Il Parco
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Il Parco
Racconto di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ">Francesco Ferrari (feris)
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Quando alzai la testa ebbi un momento di smarrimento… dove mi trovavo chi ero.. poi con la giusta dose di riflessione mi accorsi di essere lì nel parco seduto su quella vecchia panchina cigolante.. dalla quale la luna poteva guardarmi tacita e solenne….intorno a me i barboni avevano occupato tutte le stanze che quel vecchio e accogliente parco poteva gestire…. Tutti lì sdraiati con addosso il resto di quella poca vita che il destino aveva loro regalato… ed io sempre lì… come ogni sera da un mese circa, seduto con le gambe stese e la schiena dipinta sulla spalliera, con la testa sospesa verso il cielo… il vento spostava i forti bracci dell’enorme albero che al centro del parco come un operatore dietro la cinepresa mostrava sul cinereo manto mattonellato contrastanti giochi di luce lunea… era il mio cinema, in quelle luci scoprivo ogni volta ombre diverse della vita che mi trascinavo addosso come una scarpa lucidata per coprire il tempo, le macchie e insieme tutti i ricordi…. Destato dai miei sogni mi accingevo a tornare a casa, forte di un’altra serata in compagnia del vento… che soave mi accarezzava il viso e i capelli tutti, come una mano gentile desiderosa del mio contatto… appena in piedi volsi lo sguardo verso la strada di casa e la coda dell’occhio mi invitò verso una scura ombra sulla mia destra…. Accettato l’invito portai l’intero sguardo verso di lei, e in quella scorsi i lineamenti di un vecchio stipato in un paltò scuro, riparato ai piedi di un folto cespuglio, che mescolava i suoi striminziti rami ai folti capelli del vecchio. Notai subito che mi guardava sorridente… la mia curiosità si spostò su quel sorriso e mi portai verso di lui rispondendo con le labbra a quel armonioso cenno…. “fa freschetto stasera non trova…” gli dissi stringendo un po’ le spalle, “si….Il vento stasera si diletta a suonare note rigide” rispose lui… e subito aggiunse “hai con te qualche moneta?” Io non stupito infilai la mano nella tasca e tirai fuori un paio di monete, mi avvicinai a lui e stesi la mano… “no, no” disse il vecchio scuotendo la mano e stimolando in me curiosità… “non voglio la tua carità, voglio venderti qualcosa” le sue parole mi fecero pensare colpevole alla sua voglia di conservare dignità… e ritirai la mano chiudendo il pugno dicendo “mi spiace non volevo offenderla, cosa vorrebbe vendermi?” e lui “non preoccuparti caro ragazzo.. io voglio venderti la cosa più bella del mondo”. La mia curiosità ormai era allo stremo, e divenne ancora più forte quando vidi che metteva la mano tremante dentro la tasca del suo paltò, che si mostrava poco generosa a quell’immissione…, tiro fuori a fatica un piccolo foglio di carta malconcio e visibilmente datato visto il colore giallastro che lo caratterizzava…. Lo portò vicino agli occhi come per leggere qualcosa e alzato lo sguardo sempre sorridente disse stendendo la mano “tieni e custodiscilo bene questo è il tesoro più grande della mia vita…”. Io portai la mano avida verso il foglietto, lo presi e con l’altra gli diedi le monete dicendo “non so se bastano… ma è tutto quello che ho in questo momento” e lui “basteranno ma ricorda di custodirlo sempre…” “Lo farò” aggiunsi io, ringraziando e salutandolo…. Appena volsi le spalle al vecchio non ebbi il coraggio di guardare subito il foglio malconcio, non fosse altro che per evitare di offendere con il mio volto, magari deluso, la poca dignità che quel vecchio sorridente difendeva… mi girai ancora una volta per salutarlo e lui ricambiò alzando la mano… appena mi voltai per riprendere il cammino verso casa… alzai la mano che stringeva il foglietto e diedi soddisfazione alla mia curiosità… leggevo appena quello che era scritto sul foglio poiché il tempo aveva portato via con se un po’ di lucentezza all’inchiostro e aveva invece donato colore alla carta che lo conteneva… ecco ora grazie alla luce amica di un lampione riuscivo a leggere il contenuto di tanto affanno… in alto c’era scritto… “alla mia dolce Laura” e continuava dicendo… “è passato un mese da quando ti ho vista fuggire in mezzo a milioni di sguardi… confondendo il tuo per paura di farmi male… non trovo più parole, non trovo più candore, in mezzo a quegli sguardi comuni hai nascosto il mio amore…. Oggi mi sento vinto da un amore che posso solo ricordare… mi sento bugiardo nei confronti di un cuore che ti cerca e al quale sospiro… tornerà, ma soprattutto mi sento solo, perché tu eri la mia compagnia , la mia mancante fetta di anima, la destinataria di tutto il mio amore e la casa del mio cuore… non so se troverò il coraggio di consegnarti questa lettera ma se il nostro amore è vero, anche se la mia mano la terrà stretta, a te giungerà in mezzo a quei milioni di sguardi con un soffio di vento… ” in basso c’era il suo nome - suppongo - ma il tempo ne aveva lasciato solo una piccola traccia, e poco più a destra la data “22 ottobre 1978…” Tornai con la mente alle parole del vecchio, a quando diceva che era per lui la cosa più bella del mondo, e sentii il mio cuore stringersi al pensiero che quell’inestimabile tesoro era il suo amore… una scossa di brividi attraversò il mio corpo e fece danzare quel foglietto tra le mie mani… mi voltai con lo sguardo al parco e pensai che quello che stringevo fra le mani era tutta la vita di quel povero vecchio, il suo tesoro e decisi di riportarglielo… non era giusto che lo tenessi io… allora mi incamminai con passo svelto nuovamente verso il parco e intanto pensavo al fatto che forse non aveva mai avuto il coraggio di consegnarlo alla sua Laura e che si era lasciato morire dietro tutta la sua vita visto lo stato in cui era ormai ridotto… le domande dentro me superavano nel numero i passi, ero tormentato da una serie di quesiti e dai sensi di colpa per aver portato via a quel vecchio quel che restava della sua vita…ecco il parco… ed ecco il vecchio… mi avvicinai alla sua forma inanimata. Lui alzò la testa e mi vide… io con gli occhi carichi di affetto gli porsi il biglietto e lui con evidente commozione stese la mano e riprese il foglietto….lo guardò come si guarda una persona che ritorna a te dopo anni, ne scrutò ogni piccolo angolo poi lo strinse forte al petto chiudendo gli occhi e quando li riaprì le lacrime irrigarono quell’arida pelle… poi con una voce tremolante mi disse: “grazie per avermi dato ancora una volta la possibilità di ricordare. Ma ora riprendilo…” “no, no, non posso prenderlo è giusto che sia suo” risposi io facendo un passo in dietro, e subito lui “no… è stato mio per tanto tempo io ormai sono vecchio e presto le mie forze mi lasceranno per sempre… non voglio portarlo dove il buio non mi permetterà più di leggerlo… voglio lasciarlo dove la luce ne esalterà ancora la vita e dove il vento potrà trovarlo per portarlo, come è nel suo destino, a lei”.
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