Il folletto
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Il folletto
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Aveva provato a parlarne a qualcuno, ma niente, non l’ avevano mai creduto, sempre e solo deriso, preso in giro e basta.
Eppure lui aveva questo peso, non ce la faceva più. Voleva liberarsene ma non poteva. “Lui” avrebbe fatto di sicuro qualcosa, era impossibile, ci aveva pensato molte volte, niente, non aveva trovato una soluzione.
La sua vita era cambiata quando una sera, che lui ricordava bene, aveva trovato sul suo comò un folletto, non un semplice folletto, ma un mostro, un mostriciattolo marrone con chiazze nere, i denti canini che sporgevano dalla bocca, sempre se si poteva chiamare bocca quella specie di squarcio che aveva sul muso. Occhi neri e spenti come quelli di uno squalo, due orecchie grandi e pelose che avrebbe sentito il rumore di uno spillo che cade a terra.
L’ aveva trovato lì, dopo che era tornato a casa. Non se ne accorse subito, visto che aveva altri pensieri per la testa. Si era appena lasciato con la sua ragazza. Sette anni di fidanzamento buttati al vento. L’aveva conosciuta a scuola, si erano innamorati e da lì tutto normale, troppo normale e alla fine lei si stufò. Fu proprio questo il motivo della loro rottura e furono: “ mi annoio, ho perso sette anni della mia vita con te”, le parole che lo ferirono di più. Sbattendogli la porta in faccia lo aveva lasciato lì, sul pianerottolo di casa, fermo immobile a cercare di capire, cosa poi non lo sapeva neanche lui, era finito, tutto qui. Non aveva replicato, non aveva provato a rispondere a quelle miserabili offese, come sempre aveva subito, come aveva fatto del resto in quei sette anni. Si dice sempre che in una coppia c’è chi ama di più, nel suo caso non aveva dubbi, il più innamorato era da sempre stato lui. Aveva spesso dubitato del suo amore, quel giorno ne aveva avuto la conferma.
Quella sera, nella sua camera, sul suo comò, aveva trovato un folletto.
Lo aveva sempre chiamato “folletto” senza un motivo, non aveva letto molte favole, ma era convinto che i folletti non avessero quell’aspetto, o per lo meno credeva cosi. Troppo brutto, troppo orrendo, quasi inquietante.
Era rimasto fermo a fissarlo, non credeva ai propri occhi, la sua mente ogni tanto proiettava immagini di lei che gli sbatteva la porta in faccia, ma la vista di quel “mostro” cancellava ogni traccia di pensiero, ogni possibilità di pensare ad altro. Era lì, e non si muoveva.
Pensava che i suoi occhi lo stessero tradendo, che la sua collera, l’amarezza, il rimpianto di aver perso un amore gli avessero provocato un’allucinazione. Eppure quel coso era li, fermo, e lo guardava.
Alla fine il folletto parlò, senza muovere bocca, direttamente collegato con il suo cervello, fissandolo con quegli occhi privi di luce, vuoti.
Tu d’ora in poi farai quello che ti dirò…o ucciderò la tua famiglia, quello che hai di più caro.
Lui tremava e lo fissava, alla fine prima di aprire bocca e dire: “ perché proprio io…chi sei?”, il folletto gli rispose, come se lo avesse letto nel pensiero e cosi era.
Io sono qui per aiutarti…chi sono, tu lo sai, perché ho scelto te, tu lo sai. Ora basta con le domande farai quello che dico io.
Lo aveva fissato ancora, non poteva distogliere lo sguardo, non poteva pensare, lui vedeva, lui sapeva.
La mattina si era svegliato e lo aveva trovato accanto alla sua scrivania, seduto. Dovunque andasse lo trovava lì con lui. A lavoro una volta gli fece prendere uno spavento quando sbucò da sotto la sua scrivania.
I primi tempi non ne aveva mai parlato a nessuno, aveva solo eseguito gli ordini, come un perfetto schiavo.
Aveva mandato lettere d’amore alla sua ex ragazza, come gli aveva ordinato il folletto. Aveva passato notti camminando per le strade della sua città, imbrattando i muri con scritte amorose rivolte naturalmente alla sua ex, aveva fatto telefonate anonime e poi aveva riattaccato dopo aver sentito la sua voce. Il folletto gli aveva detto di fare tutto questo. Perché poi, non lo sapeva nemmeno lui, ma doveva farlo, lui lo minacciava, lui vedeva, lui sapeva.
Una volta il folletto gli disse di seguire la sua ex e cosi fece. Lei era uscita con un ragazzo, un collega di lavoro ed erano andati a mangiare qualcosa fuori. Lui li seguì fino al ristorante, poi, per ordine del folletto, bruciò la macchina di quel poveraccio che era uscito con la sua ex.
Una volta lo vennero a trovare dei poliziotti a casa, per alcune domande. Lo avevano accusato di aver bruciato una macchina, di aver scritto su tutti i muri della città frasi amorose. Lo avevano accusato di molestie, nei confronti della sua ex, di averla pedinata, di averla importunata. Lui aveva negato tutto. Le accuse caddero per mancanza di prove.
Erano passati alcuni mesi e la sua vita era cambiata. Era stato licenziato dal lavoro, tanto,era da tempo che non ci andava più.
A casa i suoi genitori si preoccuparono e decisero di farlo seguire da uno psichiatra, lui rifiutò la proposta e si arrabbiò con loro dicendogli che non dovevano impicciarsi di affari che non li riguardavano.
Ormai non parlava più con nessuno, solo con lui, il suo folletto, che alla fine si era dimostrato molto più amico lui che tutti i suoi amici messi assieme, visto che una volta aveva provato a parlare del suo problema, della sua tristezza per quell’amore perduto e di quel mostriciattolo che continuava a minacciarlo ma lo avevano preso in giro. Il folletto si arrabbiò e lo fece digiunare per due giorni, poi lo fece licenziare ordinandogli che non sarebbe più andato a lavoro.
Erano passati altri mesi e lui era ridotto ad uno straccio, in casa non parlava con nessuno, per strada girovagava senza una meta, la gente lo guardava come se fosse un appestato. Forse il suo look trasandato e il suo puzzare, visto che si lavava una volta ogni due settimane, lo faceva sembrare un perfetto barbone, ma lui non era certo cosi, stava solo attraversando un momento della sua vita, presto tutto sarebbe cambiato, il folletto glielo aveva detto.
Infatti una sera tutto cambiò. La sua ex ragazza, che lui aveva tanto amato, si era decisa a trasferirsi in un’altra città, con un uomo che aveva conosciuto da poco. Sarebbero andati a convivere a casa di lui.
Il folletto gli disse che tutti i suoi sforzi quel giorno avrebbero avuto la giusta ricompensa.
Lui, quel giorno andò nei pressi della discarica di rifiuti, una discarica che avevano costruito nella sua città molti anni fa e che adesso era completamente abbandonata, superò la staccionata e dopo aver attraversato il prato arrivò nei pressi della ferrovia e si mise seduto accanto ai binari.
Il folletto gli aveva detto il piano, un piano che aveva preparato a posta per lui, per fargli riconquistare il suo amore.
Intanto seduto aspettava il treno e guardava il folletto che stava seduto su un masso fra i cespugli. Telepaticamente si parlarono:
- E’ arrivato il tuo momento, fai come ti ho detto e tutto si aggiusterà, riavrai la tua ragazza, la donna che ami. Il mio compito finisce qua, non ti servo più, il mio scopo l’ ho raggiunto. Ti rimetterai con lei, perché è con lei che devi stare e passare il resto della tua vita, è scritto nelle stelle. Un amore come il tuo non può finire cosi. E’ lei la donna che ami.
Lo era stato a sentire senza dire niente, pensando solamente a quanto fossero vere quelle parole.
Si guardarono per un istante, poi vide quel folletto, quell’amico che lo aveva aiutato, dissolversi nell’aria e sparire per sempre.
Lui rimase ad aspettare, poi sentì il treno avvicinarsi.
Si alzò in piedi e si mise al centro dei binari. Aspettando.
Il folletto gli aveva detto che facendo cosi il treno si sarebbe fermato, lei sarebbe scese e gli sarebbe corsa incontro, piangendo, e gridandogli amore eterno, come lui aveva sempre immaginato in uno dei suoi tanti sogni.
Lui pensava e sorrideva, il treno correva verso di lui, ma la sua mente correva più forte, andava avanti, tra le immagini di un futuro che sarebbe arrivato presto.
La sua mente non si fermava, andava lontano, sempre più lontano…
…in piedi, all’uscita di una chiesa, lui vestito di nero, lei vestita da sposa, intorno a loro una pioggia di riso…
…a casa, nel loro letto, avvinghiati in un abbraccio, a fare l’amore per tutta la notte.
…loro due, in ospedale, lei sdraiata su un lettino, lui con il loro figlio in braccio.
…insieme, passeggiando su un parco, mano nella mano, lui che si gira verso di lei e….
Il treno era ormai vicino, frenò di colpo e le ruote si arrestarono con uno scatto facendo brillare ai lati una pioggia di scintille rosse.
Lui sentì il fischio stridente del treno ormai troppo vicino per fermarsi, ma non se ne preoccupò.
Avvolto nei suoi pensieri continuò il suo viaggio mentale inebriato da una sensazione di felicità che non aveva mai provato.
Era troppo lontano per riportare la mente indietro, troppo belle quelle immagini per aprire gli occhi e cancellarle, troppo grandi quelle emozioni per non restare fermo e godersi quegli istanti.
Da un occhio scese una lacrima, che non arrivò mai al suo sorriso.
Eppure lui aveva questo peso, non ce la faceva più. Voleva liberarsene ma non poteva. “Lui” avrebbe fatto di sicuro qualcosa, era impossibile, ci aveva pensato molte volte, niente, non aveva trovato una soluzione.
La sua vita era cambiata quando una sera, che lui ricordava bene, aveva trovato sul suo comò un folletto, non un semplice folletto, ma un mostro, un mostriciattolo marrone con chiazze nere, i denti canini che sporgevano dalla bocca, sempre se si poteva chiamare bocca quella specie di squarcio che aveva sul muso. Occhi neri e spenti come quelli di uno squalo, due orecchie grandi e pelose che avrebbe sentito il rumore di uno spillo che cade a terra.
L’ aveva trovato lì, dopo che era tornato a casa. Non se ne accorse subito, visto che aveva altri pensieri per la testa. Si era appena lasciato con la sua ragazza. Sette anni di fidanzamento buttati al vento. L’aveva conosciuta a scuola, si erano innamorati e da lì tutto normale, troppo normale e alla fine lei si stufò. Fu proprio questo il motivo della loro rottura e furono: “ mi annoio, ho perso sette anni della mia vita con te”, le parole che lo ferirono di più. Sbattendogli la porta in faccia lo aveva lasciato lì, sul pianerottolo di casa, fermo immobile a cercare di capire, cosa poi non lo sapeva neanche lui, era finito, tutto qui. Non aveva replicato, non aveva provato a rispondere a quelle miserabili offese, come sempre aveva subito, come aveva fatto del resto in quei sette anni. Si dice sempre che in una coppia c’è chi ama di più, nel suo caso non aveva dubbi, il più innamorato era da sempre stato lui. Aveva spesso dubitato del suo amore, quel giorno ne aveva avuto la conferma.
Quella sera, nella sua camera, sul suo comò, aveva trovato un folletto.
Lo aveva sempre chiamato “folletto” senza un motivo, non aveva letto molte favole, ma era convinto che i folletti non avessero quell’aspetto, o per lo meno credeva cosi. Troppo brutto, troppo orrendo, quasi inquietante.
Era rimasto fermo a fissarlo, non credeva ai propri occhi, la sua mente ogni tanto proiettava immagini di lei che gli sbatteva la porta in faccia, ma la vista di quel “mostro” cancellava ogni traccia di pensiero, ogni possibilità di pensare ad altro. Era lì, e non si muoveva.
Pensava che i suoi occhi lo stessero tradendo, che la sua collera, l’amarezza, il rimpianto di aver perso un amore gli avessero provocato un’allucinazione. Eppure quel coso era li, fermo, e lo guardava.
Alla fine il folletto parlò, senza muovere bocca, direttamente collegato con il suo cervello, fissandolo con quegli occhi privi di luce, vuoti.
Tu d’ora in poi farai quello che ti dirò…o ucciderò la tua famiglia, quello che hai di più caro.
Lui tremava e lo fissava, alla fine prima di aprire bocca e dire: “ perché proprio io…chi sei?”, il folletto gli rispose, come se lo avesse letto nel pensiero e cosi era.
Io sono qui per aiutarti…chi sono, tu lo sai, perché ho scelto te, tu lo sai. Ora basta con le domande farai quello che dico io.
Lo aveva fissato ancora, non poteva distogliere lo sguardo, non poteva pensare, lui vedeva, lui sapeva.
La mattina si era svegliato e lo aveva trovato accanto alla sua scrivania, seduto. Dovunque andasse lo trovava lì con lui. A lavoro una volta gli fece prendere uno spavento quando sbucò da sotto la sua scrivania.
I primi tempi non ne aveva mai parlato a nessuno, aveva solo eseguito gli ordini, come un perfetto schiavo.
Aveva mandato lettere d’amore alla sua ex ragazza, come gli aveva ordinato il folletto. Aveva passato notti camminando per le strade della sua città, imbrattando i muri con scritte amorose rivolte naturalmente alla sua ex, aveva fatto telefonate anonime e poi aveva riattaccato dopo aver sentito la sua voce. Il folletto gli aveva detto di fare tutto questo. Perché poi, non lo sapeva nemmeno lui, ma doveva farlo, lui lo minacciava, lui vedeva, lui sapeva.
Una volta il folletto gli disse di seguire la sua ex e cosi fece. Lei era uscita con un ragazzo, un collega di lavoro ed erano andati a mangiare qualcosa fuori. Lui li seguì fino al ristorante, poi, per ordine del folletto, bruciò la macchina di quel poveraccio che era uscito con la sua ex.
Una volta lo vennero a trovare dei poliziotti a casa, per alcune domande. Lo avevano accusato di aver bruciato una macchina, di aver scritto su tutti i muri della città frasi amorose. Lo avevano accusato di molestie, nei confronti della sua ex, di averla pedinata, di averla importunata. Lui aveva negato tutto. Le accuse caddero per mancanza di prove.
Erano passati alcuni mesi e la sua vita era cambiata. Era stato licenziato dal lavoro, tanto,era da tempo che non ci andava più.
A casa i suoi genitori si preoccuparono e decisero di farlo seguire da uno psichiatra, lui rifiutò la proposta e si arrabbiò con loro dicendogli che non dovevano impicciarsi di affari che non li riguardavano.
Ormai non parlava più con nessuno, solo con lui, il suo folletto, che alla fine si era dimostrato molto più amico lui che tutti i suoi amici messi assieme, visto che una volta aveva provato a parlare del suo problema, della sua tristezza per quell’amore perduto e di quel mostriciattolo che continuava a minacciarlo ma lo avevano preso in giro. Il folletto si arrabbiò e lo fece digiunare per due giorni, poi lo fece licenziare ordinandogli che non sarebbe più andato a lavoro.
Erano passati altri mesi e lui era ridotto ad uno straccio, in casa non parlava con nessuno, per strada girovagava senza una meta, la gente lo guardava come se fosse un appestato. Forse il suo look trasandato e il suo puzzare, visto che si lavava una volta ogni due settimane, lo faceva sembrare un perfetto barbone, ma lui non era certo cosi, stava solo attraversando un momento della sua vita, presto tutto sarebbe cambiato, il folletto glielo aveva detto.
Infatti una sera tutto cambiò. La sua ex ragazza, che lui aveva tanto amato, si era decisa a trasferirsi in un’altra città, con un uomo che aveva conosciuto da poco. Sarebbero andati a convivere a casa di lui.
Il folletto gli disse che tutti i suoi sforzi quel giorno avrebbero avuto la giusta ricompensa.
Lui, quel giorno andò nei pressi della discarica di rifiuti, una discarica che avevano costruito nella sua città molti anni fa e che adesso era completamente abbandonata, superò la staccionata e dopo aver attraversato il prato arrivò nei pressi della ferrovia e si mise seduto accanto ai binari.
Il folletto gli aveva detto il piano, un piano che aveva preparato a posta per lui, per fargli riconquistare il suo amore.
Intanto seduto aspettava il treno e guardava il folletto che stava seduto su un masso fra i cespugli. Telepaticamente si parlarono:
- E’ arrivato il tuo momento, fai come ti ho detto e tutto si aggiusterà, riavrai la tua ragazza, la donna che ami. Il mio compito finisce qua, non ti servo più, il mio scopo l’ ho raggiunto. Ti rimetterai con lei, perché è con lei che devi stare e passare il resto della tua vita, è scritto nelle stelle. Un amore come il tuo non può finire cosi. E’ lei la donna che ami.
Lo era stato a sentire senza dire niente, pensando solamente a quanto fossero vere quelle parole.
Si guardarono per un istante, poi vide quel folletto, quell’amico che lo aveva aiutato, dissolversi nell’aria e sparire per sempre.
Lui rimase ad aspettare, poi sentì il treno avvicinarsi.
Si alzò in piedi e si mise al centro dei binari. Aspettando.
Il folletto gli aveva detto che facendo cosi il treno si sarebbe fermato, lei sarebbe scese e gli sarebbe corsa incontro, piangendo, e gridandogli amore eterno, come lui aveva sempre immaginato in uno dei suoi tanti sogni.
Lui pensava e sorrideva, il treno correva verso di lui, ma la sua mente correva più forte, andava avanti, tra le immagini di un futuro che sarebbe arrivato presto.
La sua mente non si fermava, andava lontano, sempre più lontano…
…in piedi, all’uscita di una chiesa, lui vestito di nero, lei vestita da sposa, intorno a loro una pioggia di riso…
…a casa, nel loro letto, avvinghiati in un abbraccio, a fare l’amore per tutta la notte.
…loro due, in ospedale, lei sdraiata su un lettino, lui con il loro figlio in braccio.
…insieme, passeggiando su un parco, mano nella mano, lui che si gira verso di lei e….
Il treno era ormai vicino, frenò di colpo e le ruote si arrestarono con uno scatto facendo brillare ai lati una pioggia di scintille rosse.
Lui sentì il fischio stridente del treno ormai troppo vicino per fermarsi, ma non se ne preoccupò.
Avvolto nei suoi pensieri continuò il suo viaggio mentale inebriato da una sensazione di felicità che non aveva mai provato.
Era troppo lontano per riportare la mente indietro, troppo belle quelle immagini per aprire gli occhi e cancellarle, troppo grandi quelle emozioni per non restare fermo e godersi quegli istanti.
Da un occhio scese una lacrima, che non arrivò mai al suo sorriso.
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