte alla tomba in cui erano posti il marito e sua suocera.
“Amore, cosa devo fare, io non ce la faccio più, mi manchi tanto sai, ti amo ancora come se fosse il primo giorno, i tuoi figli crescono a vista d’occhio e tu non puoi vederli, non è giusto, non è giusto! Esclamò fra le lacrime, se solo fossi stata io, avrei dato qualunque cosa pur di averti ancora, avrei dato la vita per te. Amore perché ti hanno portato via da me, perché?! Sai Pietro mi ha dato la lettera che mi hai scritto prima di morire, ma non ho avuto ancora il coraggio di aprirla, non voglio ammettere che tu mi abbia lasciata, sto male, ho bisogno di te amore, più di quanto tu creda.
Affermò sistemando i fiori freschi e seguendo il contorno delle lettere che formavano il suo nome e quello della suocera Lisa.
“Sara, l’interruppe una voce alle sue spalle, hai già letto la lettera?” Chiese guardando la foto della moglie e poi quella del figlio.
“No, non ne ho avuto il coraggio, ma so che devo farlo.”
“Leggila qui davanti a lui, e anche se Davide non può sentirti, parlagli e sfogati, ti sentirai molto meglio.” Concluse lasciandola e andandosene.
“Mia adorata, per me ormai si stanno compiendo i giorni in cui la mia anima tramonterà, un angelo me lo ha rivelato, sto per partire per un lungo viaggio da cui non farò mai più ritorno; nella vita non ho rimpianti, tesoro, ti amo più di quanto tu creda, e amo i nostri figli.
Ti ringrazio per avermi donato la tua anima, ma è ora che ti lasci andare.
Ricordo il giorno del nostro matrimonio, eri bellissima, e quando sei entrata in chiesa, mi hai mozzato il fiato, sei bellissima anche ora, ti amo più della mia vita, ma non posso accettare il fatto che dopo la mia morte tu rimanga attaccata al mio ricordo, sarai libera, libera di sceglierti un altro uomo da amare, non chiuderti nel tuo dolore, hai tanto amore da donare, non versare lacrime quando io non ci sarò, i tuoi bellissimi occhi non dovranno subire alcun mutamento, dovranno essere come li ho visti io per la prima volta.
Non ho paura di affrontare la morte poiché tu mi hai dato tutto quello che un uomo può desiderare dalla vita, vorrei, vorrei poter invecchiare con te, vederti diventare nonna, ma so che questo non accadrà perché Dio ha deciso di richiamarmi lassù, dove ti aspetterò vegliandoti.
Ricorda sempre che non ti lascerò mai, rifatti una vita amore, perché nonostante io non ci sarò più, di me ti rimarranno Emanuele e Renato. Voglio credere che anche senza di me sarai felice. Per sempre tuo, oltre la morte.
“Amore, ma perché, perché vuoi che io sia libera, di fronte all’altare non ci siamo forse scambiati delle promesse, e io intendo rispettarle fino alla fine.”
Detto questo Sara tornò da suo suocero che era preoccupato; di fianco a lui c’erano i suoi bambini che guardavano la tomba del padre con gli occhi inondati di lacrime.
Tornò al paese il pomeriggio seguente e lì trovò un biglietto: “Perché mi eviti? Ogni volta che ti penso tu mi compari davanti a me, sei come un’ossessione, potremmo mai chiarirci? Daniele.”
Sara ci pensò su due notti e alla fine decise di incontrarlo il giorno dopo a casa sua; Chiese nuovamente a Francesca di tenerle i bambini poiché doveva sistemare una faccenda con Daniele, e lei acconsentì con piacere.
Daniele arrivò verso le tre del pomeriggio; aveva chiesto un permesso speciale e glielo avevano concesso; Sara andò ad aprire la porta, e lo vide, con un sorriso mesto, scoraggiato più che mai per gli inutili tentativi di persuaderla a confessargli ciò che era accaduto al marito.
Ella andò in cucina a prendere un tè freddo, e Daniele invece di sedersi sul divano, come gli aveva chiesto di fare Sara, la seguì nella stanza dove notò le rose.
“Di chi sono?”Chiese lui incuriosito.
“Me le ha mandate mio suocero, mi ha chiesto di tornare a vivere a Trieste, e io ho accettato.”
“Devo parlarti Sara.”
“Di cosa?” Domandò insospettita dal tono serio che Daniele stava usando.
“Dobbiamo parlare.” Esitò un momento egli prima di iniziare il discorso serio che voleva farle.
“Parliamo allora, ma di cosa?”
“L’argomento è sempre lo stesso.”
“Ovvero?” domandò Sara, ma vedendo subito a chi si stava riferendo.“No, Davide no.”
“E invece è ora che tu me ne parli, sono passati dei mesi ormai da quando mi hai detto che me ne avresti parlato.”
“Daniele, no, non me la sento, non sono ancora pronta a parlarti di lui; e poi i fatti che accaddero quel giorno li conosci da prima che m’invitassi a cena.”
“In che senso?” Chiese per la risposta che gli aveva dato.
“Guarda questi fogli, sono del dipartimento di polizia di Trieste; sono i verbali dell’incidente in cui morì Davide, come li spieghi, e perché non hai aspettato che fossi io a raccontarti tutto; la metà delle cose scritte qui non corrisponde al vero!”
“Allora dimmela tu la verità.”
“No Daniele, non sono ancora pronta per…”
“Sara non puoi continuare a vivere nel passato, io non ci sarò per sempre; ora devi fare una scelta, o me e il nostro futuro insieme, o Davide e il vostro passato.”
“No, non puoi pormela così, è ingiusto!”
“D’accordo, allora vieni in camera tua un attimo.”
“Ma cosa fai?” Domandò confusa Sara seguendo Daniele.
Per tutta risposta spalancò l’anta dell’armadio in cui Sara teneva il vestito regalatole dal marito, lui lo prese e glielo gettò in grembo.
“Allora mettiamola in questo modo, mettiti quel vestito e sceglierai me e il nostro futuro insieme, non metterlo e mi perderai per sempre, io non resterò oltre e me ne andrò da te.”
“Ma non l’hai ancora capito che non voglio un fidanzato, voglio un amico! Non ti ho chiesto di innamorarti di me, anzi se ti ricordi bene, ti ho detto fin dall’inizio che non potevo innamorarmi di te dato che amo mio marito.”
“Allora è finita, io ti amo, non posso esserti amico, starei troppo male.” Detto questo Daniele si alzò, uscì dalla porta e sentì che metteva in moto la macchina e se ne andava via da lei e da i suoi figli.
Appena Daniele fu uscito Emanuele entrò in casa seguito dal fratello, salutò la madre con indifferenza e andò nella sua cameretta a giocare, mentre Renato abbracciava la madre.
Sara guardò Emanuele, non aveva mai visto un bambino di nove anni maturo come lui. Lo amava tantissimo, era uguale a suo padre, ma lui sembrava non aver interesse per i sentimenti degli altri.
Mai una dichiarazione d’affetto, da quando era morto suo padre non le aveva più detto ti voglio bene mamma. Eppure… i suoi pensieri furono interrotti dall’entrata nella stanza di Renato che le chiese una cosa.
Un giorno Sara era rimasta a casa dal lavoro perché i gemelli si erano buscati una brutta influenza. Dopo aver somministrato loro la medicina si era stesa sul divano, stanca di quella vita, le mancava immensamente Davide, sapeva che era ancora innamorata follemente di lui, ma nonostante quest’ella voleva un futuro sereno per lei e per i bambini. Sapeva che Davide non l’avrebbe mai lasciata, ma voleva recuperare il rapporto che aveva interrotto poco prima con Daniele; erano passate quattro settimane da quando la loro amicizia si era interrotta bruscamente e lei non l’ aveva cercato.
Non riuscendo a prendere sonno, si mise seduta alla scrivania, scrisse due righe e firmò, lo mise in una busta scrivendo il nome di Daniele sul davanti.
C’era stato un incidente quella mattina, Daniele era stato uno dei primi a giungere sul posto, si trattava di un caso non grave, poiché due macchine si erano tamponate.
Non era rimasto ferito nessuno, ma nonostante questo gli tornò in mente il giorno che trovò Emanuele che piangeva fra le braccia della madre.
Mentre pensava a ciò sentì una morsa allo stomaco, e capì di essere stato un emerito cretino a trattarla in quel modo, l’aveva fatta soffrire, le aveva promesso di esserle amico, ma si era innamorato di lei, nonostante lei l’avesse avvertito, voleva farle dimenticare il marito, ma era l’ultima cosa cui pensava Sara.
Le aveva fatto una proposta indegna dato che aveva perso il marito da poco più di due anni.
Sapeva che era confusa, ma lui l’aveva spinta lo stesso a scegliere tra uno dei due, e lei, naturalmente aveva scelto lui: Davide.
Verso il tramonto Daniele tornò a casa più stanco che mai, e la trovò.
Era stata messa sul suo comodino probabilmente da sua madre, lesse il suo nome sul davanti della busta, la girò e vide che il mittente non era esplicato.
La aprì e lesse il breve messaggio rimanendo colpito dalla semplicità della richiesta, ma anche dall’emozione che quella donna suscitava in lui; era indeciso se andare da lei o no, ma alla fine cedette alla tentazione di vederla e in un batter d’occhio si ritrovò in macchina, diretto verso casa di Sara, e forse diretto verso casa di una persona che amava più di sé stesso e della sua vita. Lei aveva appena finito di pulire la cucina quando lo vide arrivare.
Appese l’asciugamano e andò fuori ad aspettare; lui chiuse la macchina a chiave e si diresse verso casa di Sara, poi d’improvviso lo vide: era un cartello, “in vendita”, era così bella, portava i vestiti che indossava la prima volta che si erano visti dopo l’incidente.
Era strano, si ricordava tutto di quella donna, ricordava il suo profumo, la maniera strana di raccogliersi i capelli, ma soprattutto sapeva che nonostante lei avesse scelto il marito ed il suo passato felice con lui, forse era la speranza di una possibilità con lei, forse non lo era.
Avvicinandosi a quella porta, un turbine di emozioni lo travolse quasi da fargli perdere i sensi, ma riuscì a controllarsi e salì i gradini della veranda.
“Ciao.” Disse ancora indecisa se fare o no quello che aveva in mente.
“Come stanno Emanuele e Renato?” Chiese lui sapendo che avevano avuto la febbre.
“Meglio, la febbre si è abbassata, vieni entra, voglio parlarti.”
Entrati in casa, Daniele si sedette sul divano, mentre Sara andò in cucina, prese una bottiglia di succo d’arancia in frigo, conscia di quello che avrebbe dovuto dirgli sul suo passato, e rivelargli il segreto più orribile che una donna avrebbe mai potuto tenere nascosto nel cuore.
Dopo due minuti Sara si sedette sul divano e cominciò a parlare:
“Senti, non so perché lo sto facendo, il giorno del litigio ero molto confusa, e lo sono tuttora, so che non sono ancora pronta per rivelarti la verità, ma se non lo faccio ora, sono certa che non lo dirò a nessun altro; il rapporto che tu hai chiesto alla polizia di Trieste è falso, ho chiesto di sostituirlo nel caso qualche giornalista ad anni di distanza avesse ritirato fuori questa storia.” Daniele non l’interruppe e la fece continuare.
“Davide è… per un momento le mancò la voce, lui la guardò e la vide trattenere le lacrime con uno sforzo enorme, poi si riprese e continuò, Davide è morto fra le mie braccia.” Detto questo Daniele vide che quasi non ce la faceva più a trattenersi, e che se ci riusciva, lo faceva solo grazie alla forza di volontà.
“Quel giorno eravamo andati a fare un pic-nic sulle sponde di un lago, lui era un importante impresario bancario.”
Stavamo tornando da questa gita, i bambini si erano addormentati, e noi giocavamo a fare i fidanzatini, lo amavo tantissimo, forse più della mia vita; lui volle andare a prelevare dei soldi perché voleva portarmi a cena per festeggiare il nostro anniversario di nozze, quando ad un certo punto vidi uscire di corsa dalla banca dei ladri, uno di loro aveva una pistola in mano, presumo sia stato il capo della banda; poi uscì un altro uomo che teneva in ostaggio mio marito e una donna.
Era buono come il pane, non avrebbe mai fatto male ad una mosca; un gruppo di poliziotti cercò di interagire con loro, non so cosa si dissero in quei due minuti che si parlarono, ma so solo che ... lei s’interrupe nuovamente, ma questa volta riuscì a proseguire con quei ricordi che le faceva tanto male rivivere.
Due minuti dopo partirono tre colpi di pistola, due uccisero la donna, e un altro colpì Davide in pieno petto.
I ladri furono presi, e il capo banda, quello che aveva sparato, fu accusato di rapina amano armata e omicidio plurimo, gli hanno dato l’ergastolo.” A questo punto la voce di Sara si fece più tremante.
“Scesi dalla macchina appena in tempo per vedere mio marito cadere a terra; gli corsi incontro cercando di farlo rinvenire, lui aprì gli occhi ancor un momento: “Perdonalo”. Fece in tempo a dirmi solo questo, poi morì.
Appena Lisa ebbe saputo che il figlio era morto mi accusò di avergli portato via il suo bambino, mi disse che ero una strega, faceva discorsi assurdi, non me la sentii di raccontarle quello che era accaduto. Per giorni e giorni sua madre girò per casa tentando di sentire la sua voce, cercò anche di portarmi via Emanuele, poiché diceva che quel bambino era suo figlio.
Impazzì per il dolore e la rinchiusero in un centro per il recupero mentale.
Voleva il suo Davide lo desiderava più di qualsiasi cosa al mondo; era una donna egoista, ma voleva molto bene a suo figlio, purtroppo degenerò in poche settimane e morì per il dolore.
Ora quella brava donna giace nella tomba accanto al figlio, a quel ragazzo che lei amava troppo.
La cosa peggiore di questa storia, è che io non fui l’unica ad assistere alla morte di mio marito, poiché pochi minuti prima che Davide fosse ucciso, Emanuele si destò dal sonno, e come me vide quella scena terribile.
Da quel giorno in poi non si è mai più ripreso dallo shock, non ho mai sentito un sì, mi piace, non ho mai sentito uscire dalla sua bocca un “ti voglio bene mamma” da quando è morto suo padre.
Eppure è mio figlio, oh Davide, perché ci hai lasciato?” Quella fu l’ultima frase che Sara pronunciò prima di scoppiare in un pianto dirotto.
Solo in quel momento Daniele si rese conto di che cosa orribile le aveva fatto; l’aveva fatta scegliere fra l’amicizia per lui, e l’amore che provava per il marito; così senza poter fare nulla, la prese fra le braccia e lasciò che si sfogasse, che tirasse fuori tutto quel dolore nascosto per due anni.
Poco dopo Sara si addormentò fra le sue braccia; fra quelle braccia che in quel momento sapevano renderla sicura.
Verso mezzanotte Daniele si alzò dal divano, la coprì con una coperta di lana e uscì in veranda; tutta la famiglia dormiva serena nel ricordo di un padre, e di un marito perso.
Pochi minuti dopo era in macchina diretto verso casa; le rivelazioni che Sara gli aveva fatto erano state orribili; ora capiva l’inaspettata freddezza di Emanuele nei confronti della madre, e la nostalgia di Renato. Capì che la morte del padre per Emanuele era stata una dura prova, l’aveva fatto crescere di colpo, e nonostante avesse solo nove anni aveva la saggezza di un bambino di tredici.
Il mattino dopo Sara si svegliò sola, era conscia di quello che aveva fatto e detto, sapeva che Daniele non poteva competere con l’angelo di suo marito, ma non voleva perderlo come amico sincero, era stato l’unico a sapere la verità e sperava che fosse stato leale con lei.
Poi d’improvviso lo vide: un semplice biglietto, era posato sul tavolo; lo aprì e lo lesse: “ Sono stato un verme. Non voglio perderti. Ti amo. Daniele.”
Sara era conscia dei sentimenti che Daniele provava per lei, ma sapeva di non poter dimenticare suo marito perché sentiva di amarlo ancora di più.
Così si ritrovò a fissare i suoi figli e ad accarezzare loro il capo, con l’intenzione di dare loro un futuro felice e sereno in memoria di suo marito e il loro padre: Davide.
Ora lei era sicura, non aveva rimpianti, aveva fatto la sua scelta.
“Mio amato e mio sposo, dove sei, ti cerco in continuazione, anelo a vederti, a stare con te; sei negli occhi dei nostri bambini, sei nell’aria che respiro, eppure, non ci sei.
Sento il vento soffiare e so che mi sei vicino; ti amo, ti amo ogni volta che ti penso, sento un vuoto dentro che non riesco a colmare perché tu sei lontano da me. Vorrei che tu fossi ancora qui, ma purtroppo ti ho perso mentre l’alito del vento mi sfiorava il viso e i dolci raggi del sole tramontavano nel nostro cielo. Amore mi manchi tantissimo, ti amo più di quanto tu creda; vedendo i tuoi figli crescere giorno dopo giorno, mi accorgo di diventare sempre più vecchia e sola.
Non riesco a perdonare, non posso perdonare chi ti ha strappato alla vita e ai tuoi figli, nonostante tu mi abbia chiesto di farlo.
Mi sono sempre sentita in colpa poiché avrei dovuto esserci io tra le grinfie di quell’uomo, e invece mio adorato, mi ritrovo ancora qui, senza di te.
Il tuo volto piano piano si sta sfuocando, tratti di quel viso che tanto amo stanno scomparendo, non voglio, non voglio che tu te ne vada dalla mia vita, sei troppo importante.
Dio ti prego, aiutami, aiutami a non dimenticare quella voce che sembra un sussurro nel vento.
Non voglio perdere il ricordo di colui che mi ha cambiato la vita.
Nella lettera che mi hai scritto prima di lasciarmi mi hai ridato la libertà, hai voluto che fossi libera, libera di scegliere un altro uomo da amare.
Ho fatto la mia scelta Davide, ho scelto di essere tua per sempre amore mio, non sento il bisogno di avere un altro uomo, soprattutto perché ho finalmente capito che non ci sarà mai un giorno in cui sarò capace di lasciarti andare.
Per sempre tua nella vita e nella morte.
Sara
Spero che questa storia vi sia piaciuta tanto quanto è rimasta nel cuore a chi l’ha vissuta.
So per certo che non dimenticherò mai l’ultima volta che vidi mia madre ballare con mio padre, e so che non dimenticherò mai l’ultima volta che vidi Daniele.
Mia madre ci educò nel massimo rispetto per gli altri, e so per certo che io e Renato siamo diventati come era un tempo nostro padre.
Nonostante lui sia morto quando avevamo otto anni, nostra madre
l’ ha fatto rivivere in noi, e nonostante lui non esistesse più, il suo ricordo era talmente forte e vivo che ogni sera lo vedevamo tornare a casa con il sorriso e la gioia che un tempo splendeva nei suoi occhi.
Dal giorno in cui Daniele chiuse dietro di sé la porta non l’ho più rivisto, ma so per certo che amasse fin troppo la mamma, ma con il passare del tempo sapemmo che si sposò ed ebbe una bambina che chiamò come mia madre: Sara.
Capii subito che quell’uomo odiava mio padre per non avergli permesso di poter vivere il resto della sua vita con mia madre, ma in fondo era stata lei a scegliere il suo destino, scegliendo di rimanere fedele alla promessa fatta a mio padre il giorno del loro matrimonio: “Tua per sempre, nella vita e nella morte.”
Ho occupato il posto di mio padre nella banca che lui dirigeva insieme a suo padre.
Non sono mai riuscito a dire a mia madre un “Ti voglio bene”, non so perché, ma non gliel’ho mai detto neanche quando è morta.
Ora ho un bambino, mia madre mi manca immensamente, anche se ora so che lei è lassù, con la persona che ha amato di più in tutta la sua vita.
Mio figlio mi chiede spesso di raccontargli la storia che vi ho appena narrato.
È un bambino così dolce; l’ho chiamato Davide, in ricordo di mio padre, cui voglio molto bene; e quando lui mi chiede di suo nonno, posso solo rispondergli che lui è un angelo, mandato appositamente da Dio, il cui unico compito è stato quello di rendere felice mia madre, nonostante sia stato per così poco tempo.
Mia madre visse il resto della sua vita all’ombra di un ricordo, un tenero ricordo di quegli unici anni concessi da Dio a mio padre: Davide.
Spero che questa storia vi sia piaciuta tanto quanto è rimasta nel cuore a chi l’ha vissuta.
So per certo che non dimenticherò mai l’ultima volta che vidi mia madre ballare con mio padre, e so che non dimenticherò mai l’ultima volta che vidi Daniele.
Mia madre ci educò nel massimo rispetto per gli altri, e so per certo che io e Renato siamo diventati come era un tempo nostro padre.
Nonostante lui sia morto quando avevamo otto anni, nostra madre
l’ ha fatto rivivere in noi, e nonostante lui non esistesse più, il suo ricordo era talmente forte e vivo che ogni sera lo vedevamo tornare a casa con il sorriso e la gioia che un tempo splendeva nei suoi occhi.
Dal giorno in cui Daniele chiuse dietro di sé la porta non l’ho più rivisto, ma so per certo che amasse fin troppo la mamma, ma con il passare del tempo sapemmo che si sposò ed ebbe una bambina che chiamò come mia madre: Sara.
Capii subito che quell’uomo odiava mio padre per non avergli permesso di poter vivere il resto della sua vita con mia madre, ma in fondo era stata lei a scegliere il suo destino, scegliendo di rimanere fedele alla promessa fatta a mio padre il giorno del loro matrimonio: “Tua per sempre, nella vita e nella morte.”
Ho occupato il posto di mio padre nella banca che lui dirigeva insieme a suo padre.
Non sono mai riuscito a dire a mia madre un “Ti voglio bene”, non so perché, ma non gliel’ho mai detto neanche quando è morta.
Ora ho un bambino, mia madre mi manca immensamente, anche se ora so che lei è lassù, con la persona che ha amato di più in tutta la sua vita.
Mio figlio mi chiede spesso di raccontargli la storia che vi ho appena narrato.
È un bambino così dolce; l’ho chiamato Davide, in ricordo di mio padre, cui voglio molto bene; e quando lui mi chiede di suo nonno, posso solo rispondergli che lui è un angelo, mandato appositamente da Dio, il cui unico compito è stato quello di rendere felice mia madre, nonostante sia stato per così poco tempo.
Mia madre visse il resto della sua vita all’ombra di un ricordo, un tenero ricordo di quegli unici anni concessi da Dio a mio padre: Davide.
Fine
Padre mio, non so perché ti sto scrivendo, forse perché mamma se n’è appena andata, ti ha raggiunto, e ora siete insieme.
È appena nato il mio bambino, l’ ho chiamato come te papà, amo mia moglie, è bellissima, proprio come lo era la mamma per te.
Quel giorno, solo quel maledetto giorno ho capito quanto l’ amassi, ma non hai potuto dimostrarglielo, perché c’ eravamo Renato ed io; ti sei accontento di quel bacio, che mamma non sapeva sarebbe stato il tuo ultimo bacio; non capisco perché tu ti sia tenuto dentro il fatto che sapessi già da anni di dover morire così presto.
In quei nove anni vissuti insieme ci hai insegnato cosa vuol dire vita; ma la nostra vita l’hai segnata tu, abbiamo diviso la stessa strada, ma tu l’hai fatto con la forza di non far trasparire quei sogni maledetti che ogni giorno si facevano più insistenti, e ti rubavano l’anima, fino a impedirti di rivelarlo a mamma.
Cosa non farei per ridarti il tempo della vita, quella vita che l’uomo che ti ha ucciso ti ha rubato per sempre.
Crescendo mi sono accorta di somigliare sempre di più a te nei tuoi sorrisi e nella paura di non rivedere più la persona amata.
Ho imparato a credere che tu non abbia vissuto invano papà, sei vissuto per rendere felice mamma, l’ho capito quando mi hai guardato con quegli occhi innamorati per l’ultima volta, mentre ti allontanavi andando incontro al tuo destino.
Ora posso dirlo papà, mi manchi, mi manca la tua follia nell’essere unico al mondo.
Come mamma non riesco, posso perdonare chi ti ha strappato alla vita.
Mamma ha vissuto i suoi ultimi anni aspettando di rivederti con ansia, lei ci ha cresciuti, ma solo quando io e mio fratello siamo diventati grandi, abbiamo capito che era malata, per tutta la vita non aveva fatto altro che pensare a noi, senza mai pensare a sé stessa, ma quando non l’ha più fatta a vivere senza te, ha deciso di raggiungerti, poiché ti desiderava immensamente.
Ma ora so che è felice, perché si trova fra le tue braccia che la sorreggono cullandola.
È appena nato il mio bambino, l’ ho chiamato come te papà, amo mia moglie, è bellissima, proprio come lo era la mamma per te.
Quel giorno, solo quel maledetto giorno ho capito quanto l’ amassi, ma non hai potuto dimostrarglielo, perché c’ eravamo Renato ed io; ti sei accontento di quel bacio, che mamma non sapeva sarebbe stato il tuo ultimo bacio; non capisco perché tu ti sia tenuto dentro il fatto che sapessi già da anni di dover morire così presto.
In quei nove anni vissuti insieme ci hai insegnato cosa vuol dire vita; ma la nostra vita l’hai segnata tu, abbiamo diviso la stessa strada, ma tu l’hai fatto con la forza di non far trasparire quei sogni maledetti che ogni giorno si facevano più insistenti, e ti rubavano l’anima, fino a impedirti di rivelarlo a mamma.
Cosa non farei per ridarti il tempo della vita, quella vita che l’uomo che ti ha ucciso ti ha rubato per sempre.
Crescendo mi sono accorta di somigliare sempre di più a te nei tuoi sorrisi e nella paura di non rivedere più la persona amata.
Ho imparato a credere che tu non abbia vissuto invano papà, sei vissuto per rendere felice mamma, l’ho capito quando mi hai guardato con quegli occhi innamorati per l’ultima volta, mentre ti allontanavi andando incontro al tuo destino.
Ora posso dirlo papà, mi manchi, mi manca la tua follia nell’essere unico al mondo.
Come mamma non riesco, posso perdonare chi ti ha strappato alla vita.
Mamma ha vissuto i suoi ultimi anni aspettando di rivederti con ansia, lei ci ha cresciuti, ma solo quando io e mio fratello siamo diventati grandi, abbiamo capito che era malata, per tutta la vita non aveva fatto altro che pensare a noi, senza mai pensare a sé stessa, ma quando non l’ha più fatta a vivere senza te, ha deciso di raggiungerti, poiché ti desiderava immensamente.
Ma ora so che è felice, perché si trova fra le tue braccia che la sorreggono cullandola.
Emanuele
Letto 2816
volte
Pubblicato in
Vostri racconti
Ultimi da Redazione
Devi effettuare il login per inviare commenti