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Il matrimonio

Il matrimonio

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“Che bella ragazza! E pure intelligente!” ; “Sì, è vero, lui è proprio fortunato!” ; “Hai visto che bel vestito? E con che classe lo porta?” ; “Sì, si vede proprio che appartiene a quella famiglia…”. In un paese piccolo come il suo sono questi i complimenti migliori che una sposa possa desiderare il giorno del suo matrimonio… Francesca non si sentiva bella, e nemmeno questo grande genio, e pensava di essere lei la fortunata, quel giorno. La sera prima non aveva dormito granchè, ma non per la banale emozione di tutte le spose. Pensava al passato, invece che al futuro. Era fatta così: gli eventi per lei non segnavano l’inizio di qualcosa, ma la fine del precedente. Così era stata la prima comunione: nasci e ti battezzano e tu non sai perché, impari a camminare e a parlare e tu non sai come, vai all’asilo e poi a scuola e tu non sai quando, perché il tempo non sai ancora bene cos’è, il giorno della prima comunione ti vestono di bianco, ti dicono che in quello che mangerai per la prima volta c’è Gesu’ e tu non sai chi è. A nove anni concluse che la vita è un insieme di azioni inconsapevoli. Così era stato il primo giorno delle superiori: finisci le elementari e ti iscrivi alle scuole medie, perché devi, frequenti il primo anno e scopri che i tuoi coetanei non giocano piu’ con le bambole, ma con le persone, perché una con cui giocano sei tu, frequenti il secondo anno e impari a giocare anche tu, perché puoi –ora hai imparato il gioco- frequenti il terzo anno e speri che tutto finisca presto, perché è necessario, ti iscrivi alle superiori, perché ormai non c’è nient’altro da fare. A quattordici anni concluse che la vita è un insieme di azioni consequenziali. Così era stato il primo giorno di Università: frequenti le lezioni del tuo liceo perché tutti sanno già che farai l’Università, al secondo anno ti prendi la prima cotta per un tipo che nemmeno sa che esisti, perché tutti sanno che è una tappa dell’adolescenza, al terzo qualcuno si accorge che esisti, perché tutti sanno che una ragazza verso i quindici anni “matura”, al quarto pensi che stai diventando maggiorenne, ma sei uguale a prima, perché tutti sanno che la maggiore età è la stella alpina delle diciassettenni, al quinto diventi maggiorenne e ti prendi quel benedetto pezzo di carta, perché ormai tu sai che non è cambiato niente. A diciannove anni concluse che la vita è un insieme di azioni giuste per gli altri e forse non per te, finchè arriva una consapevolezza che è la verità per te, ma che gli altri non sanno o non vogliono accettare… L’anno dopo Francesca conobbe Fabio, coetaneo. Frequentava il suo stesso corso di laurea e quel giorno lui si sedette vicino a lei; le disse: ” Ma perché tu capisci tutto e io, forse, appena la metà?”. Così iniziò il loro amore. E quel giorno, vestita di bianco, invece di pronunciare il fatidico sì, si rivolse a Fabio, con gli occhi di qualcuno che dice quello che ha sempre saputo, ma per cui non ha mai trovato le parole adatte, sorpresa e inquieta:” Sono io che ho capito, forse, appena la metà”. Così finì il loro amore.
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