Irreversibile
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Si riempiva la bocca d'acqua, si inumidiva l'indice e deglutiva con disgusto le pagine amare di quella vita maledetta, pagina dopo pagina il suo libro si ingialliva, e l'acqua in bocca si faceva aspra, non riusciva a ingoiare il suo passato, ma era giunta l'ora. La cessazione del ricordo era ad soffio da lui.
E sopportava ancora la presenza di quell'acida donnaccia, perennemente vestita d'oro e di luccichii, che solo sapeva mascherarsi davanti allo specchio . Feriva il suo cuore vederla occupare il posto accanto a lui durante la notte, ma erano decenni ormai che la storia si ripeteva. E il fetido odore della sua sposa, rimasto immutato nel tempo penetrava nelle sue narici, costringendolo a restare in apnea fino al pallore più viola che il suo viso poteva reggere. Lei, ladra della vita di quel pover' uomo, non sapeva far altro che umiliarlo; e sottrargli i suoi gioielli era l'unico motivo per cui ancora era legata a lui, a quell'uomo curvo sui suoi dolori, di cui lei rideva a crepapelle. Se solo le mie palpebre si fossero scollate prima del fatidico sì, si ripeteva l'uomo ogni giorno, ogni attimo della sua esistenza.
Ma lui conosceva bene, in cuor suo, i suoi veri tesori, e sapeva che nessuno sarebbe stato così astuto da portarglieli via.
L'amore per lui si chiamava Celestina, un nome sussurrato da una mosca che continuava imperterrita a ronzare nel suo cervello. Celestina, un nome angelico marchiato a fuoco nell'angolo più segreto della sua anima.
E nella sua memoria restava sveglio l'istante in cui i suoi occhi velati incontrarono quella dolce creatura, unica ragione della sua esistenza, e il tormento non sembrava finire dentro la sua testa, lei continuava a emergere dalla macchia di sangue in cui era svanita. Le sue rosse labbra, sembravano ancora muoversi, mentre nell'agonia più atroce, la sua luce si stava spegnendo. Gli occhi dell'uomo, affogati in un pianto disperato, sprofondarono dentro la pozza rossa che avvolgeva quel giovane corpo, solo il vuoto era rimasto, nessuna paura, nessun orrore, solo il vuoto incolmabile dentro al suo vecchio cuore.
E continuava a farsi succhiare la sua linfa dalla vipera a cui prestava sesso e denaro tutte le sere, senza opporre più alcuna resistenza.
Non riusciva più ad aspettare in silenzio, la propria desiderata fine, che tardava a venire. Presto Celestina sarebbe stata cancellata dalla sua mente, una sofferenza troppo grande per lui, l'acqua ormai troppo aspra, scongiurava di scendere dentro il suo corpo. Non poteva vivere senza il ricordo di quella fanciulla.
Dovevano morire assieme. E così, scostò la sedia con il piede, appeso al soffitto con gli occhi rivolti verso la lampadina, sentiva il calore della luce sul suo viso affievolirsi finchè tutto si fece freddo. E la moglie, dietro di lui, gli infilò le mani nelle tasche della giacca, per spillarne le due ultime monete che gli erano rimaste.
E sopportava ancora la presenza di quell'acida donnaccia, perennemente vestita d'oro e di luccichii, che solo sapeva mascherarsi davanti allo specchio . Feriva il suo cuore vederla occupare il posto accanto a lui durante la notte, ma erano decenni ormai che la storia si ripeteva. E il fetido odore della sua sposa, rimasto immutato nel tempo penetrava nelle sue narici, costringendolo a restare in apnea fino al pallore più viola che il suo viso poteva reggere. Lei, ladra della vita di quel pover' uomo, non sapeva far altro che umiliarlo; e sottrargli i suoi gioielli era l'unico motivo per cui ancora era legata a lui, a quell'uomo curvo sui suoi dolori, di cui lei rideva a crepapelle. Se solo le mie palpebre si fossero scollate prima del fatidico sì, si ripeteva l'uomo ogni giorno, ogni attimo della sua esistenza.
Ma lui conosceva bene, in cuor suo, i suoi veri tesori, e sapeva che nessuno sarebbe stato così astuto da portarglieli via.
L'amore per lui si chiamava Celestina, un nome sussurrato da una mosca che continuava imperterrita a ronzare nel suo cervello. Celestina, un nome angelico marchiato a fuoco nell'angolo più segreto della sua anima.
E nella sua memoria restava sveglio l'istante in cui i suoi occhi velati incontrarono quella dolce creatura, unica ragione della sua esistenza, e il tormento non sembrava finire dentro la sua testa, lei continuava a emergere dalla macchia di sangue in cui era svanita. Le sue rosse labbra, sembravano ancora muoversi, mentre nell'agonia più atroce, la sua luce si stava spegnendo. Gli occhi dell'uomo, affogati in un pianto disperato, sprofondarono dentro la pozza rossa che avvolgeva quel giovane corpo, solo il vuoto era rimasto, nessuna paura, nessun orrore, solo il vuoto incolmabile dentro al suo vecchio cuore.
E continuava a farsi succhiare la sua linfa dalla vipera a cui prestava sesso e denaro tutte le sere, senza opporre più alcuna resistenza.
Non riusciva più ad aspettare in silenzio, la propria desiderata fine, che tardava a venire. Presto Celestina sarebbe stata cancellata dalla sua mente, una sofferenza troppo grande per lui, l'acqua ormai troppo aspra, scongiurava di scendere dentro il suo corpo. Non poteva vivere senza il ricordo di quella fanciulla.
Dovevano morire assieme. E così, scostò la sedia con il piede, appeso al soffitto con gli occhi rivolti verso la lampadina, sentiva il calore della luce sul suo viso affievolirsi finchè tutto si fece freddo. E la moglie, dietro di lui, gli infilò le mani nelle tasche della giacca, per spillarne le due ultime monete che gli erano rimaste.
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