Inframundus
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“Shaddomai! Turunni! Gazomadh!”
Togliersi di dosso l’uggia di un Intero Periodo Lavorativo è un desiderio più che legittimo, specie se le cose non sono andate come si deve e magari non si è riusciti a ritirare il proprio Gettone della Decima (anima) in Portineria: è sempre più raro stipulare patti con quelli del Mondo Terreno così come si faceva una volta, quand’erano ancora tutti ingenui e boccaloni e in quattro e quattr’otto ogni buon diavolo poteva mettere da parte le dieci anime da consegnare ai propri Superiori. Oggi è tutto più difficile, gli uomini sono cinici e disincantati e le entrate qui ad Inferno dipendono quasi esclusivamente dai trapassati i cui curriculum automaticamente decretano la loro destinazione ultima. Come compenso, però, c’è da dire che la malvagità alligna assai più ora che in passato e i condotti delle anime sono sempre più intasati per il grande afflusso di essenze non troppo pure. Ciò non toglie ovviamente che un diavolo possa prendersela comoda e consegnare un numero d’anime inferiore a quello stabilito dalle circolari vigenti: se però si abbassasse il numero a cinque, sarebbe meglio, dico io. Al prossimo Consiglio degli Inferiori proporrò la cosa, anche se personalmente posso stare tranquillo e godermi alcuni periodi di riposo in più grazie ai tre gettoni che ho vinto al mio collega Nardoschio Taronleo scommettendo su alcune contese di tentazione avvenute su, dai mortali.
Se però gli stressanti turni nel Mondo Terreno mi erano risparmiati per un po’, i servizi interni del mio Girone divenivano sempre più pesanti e noiosi, complice anche la scarsità di personale (il Girone del Cerulo Grifo è noto per la sua grande indisciplinatezza e la maggior parte dei diavoli è costantemente segregata in punizione a vari livelli della Fredda Pozza) perciò a fine giornata era indispensabile godere di un po’ di sollievo, magari in allettante compagnia. Che le Gerarchie Superiori si tengano pure i loro conciliaboli presso il Gran Grande Cornuto, con i loro poetastri sciamannati e lecchini, noi diavoli del proletariato abbiano il Locale di Nebiros Alstefanio ed era proprio di Inframondo che avevo assoluto bisogno.
Allestire il Pre-Portale, attraversarlo con le coordinate d’arrivo ben impresse tra le corna e chiudere il Varco, erano cose che ormai facevo quasi inconsciamente, tutto preso dal desiderio di assaporare quello straordinario ed effimero istante del primo contatto con Inframondo, sempre diverso, sempre nuovo, sempre appagante. Il segreto sta tutto nell’eccitare al massimo la propria ricettività, i propri canali sensitivi, vista, olfatto, udito, tatto… un fugace lampo ed Inframondo tutt’intorno a te, sopra, sotto, dentro di te, pronto ad aggredirti, possederti, gustarti, rivoltarti come un guanto. Grande sensazione, anche quella volta! Piombai ad Inframondo e ne fui violentato: una cacofonica babele di suoni, grida, rumori, latrati, gemiti esplose nei miei orecchi, fumi sulfurei spiraleggianti in mille forme falliche baluginarono nei miei occhi, già un paio di giovani empuse si erano incollate come ventose sulle mie braccia, bramose di umori nuovi, mentre un’idra color giada mi sollevava tra le sue fauci inghiottendomi immediatamente. Ne uscii subito senza essere prima digerito, nuotando tra le tenere carni instabili: non mi andava di essere divorato mentre ero ancora così sobrio.
Inframondo era strapieno: vidi fugacemente gorgoni, ghoul, vampiri, golem, troll, naiadi delle fonti e driadi boschive, demoni di tutte le risme, creature fungoidi, esseri di ogni foggia e colore brulicare davanti, intorno, sopra di me, tra i bassi colonnati del Locale. Salutai distrattamente Agaliareth Fabionte, un mio collega, semiassorbito da una sorta di trasparente pus senziente che si espandeva anche a mezz’aria, provocando il catastrofico solletico di un gigantesco satiro imbizzarrito e propenso a spiaccicare chiunque gli capitasse tra i poderosi zoccoli. Mi scrollai di dosso le due sazie empuse che schizzarono in cerca di altri donatori e cercai nella baraonda di corpi ammassati e pulsanti il Dragone semovente che era il bancone di Nebiros, serpeggiante in quasi tutti gli anfratti e le nicchie di Inframondo, pronto a servire ogni creatura di una sterminata varietà di beveraggi. Il Dragobar mi colse inaspettatamente alle spalle, sfrecciando come un bolide tra le orge tutt’intorno: intravidi Nebiros occupato a mungerne lo sperma frizzante aiutato dai demoni baristi. Lui non mi vide e allora acchiappai una delle onnipresenti sfingette volanti e feci la mia ordinazione.
Volevo gustarmi il gran movimento di Inframondo senza entrare ancora in azione, perciò allestii il Vestibolo del Pre-Portale e mi creai una trasparente nicchia personale. Due allegre vampire riuscirono ad introdurvisi in fase di allestimento e dovetti faticare non poco per dissuaderle dai loro intendimenti: le dirottai verso un Pre-Portale in formazione accanto a me, sogghignando nel vedere apparire Sargatanas Andreschio, custode del portale dei Tre Forconi, notoriamente allergico ai succhiasangue. La sfingetta tornò con l’Infuso di Midollo di Eremita che avevo ordinato a Nebiros e si fece spremere nell’infuso stesso, cosa che avrebbe insaporito il cranietto di zarpo galleggiante.
Mi rilassai, gustandomi bevanda e veduta: una monumentale orgia tra demoni e diavolesse dei nuovi contingenti approvati dal Gran Grande rotolava a mezz’aria in un indistricabile viluppo di membra, membri, corna, code arricciate e incandescenti seni al calor bianco, un ghoul galante venne defibrato da un vontolo nel tentativo di concupire una piccola cantamorte, tre gorgoni spumeggianti disquisivano con altrettanti crachi azzurri, mentre una squadra di chimere si tuffava nei molli cunicoli del penemuro.
Mamada Amarkoiso, un altro compagno di ribalderie, scivolò dalle scaglie del Dragobar di ritorno, mi vide e mi fece segno. Non capii sul momento e seguii con lo sguardo il punto che indicava alle mie spalle. Allora compresi: era il mio turno di tutore. Sì, perché dall’alcova dei condotti clandestini d’anime approntati da Nebiros erano comparse le tremule figure di un nutrito gruppo di trapassati umani, finiti nella diramazione illegale del tubo di discesa.
Spiegazione sommaria: ad Inframondo non dovrebbe esserci un capolinea dei condotti d’anime ma il buon Nebiros, geniaccio tricornuto, aveva provveduto a suo tempo ad attivare uno svincolo segreto che periodicamente provocava un irrilevante dirottamento d’anime dal flusso principale, tutto questo per garantire ulteriori spunti di svago per la sua multiforme clientela. Le anime umane, oltre ad essere per alcune creature preternaturali decisamente succulente, sono pure ricreative e divertenti, specie se lasciate a se stesse negli ambienti infernali, alla mercé delle loro stesse paure più insostenibili. Così, ogni tanto, senza destare sospetti nelle Gerarchie più alte, un gruppetto di dannati capitava ad Inframondo per un certo periodo di tempo, con lo scopo di rendere più gradevole la permanenza tra un turno lavorativo e l’altro.
Ora, proprio perché si trattava di merce rara e facilmente deteriorabile, per evitare subitanee dispersioni si era deciso che a turno un demone fidato gestisse la permanenza dei trapassati umani ad Inframondo, distribuendoli sistematicamente un po’ ovunque e facendo in modo che più avventori potessero goderne la permanenza nella maniera che più preferivano. Il gruppetto di anime terrorizzate (è sempre così all’inizio) strette tra loro, piccolo ed insignificante, ebbe giusto il tempo di capire dove fosse capitato prima che un golem alticcio lo notasse tra le colonne e richiamasse l’attenzione di alcuni compagni fracassoni: riuscii ad evitare che il gruppo venisse falcidiato dai golem maltolleranti la presenza umana costituendo una cappa protettiva intorno a loro, solo per accorgermi che alcune empuse erano già riuscite a sgraffignare qualche anima, integrale o a brani. In realtà, l’anima resta incorruttibile e alla fine le recuperavamo tutte, ricomponendole: non v’era dunque una dispersione effettiva, solo che, per sfortuna o fortuna degli ex-mortali defunti, qui da noi si prova fisicamente (se vi fosse del fisico!) tutto ciò cui si va incontro perciò anime divorate, stracciate, liofilizzate, digerite, assimilate, percepivano esattamente, come se fossero state una volta di più essenze carnali, di essere divorate, digerite, fatte a pezzi… proprio questo il bello! Soffrono e godono come se non fossero affatto morte, ma rese immortali per il piacere altrui. Ah, Inframondo!
Mi presentai loro come Feugantes Tetromikke, demone di seconda categoria del Girone del Cerulo Grifo e sbrigai in fretta tutti i convenevoli, assicurando loro che erano davvero morti e che si trovavano davvero con noi creature preternaturali, onorate della loro presenza dalle nostre parti. Tutti gli esseri umani sembrano uguali, specie se nudi, ma devo dire che fui particolarmente colpito da una piccola, malevola fanciulla in prima fila, i cui tratti somatici e le dure curve del suo corpo sottolineavano una deliziosa aura maligna, una sottile, perfida, inconfondibile emanazione di pura cattiveria: la presi subito in simpatia e mi dedicai quasi interamente a lei.
Per calmare gli appetiti che sentivo gonfiarsi tra gli avventori, scagliai un paio d’anime nella bolgia di creature affamate, permisi agli inservienti del Dragobar di prelevarne altrettante per i distillatori di Nebiros e concessi magnanimamente a due intraprendenti trapassati di muoversi a piacer loro tra le schiere di ninfe boschive che avevano subito adocchiato nei fumi. Fu allora che mi resi conto che la ragazzina al mio fianco, al contrario della maggior parte di mortali (che sposavano malignità a stupidità) doveva possedere un intuito e un’intelligenza fuori dal comune: non le era sfuggito il fatto che, apparentemente, avevo favorito di buon animo i suoi due compagni e che, d’altra parte, permettevo indiscriminatamente che alcuni avventori si servissero di altri trapassati per i comodi loro, la qual cosa si traduceva per alcuni in gioie e letizie mai sperimentate, per altri nei più cupi orrori. Sentivo che la fanciulla fantasticava tra sé, ponderando sul fatto che se giocava bene le sue carte quel luogo per lei sarebbe potuto essere una sorta di lussurioso paradiso piuttosto che un antro punitivo. Non frustrai affatto le sue aspettative, anzi le alimentai, dandole ad intendere che erano tante e fallaci le credenze del Mondo Terreno riguardo i Bassifondi eterni e che con un minimo di accortezza ce la si poteva davvero spassare. Obobolh, e quella ci credeva!
La condussi, assieme al gruppetto che si affievoliva sempre più, vuoi ad opera di ghouls dallo stomaco vuoto, vuoi ad opera di allettanti chimere, in giro per Inframondo, sentendo chiaramente avvampare i suoi crudeli desideri. Nella speranza di tenermi buono, o addirittura di concupirmi, strofinava lubricamente il so piccolo corpo sodo al mio fianco, stretta a me dalle spire della coda triforcuta. Sogghignai, mentre le mostravo il Dragobar serpeggiante, i distillatori contenenti le anime soffiate ai nostri anti-colleghi pennuti, un angelo stesso infilato a testa in giù, alcune anime del suo stesso gruppo cui venivano collegati ad ogni orifizio corporale le Cannucce dei Succhiatori pronti per la suzione. Suggerii di fare qualche assaggio e la piccola fanciulla non se lo fece ripetere, incollandosi famelicamente al tubo collegato con l’organo più sporgente di una figura ancora bella pienotta, mentre io vagliavo a mia volta le possibilità: Infuso di Buon Cristiano, Seltz d’Eretica, Fettina di Missionario, Cubetti di Benefattori, Tranci di Meretrici.
Un bilioso vontolo mise occhi e mani addosso alla ragazza, strappandola dai distillatori e immergendola nel suo doppio sistema faucifero: per Gazomadh, la cosa mi seccò un po’, con tutte le altre anime che aveva a disposizione, proprio con la mia doveva intestardirsi?
Stizzito, lo forconai malamente, facendogli sputare la vittima in un bolo di saliva. Non mi aspettavo che reagisse rivoltandosi ululante, ma fortunatamente il buon Nebiros, al quale sta a cuore la salute dei suoi amici, pilotò il Dragobar a mascelle spalancate contro il bruto, che ne fu travolto e spazzato via. Recuperai la mia piccola, lorda dei viscidi umori del vontolo catechizzato, scrollandola a dovere. Le anime trapassate erano state uniformemente suddivise tra gli avventori ed io avevo assolto il mio dovere di evitare una troppo repentina dispersione ad opera delle creature più manesche ed ingorde, potevo dunque dedicarmi interamente alla mia frastornata devota. Non si erano ancora sopiti in lei i sospetti e i pensieri riguardanti la vera natura del Luogo che la ospitava e siccome io la volevo completamente fiduciosa, quasi si sentisse davvero una di noi (per Obobolh, in effetti, dato quel suo caratterino, non avrebbe sfigurato in uno dei nuovi contingenti di diavolesse, ma non dovevo dimenticare che dopotutto non era altro che una patetica creatura umana), decisi, per bandire una volta per tutte i suoi vaghi dubbi, di offrirle un giro gratis nel penemuro. L’afferrai per la vita tramite la mia coda prensile e la lanciai dritta nel molle ammasso in cui si dibattevano allegramente decine di altre creature femminili: in breve fu troppo occupata di dirigere dentro di sé gli psedopodi penetranti e le erezioni delle apposite “aste” per poter pensare ad altro ed io ne approfittai per un ennesimo giro al Dragobar assieme al mio amico Sargatanas Andreschio, che mi parlò nuovamente dell’insolita crisi esistenziale che aveva colpito il demone Nardoschio Taronleo, deciso ad autoesiliarsi nel Mondo Terreno per trovare risposta ai suoi impellenti interrogativi sul nostro universo di crudeltà. Non avevo voglia di sorbirmi la solita tiritera, così dopo qualche cocktails all’umor del vontolo fagocitato prima da Nebiros, recuperai la mia ragazza, stremata dall’orgia di sesso del penemuro ma ancora più bramosa di nere emozioni, e continuai il giro per Inframondo, indicandole una brumosa alcova tra le basse colonne.
Si trattava dell’antro personale di Eleyna, la splendida e superba Regina delle Driadi, che era solita appartarsi col suo codazzo di ninfe, elfi, troll e gnomi per la rituale scelta di alcuni debosciati demoni yuppies, che ammaliati dalla sua avvenenza avrebbero accettato di trascorrere una notte di passione con lei (la qual cosa si traduceva per noi col solito conteggio dei tamburi boschivi che avrebbero rullato nella grande Foresta, fatti con le membrane, le corna, le code e i genitali dei suddetti diavolastri). Eleyna è certo una grande femmina, abbacinante nelle sue forme d’avorio, fulgente nella sua nudità lunare messa in risalto dalla cascata di lisci capelli neri come il peccato, simili ad un lucido serpente d’ebano e per un attimo (come sempre) mi persi nella contemplazione di quelle cosce perfette e quei seni marmorei, ipnotici.
La mia piccola devota non ne era troppo impressionata, o meglio, sembrava preferire prima altri tipi di incontri, né era interessata alle leggi che regolavano i rapporti di noi demoni con le creature preternaturali del Sovrammondo da me doviziosamente enunciate. Voleva invece essere posseduta integralmente da quel nuovo ambiente al di là di ogni sua immaginazione e per accontentarla non dovevo fare altro che prospettarle un ventaglio di scelte indicate: le Nere Pozze del Piacere e del Dolore, dove ogni corpo affamato si poteva saziare, i microgolem ruspanti che Nebiros teneva nascosti in scatoloni all’interno del Dragobar, mordente delizia per pochi intimi, il bacio acuminato di un vampiro, il laido umidore delle empuse, i forconi di tenebrose diavolesse, la verga schioccante dei satiri, le ventose gelatinose di gorgoni spumeggianti. E poi, perché no?, la morbosa, devastante carezza al vetriolo di una coda di demone, anzi, meglio, di quattro demoni, per l’appunto il sottoscritto, Agaliareth, Mamada, e Sargatanas al fulgore delle loro energie! La piccola volle provare tutto, in particolare approvò entusiasticamente l’orgia siffatta ed ad onor del vero devo dire che… sì, per essere solo una femmina umana, sapeva fare cose che addirittura Eleyna avrebbe potuto ignorare, per Turunni!
Esausti (devo ammetterlo!) cercammo ancora ristoro al Dragobar e ancora la lubrica fanciulla strepitava per avere di più! Agaliareth decise che era il momento che la bambina subisse, invece di agire, così strappò un angelaccio consunto da un distillatore-aromatizzatore di Nebiros e ci ficcò dentro a viva forza quella gatta selvatica, subito assalita da un vorace viluppi di vermicondotti di suzione: azzannata nei punti chiave, capezzoli ed ombelico, e penetrata in ogni suo orifizio, ci garantì una superba tirata. Deliziosa, deliziosa, deliziosa, Shoddath! Favorimmo poi la sua iniziazione ad Inframondo con alcune performances con fauni e naiadi, una discesa nelle laviche interiora di un craco blu, un ultimo tuffo nel penemuro e le fustigazioni della staffa. Per ambientarsi, la piccola si era ambientata, eccome, Gazomadh!
Ma il tempo ha un valore, seppure distorto, anche ad Inframondo: puntuale come un’arpia punitiva, Nebiros dall’alto dell’instancabile Dragobar mi fece un segno inequivocabile. Era giunto il momento di sbarazzarci delle anime dei trapassati umani, prima che qualche Controllore delle Alte Sfere si accorgesse della mancanza sospetta di nuovi arrivati. Non voglio neanche pensare a cosa potrebbe accadere se i condotti clandestini venissero scoperti da quei carnefici dei Demoni della Vigilanza: Inframondo chiuso e per tutti la Fredda Pozza, Ultimo Livello.
Radunai in fretta e furia le anime sparse, ne ricomposi le più disastrate (fu necessario far digerire tre idre e due golem) e feci un rapido appello: c’erano tutte, per fortuna, più o meno rintronate. Sentii gli avventori che non avevano potuto manipolarle borbottare e bestemmiare contrariati ma io non potevo fare niente, il regolamento è il regolamento. La piccola demonietta si fece cercare, dannata lei, per tutto il penemuro, ma alla fine l’accalappiai, sferzandola con la coda fino a farla congiungere con tutte le altre anime. Doveva aver capito che qualcosa non andava e che il divertimento era finito. Beh, Gazan Ta Shoddam, un po’ mi dispiaceva, perché è davvero raro imbattersi in creature come quella, capaci di soddisfarti appieno. Dunque radunai silenziosamente le anime dei mortali, ignorando le suppliche della fanciulla e la sua richiesta di spiegazioni. Percepii un suo pensiero che mi fece sganasciare dal ridere: credeva la rimandassimo su, nel Mondo Terreno! Mamada e Agaliareth spinsero le anime nei condotti di discesa, che le risucchiarono verso il basso.
Non dovrei dirlo pubblicamente, ma non mi sono comportato da buon diavolo in quella circostanza. Ho provato pietà per quella creaturina malefica e sono stato sincero con lei. Gli amici demoni me lo rimproverano ancora adesso ed hanno ragione. Avevo risposto alle domande della femmina umana, rivelandole qual era la loro destinazione ultima. Vidi gli occhietti maligni della fanciulla brillare bramosi di oscuri desideri, credendo erroneamente che l’aspettassero piaceri ancor più intensi ed innominabili, laggiù. Mi fece pena, poverina. E va bene, Shoddam, mi ha coinvolto emotivamente, merito un pediluvio nella Fredda Pozza! Ma come dirle che Inframondo è solo il nostro umile piano-bar , non è ciò che lei credeva che fosse, come dirle che la loro presenza ad Inframondo era dovuta unicamente ad un nostro capriccio, che loro erano come giullari ai nostri occhi e che era solo il caso a decretare per loro gioia o sofferenza nel Locale di Nebiros Alstefanio? Loro sollazzavano noi, e non viceversa, se non incidentalmente! Certo, non si trattava di divertimenti paragonabili a quelli delle Eccelse Schiere e Legioni del Gran Grande Cornuto, ma nel nostro piccolo ci accontentavamo di godere della tracotanza, della boria, della stupidità e non ultimo delle “carni” dei nostri ospiti umani illegalmente sottratti ai condotti di discesa.
Perché cosa c’è di più appagante della superbia e dell’arroganza degli esseri umani, quando si frantumano come una bolla di sapone di fronte all’Ordine Superiore che regge il Cosmo? Cosa più divertente? Folli, presuntuosi, manica di mentecatti, futili ed insignificanti atomi di nulla! Ma non avete capito? Non avete capito proprio? Ah, mea culpa che ve lo rivelo!
PICCOLA MIA, E VOI ANIME TUTTE, STATE SCENDENDO AD INFERNO, ADESSO!
Togliersi di dosso l’uggia di un Intero Periodo Lavorativo è un desiderio più che legittimo, specie se le cose non sono andate come si deve e magari non si è riusciti a ritirare il proprio Gettone della Decima (anima) in Portineria: è sempre più raro stipulare patti con quelli del Mondo Terreno così come si faceva una volta, quand’erano ancora tutti ingenui e boccaloni e in quattro e quattr’otto ogni buon diavolo poteva mettere da parte le dieci anime da consegnare ai propri Superiori. Oggi è tutto più difficile, gli uomini sono cinici e disincantati e le entrate qui ad Inferno dipendono quasi esclusivamente dai trapassati i cui curriculum automaticamente decretano la loro destinazione ultima. Come compenso, però, c’è da dire che la malvagità alligna assai più ora che in passato e i condotti delle anime sono sempre più intasati per il grande afflusso di essenze non troppo pure. Ciò non toglie ovviamente che un diavolo possa prendersela comoda e consegnare un numero d’anime inferiore a quello stabilito dalle circolari vigenti: se però si abbassasse il numero a cinque, sarebbe meglio, dico io. Al prossimo Consiglio degli Inferiori proporrò la cosa, anche se personalmente posso stare tranquillo e godermi alcuni periodi di riposo in più grazie ai tre gettoni che ho vinto al mio collega Nardoschio Taronleo scommettendo su alcune contese di tentazione avvenute su, dai mortali.
Se però gli stressanti turni nel Mondo Terreno mi erano risparmiati per un po’, i servizi interni del mio Girone divenivano sempre più pesanti e noiosi, complice anche la scarsità di personale (il Girone del Cerulo Grifo è noto per la sua grande indisciplinatezza e la maggior parte dei diavoli è costantemente segregata in punizione a vari livelli della Fredda Pozza) perciò a fine giornata era indispensabile godere di un po’ di sollievo, magari in allettante compagnia. Che le Gerarchie Superiori si tengano pure i loro conciliaboli presso il Gran Grande Cornuto, con i loro poetastri sciamannati e lecchini, noi diavoli del proletariato abbiano il Locale di Nebiros Alstefanio ed era proprio di Inframondo che avevo assoluto bisogno.
Allestire il Pre-Portale, attraversarlo con le coordinate d’arrivo ben impresse tra le corna e chiudere il Varco, erano cose che ormai facevo quasi inconsciamente, tutto preso dal desiderio di assaporare quello straordinario ed effimero istante del primo contatto con Inframondo, sempre diverso, sempre nuovo, sempre appagante. Il segreto sta tutto nell’eccitare al massimo la propria ricettività, i propri canali sensitivi, vista, olfatto, udito, tatto… un fugace lampo ed Inframondo tutt’intorno a te, sopra, sotto, dentro di te, pronto ad aggredirti, possederti, gustarti, rivoltarti come un guanto. Grande sensazione, anche quella volta! Piombai ad Inframondo e ne fui violentato: una cacofonica babele di suoni, grida, rumori, latrati, gemiti esplose nei miei orecchi, fumi sulfurei spiraleggianti in mille forme falliche baluginarono nei miei occhi, già un paio di giovani empuse si erano incollate come ventose sulle mie braccia, bramose di umori nuovi, mentre un’idra color giada mi sollevava tra le sue fauci inghiottendomi immediatamente. Ne uscii subito senza essere prima digerito, nuotando tra le tenere carni instabili: non mi andava di essere divorato mentre ero ancora così sobrio.
Inframondo era strapieno: vidi fugacemente gorgoni, ghoul, vampiri, golem, troll, naiadi delle fonti e driadi boschive, demoni di tutte le risme, creature fungoidi, esseri di ogni foggia e colore brulicare davanti, intorno, sopra di me, tra i bassi colonnati del Locale. Salutai distrattamente Agaliareth Fabionte, un mio collega, semiassorbito da una sorta di trasparente pus senziente che si espandeva anche a mezz’aria, provocando il catastrofico solletico di un gigantesco satiro imbizzarrito e propenso a spiaccicare chiunque gli capitasse tra i poderosi zoccoli. Mi scrollai di dosso le due sazie empuse che schizzarono in cerca di altri donatori e cercai nella baraonda di corpi ammassati e pulsanti il Dragone semovente che era il bancone di Nebiros, serpeggiante in quasi tutti gli anfratti e le nicchie di Inframondo, pronto a servire ogni creatura di una sterminata varietà di beveraggi. Il Dragobar mi colse inaspettatamente alle spalle, sfrecciando come un bolide tra le orge tutt’intorno: intravidi Nebiros occupato a mungerne lo sperma frizzante aiutato dai demoni baristi. Lui non mi vide e allora acchiappai una delle onnipresenti sfingette volanti e feci la mia ordinazione.
Volevo gustarmi il gran movimento di Inframondo senza entrare ancora in azione, perciò allestii il Vestibolo del Pre-Portale e mi creai una trasparente nicchia personale. Due allegre vampire riuscirono ad introdurvisi in fase di allestimento e dovetti faticare non poco per dissuaderle dai loro intendimenti: le dirottai verso un Pre-Portale in formazione accanto a me, sogghignando nel vedere apparire Sargatanas Andreschio, custode del portale dei Tre Forconi, notoriamente allergico ai succhiasangue. La sfingetta tornò con l’Infuso di Midollo di Eremita che avevo ordinato a Nebiros e si fece spremere nell’infuso stesso, cosa che avrebbe insaporito il cranietto di zarpo galleggiante.
Mi rilassai, gustandomi bevanda e veduta: una monumentale orgia tra demoni e diavolesse dei nuovi contingenti approvati dal Gran Grande rotolava a mezz’aria in un indistricabile viluppo di membra, membri, corna, code arricciate e incandescenti seni al calor bianco, un ghoul galante venne defibrato da un vontolo nel tentativo di concupire una piccola cantamorte, tre gorgoni spumeggianti disquisivano con altrettanti crachi azzurri, mentre una squadra di chimere si tuffava nei molli cunicoli del penemuro.
Mamada Amarkoiso, un altro compagno di ribalderie, scivolò dalle scaglie del Dragobar di ritorno, mi vide e mi fece segno. Non capii sul momento e seguii con lo sguardo il punto che indicava alle mie spalle. Allora compresi: era il mio turno di tutore. Sì, perché dall’alcova dei condotti clandestini d’anime approntati da Nebiros erano comparse le tremule figure di un nutrito gruppo di trapassati umani, finiti nella diramazione illegale del tubo di discesa.
Spiegazione sommaria: ad Inframondo non dovrebbe esserci un capolinea dei condotti d’anime ma il buon Nebiros, geniaccio tricornuto, aveva provveduto a suo tempo ad attivare uno svincolo segreto che periodicamente provocava un irrilevante dirottamento d’anime dal flusso principale, tutto questo per garantire ulteriori spunti di svago per la sua multiforme clientela. Le anime umane, oltre ad essere per alcune creature preternaturali decisamente succulente, sono pure ricreative e divertenti, specie se lasciate a se stesse negli ambienti infernali, alla mercé delle loro stesse paure più insostenibili. Così, ogni tanto, senza destare sospetti nelle Gerarchie più alte, un gruppetto di dannati capitava ad Inframondo per un certo periodo di tempo, con lo scopo di rendere più gradevole la permanenza tra un turno lavorativo e l’altro.
Ora, proprio perché si trattava di merce rara e facilmente deteriorabile, per evitare subitanee dispersioni si era deciso che a turno un demone fidato gestisse la permanenza dei trapassati umani ad Inframondo, distribuendoli sistematicamente un po’ ovunque e facendo in modo che più avventori potessero goderne la permanenza nella maniera che più preferivano. Il gruppetto di anime terrorizzate (è sempre così all’inizio) strette tra loro, piccolo ed insignificante, ebbe giusto il tempo di capire dove fosse capitato prima che un golem alticcio lo notasse tra le colonne e richiamasse l’attenzione di alcuni compagni fracassoni: riuscii ad evitare che il gruppo venisse falcidiato dai golem maltolleranti la presenza umana costituendo una cappa protettiva intorno a loro, solo per accorgermi che alcune empuse erano già riuscite a sgraffignare qualche anima, integrale o a brani. In realtà, l’anima resta incorruttibile e alla fine le recuperavamo tutte, ricomponendole: non v’era dunque una dispersione effettiva, solo che, per sfortuna o fortuna degli ex-mortali defunti, qui da noi si prova fisicamente (se vi fosse del fisico!) tutto ciò cui si va incontro perciò anime divorate, stracciate, liofilizzate, digerite, assimilate, percepivano esattamente, come se fossero state una volta di più essenze carnali, di essere divorate, digerite, fatte a pezzi… proprio questo il bello! Soffrono e godono come se non fossero affatto morte, ma rese immortali per il piacere altrui. Ah, Inframondo!
Mi presentai loro come Feugantes Tetromikke, demone di seconda categoria del Girone del Cerulo Grifo e sbrigai in fretta tutti i convenevoli, assicurando loro che erano davvero morti e che si trovavano davvero con noi creature preternaturali, onorate della loro presenza dalle nostre parti. Tutti gli esseri umani sembrano uguali, specie se nudi, ma devo dire che fui particolarmente colpito da una piccola, malevola fanciulla in prima fila, i cui tratti somatici e le dure curve del suo corpo sottolineavano una deliziosa aura maligna, una sottile, perfida, inconfondibile emanazione di pura cattiveria: la presi subito in simpatia e mi dedicai quasi interamente a lei.
Per calmare gli appetiti che sentivo gonfiarsi tra gli avventori, scagliai un paio d’anime nella bolgia di creature affamate, permisi agli inservienti del Dragobar di prelevarne altrettante per i distillatori di Nebiros e concessi magnanimamente a due intraprendenti trapassati di muoversi a piacer loro tra le schiere di ninfe boschive che avevano subito adocchiato nei fumi. Fu allora che mi resi conto che la ragazzina al mio fianco, al contrario della maggior parte di mortali (che sposavano malignità a stupidità) doveva possedere un intuito e un’intelligenza fuori dal comune: non le era sfuggito il fatto che, apparentemente, avevo favorito di buon animo i suoi due compagni e che, d’altra parte, permettevo indiscriminatamente che alcuni avventori si servissero di altri trapassati per i comodi loro, la qual cosa si traduceva per alcuni in gioie e letizie mai sperimentate, per altri nei più cupi orrori. Sentivo che la fanciulla fantasticava tra sé, ponderando sul fatto che se giocava bene le sue carte quel luogo per lei sarebbe potuto essere una sorta di lussurioso paradiso piuttosto che un antro punitivo. Non frustrai affatto le sue aspettative, anzi le alimentai, dandole ad intendere che erano tante e fallaci le credenze del Mondo Terreno riguardo i Bassifondi eterni e che con un minimo di accortezza ce la si poteva davvero spassare. Obobolh, e quella ci credeva!
La condussi, assieme al gruppetto che si affievoliva sempre più, vuoi ad opera di ghouls dallo stomaco vuoto, vuoi ad opera di allettanti chimere, in giro per Inframondo, sentendo chiaramente avvampare i suoi crudeli desideri. Nella speranza di tenermi buono, o addirittura di concupirmi, strofinava lubricamente il so piccolo corpo sodo al mio fianco, stretta a me dalle spire della coda triforcuta. Sogghignai, mentre le mostravo il Dragobar serpeggiante, i distillatori contenenti le anime soffiate ai nostri anti-colleghi pennuti, un angelo stesso infilato a testa in giù, alcune anime del suo stesso gruppo cui venivano collegati ad ogni orifizio corporale le Cannucce dei Succhiatori pronti per la suzione. Suggerii di fare qualche assaggio e la piccola fanciulla non se lo fece ripetere, incollandosi famelicamente al tubo collegato con l’organo più sporgente di una figura ancora bella pienotta, mentre io vagliavo a mia volta le possibilità: Infuso di Buon Cristiano, Seltz d’Eretica, Fettina di Missionario, Cubetti di Benefattori, Tranci di Meretrici.
Un bilioso vontolo mise occhi e mani addosso alla ragazza, strappandola dai distillatori e immergendola nel suo doppio sistema faucifero: per Gazomadh, la cosa mi seccò un po’, con tutte le altre anime che aveva a disposizione, proprio con la mia doveva intestardirsi?
Stizzito, lo forconai malamente, facendogli sputare la vittima in un bolo di saliva. Non mi aspettavo che reagisse rivoltandosi ululante, ma fortunatamente il buon Nebiros, al quale sta a cuore la salute dei suoi amici, pilotò il Dragobar a mascelle spalancate contro il bruto, che ne fu travolto e spazzato via. Recuperai la mia piccola, lorda dei viscidi umori del vontolo catechizzato, scrollandola a dovere. Le anime trapassate erano state uniformemente suddivise tra gli avventori ed io avevo assolto il mio dovere di evitare una troppo repentina dispersione ad opera delle creature più manesche ed ingorde, potevo dunque dedicarmi interamente alla mia frastornata devota. Non si erano ancora sopiti in lei i sospetti e i pensieri riguardanti la vera natura del Luogo che la ospitava e siccome io la volevo completamente fiduciosa, quasi si sentisse davvero una di noi (per Obobolh, in effetti, dato quel suo caratterino, non avrebbe sfigurato in uno dei nuovi contingenti di diavolesse, ma non dovevo dimenticare che dopotutto non era altro che una patetica creatura umana), decisi, per bandire una volta per tutte i suoi vaghi dubbi, di offrirle un giro gratis nel penemuro. L’afferrai per la vita tramite la mia coda prensile e la lanciai dritta nel molle ammasso in cui si dibattevano allegramente decine di altre creature femminili: in breve fu troppo occupata di dirigere dentro di sé gli psedopodi penetranti e le erezioni delle apposite “aste” per poter pensare ad altro ed io ne approfittai per un ennesimo giro al Dragobar assieme al mio amico Sargatanas Andreschio, che mi parlò nuovamente dell’insolita crisi esistenziale che aveva colpito il demone Nardoschio Taronleo, deciso ad autoesiliarsi nel Mondo Terreno per trovare risposta ai suoi impellenti interrogativi sul nostro universo di crudeltà. Non avevo voglia di sorbirmi la solita tiritera, così dopo qualche cocktails all’umor del vontolo fagocitato prima da Nebiros, recuperai la mia ragazza, stremata dall’orgia di sesso del penemuro ma ancora più bramosa di nere emozioni, e continuai il giro per Inframondo, indicandole una brumosa alcova tra le basse colonne.
Si trattava dell’antro personale di Eleyna, la splendida e superba Regina delle Driadi, che era solita appartarsi col suo codazzo di ninfe, elfi, troll e gnomi per la rituale scelta di alcuni debosciati demoni yuppies, che ammaliati dalla sua avvenenza avrebbero accettato di trascorrere una notte di passione con lei (la qual cosa si traduceva per noi col solito conteggio dei tamburi boschivi che avrebbero rullato nella grande Foresta, fatti con le membrane, le corna, le code e i genitali dei suddetti diavolastri). Eleyna è certo una grande femmina, abbacinante nelle sue forme d’avorio, fulgente nella sua nudità lunare messa in risalto dalla cascata di lisci capelli neri come il peccato, simili ad un lucido serpente d’ebano e per un attimo (come sempre) mi persi nella contemplazione di quelle cosce perfette e quei seni marmorei, ipnotici.
La mia piccola devota non ne era troppo impressionata, o meglio, sembrava preferire prima altri tipi di incontri, né era interessata alle leggi che regolavano i rapporti di noi demoni con le creature preternaturali del Sovrammondo da me doviziosamente enunciate. Voleva invece essere posseduta integralmente da quel nuovo ambiente al di là di ogni sua immaginazione e per accontentarla non dovevo fare altro che prospettarle un ventaglio di scelte indicate: le Nere Pozze del Piacere e del Dolore, dove ogni corpo affamato si poteva saziare, i microgolem ruspanti che Nebiros teneva nascosti in scatoloni all’interno del Dragobar, mordente delizia per pochi intimi, il bacio acuminato di un vampiro, il laido umidore delle empuse, i forconi di tenebrose diavolesse, la verga schioccante dei satiri, le ventose gelatinose di gorgoni spumeggianti. E poi, perché no?, la morbosa, devastante carezza al vetriolo di una coda di demone, anzi, meglio, di quattro demoni, per l’appunto il sottoscritto, Agaliareth, Mamada, e Sargatanas al fulgore delle loro energie! La piccola volle provare tutto, in particolare approvò entusiasticamente l’orgia siffatta ed ad onor del vero devo dire che… sì, per essere solo una femmina umana, sapeva fare cose che addirittura Eleyna avrebbe potuto ignorare, per Turunni!
Esausti (devo ammetterlo!) cercammo ancora ristoro al Dragobar e ancora la lubrica fanciulla strepitava per avere di più! Agaliareth decise che era il momento che la bambina subisse, invece di agire, così strappò un angelaccio consunto da un distillatore-aromatizzatore di Nebiros e ci ficcò dentro a viva forza quella gatta selvatica, subito assalita da un vorace viluppi di vermicondotti di suzione: azzannata nei punti chiave, capezzoli ed ombelico, e penetrata in ogni suo orifizio, ci garantì una superba tirata. Deliziosa, deliziosa, deliziosa, Shoddath! Favorimmo poi la sua iniziazione ad Inframondo con alcune performances con fauni e naiadi, una discesa nelle laviche interiora di un craco blu, un ultimo tuffo nel penemuro e le fustigazioni della staffa. Per ambientarsi, la piccola si era ambientata, eccome, Gazomadh!
Ma il tempo ha un valore, seppure distorto, anche ad Inframondo: puntuale come un’arpia punitiva, Nebiros dall’alto dell’instancabile Dragobar mi fece un segno inequivocabile. Era giunto il momento di sbarazzarci delle anime dei trapassati umani, prima che qualche Controllore delle Alte Sfere si accorgesse della mancanza sospetta di nuovi arrivati. Non voglio neanche pensare a cosa potrebbe accadere se i condotti clandestini venissero scoperti da quei carnefici dei Demoni della Vigilanza: Inframondo chiuso e per tutti la Fredda Pozza, Ultimo Livello.
Radunai in fretta e furia le anime sparse, ne ricomposi le più disastrate (fu necessario far digerire tre idre e due golem) e feci un rapido appello: c’erano tutte, per fortuna, più o meno rintronate. Sentii gli avventori che non avevano potuto manipolarle borbottare e bestemmiare contrariati ma io non potevo fare niente, il regolamento è il regolamento. La piccola demonietta si fece cercare, dannata lei, per tutto il penemuro, ma alla fine l’accalappiai, sferzandola con la coda fino a farla congiungere con tutte le altre anime. Doveva aver capito che qualcosa non andava e che il divertimento era finito. Beh, Gazan Ta Shoddam, un po’ mi dispiaceva, perché è davvero raro imbattersi in creature come quella, capaci di soddisfarti appieno. Dunque radunai silenziosamente le anime dei mortali, ignorando le suppliche della fanciulla e la sua richiesta di spiegazioni. Percepii un suo pensiero che mi fece sganasciare dal ridere: credeva la rimandassimo su, nel Mondo Terreno! Mamada e Agaliareth spinsero le anime nei condotti di discesa, che le risucchiarono verso il basso.
Non dovrei dirlo pubblicamente, ma non mi sono comportato da buon diavolo in quella circostanza. Ho provato pietà per quella creaturina malefica e sono stato sincero con lei. Gli amici demoni me lo rimproverano ancora adesso ed hanno ragione. Avevo risposto alle domande della femmina umana, rivelandole qual era la loro destinazione ultima. Vidi gli occhietti maligni della fanciulla brillare bramosi di oscuri desideri, credendo erroneamente che l’aspettassero piaceri ancor più intensi ed innominabili, laggiù. Mi fece pena, poverina. E va bene, Shoddam, mi ha coinvolto emotivamente, merito un pediluvio nella Fredda Pozza! Ma come dirle che Inframondo è solo il nostro umile piano-bar , non è ciò che lei credeva che fosse, come dirle che la loro presenza ad Inframondo era dovuta unicamente ad un nostro capriccio, che loro erano come giullari ai nostri occhi e che era solo il caso a decretare per loro gioia o sofferenza nel Locale di Nebiros Alstefanio? Loro sollazzavano noi, e non viceversa, se non incidentalmente! Certo, non si trattava di divertimenti paragonabili a quelli delle Eccelse Schiere e Legioni del Gran Grande Cornuto, ma nel nostro piccolo ci accontentavamo di godere della tracotanza, della boria, della stupidità e non ultimo delle “carni” dei nostri ospiti umani illegalmente sottratti ai condotti di discesa.
Perché cosa c’è di più appagante della superbia e dell’arroganza degli esseri umani, quando si frantumano come una bolla di sapone di fronte all’Ordine Superiore che regge il Cosmo? Cosa più divertente? Folli, presuntuosi, manica di mentecatti, futili ed insignificanti atomi di nulla! Ma non avete capito? Non avete capito proprio? Ah, mea culpa che ve lo rivelo!
PICCOLA MIA, E VOI ANIME TUTTE, STATE SCENDENDO AD INFERNO, ADESSO!
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