Una mattina d'inverno
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Una mattina d'inverno - Ottobre 2001
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Eh si, non c’era niente da dire… la giornata era di quelle perfette per fare una scampagnata all’aria aperta. Discostò le tende della sua finestra e rimase per qualche secondo a fissare il panorama che le si presentava davanti agli occhi. Di fronte a sé poteva chiaramente vedere la montagna che si ergeva maestosa in tutto il suo splendore. Le bianche cime innevate sembravano un cappuccio messo lì per caso. Il riflesso del sole su di esse rendeva lo spettacolo ancora più bello. Il quadro era completato da una serie di alberi di pino che di tanto in tanto facevano capolino a coprire parte del monte. La mattina era appena incominciata e sicuramente l’aria al di fuori era fredda di quel freddo pungente che solo una bella giornata invernale sapeva regalare. Nonostante ciò volle aprire la finestra. Effettivamente un’ondata di gelo la invase non appena ebbe dischiuso le ante. Sentiva il venticello gelido che le carezzava il viso come un lenzuolo invisibile. Chiuse gli occhi e inspirò più aria che poteva. Era buona l’aria, quella mattina. Non sapeva il perché ma in quell’attimo sentiva dentro di sé una sensazione che da tanto, troppo tempo aveva scordato. Aveva addirittura paura a formularne anche solo il pensiero. Temeva che l’incantesimo potesse finire quando avesse avuto la consapevolezza che il sentimento che provava in quel preciso momento era felicità. Ma non quella che ti viene dalla gratificazione lavorativa o affettiva, bensì quella più difficile da cogliere. Quella che, per intenderci, provano i bambini al pensiero che saranno accompagnati al luna park il giorno stesso.
Le venne da sorridere… assecondò l’impulso ed in pochi secondi si ritrovò a ridere come mai aveva fatto prima. Rise talmente tanto che le dolevano le guance. Il viso le si era arrossato un po’ per il freddo ed un po’ per le tante risa. Alcune lacrime iniziarono ad uscirle dagli occhi colando lungo il viso e questo la fece ridere ancora di più. Si vedeva da sola affacciata alla finestra con un freddo quasi polare a sbellicarsi dalle risa, senza un motivo anche solo apparente. Le sembrava di essere una di quelle principesse affacciate alla finestra di una qualche torre in attesa del principe azzurro di turno che la venisse a salvare dal drago inferocito. Effettivamente qualcuno stava aspettando. Ma non si poteva certo dire che fosse un principe azzurro…
Aveva voglia di correre giù, sulla neve, come era solita fare da bambina, con la mamma dietro che le raccomandava di prendere la sciarpa e il cappellino di lana perché “altrimenti ti prenderai un bel raffreddore”…
Voleva fare un pupazzo di neve, invitare qualche amica e, magari, il ragazzo che tanto le piaceva. Forse oggi avrebbe trovato il coraggio di dichiararsi. Se solo lui fosse stato lì in quel momento…
Voleva preparare una tazza di cioccolata calda, da servire con dei biscottini fatti in casa, di fronte alla luce del caminetto che scaldava l’ambiente. Voleva fare l’amore con lui, quando il tramonto avrebbe oscurato il giorno e le loro ombre, create dal fuoco, si sarebbero allungate sulla parete fino a fondersi l’una con l’altra.
Voleva fare questa ed altre mille cose. Girò lo sguardo verso il basso a cercare con gli occhi la carrozzina che la teneva prigioniera da troppo tempo. Ormai era solo questione di giorni, forse di ore e la sua sofferenza sarebbe terminata per sempre.
Chi stava aspettando non avrebbe tardato ancora molto. Le avevano detto cinque mesi o forse sei in quel caldo pomeriggio estivo.
Nonostante la temperatura rigida sentiva uno strano calore salirle sulle guance arrossate. Riprese a ridere con maggior vigore.
Quando arrivò, la colse con le labbra che ancora stavano formando un sorriso, quasi di liberazione. Un attimo prima ebbe la percezione esatta del suo stato e questo, invece di deprimerla, le fece tirare un respiro di sollievo. Ecco, adesso poteva pensarlo e, forse, anche dirlo. Era felice.
Le venne da sorridere… assecondò l’impulso ed in pochi secondi si ritrovò a ridere come mai aveva fatto prima. Rise talmente tanto che le dolevano le guance. Il viso le si era arrossato un po’ per il freddo ed un po’ per le tante risa. Alcune lacrime iniziarono ad uscirle dagli occhi colando lungo il viso e questo la fece ridere ancora di più. Si vedeva da sola affacciata alla finestra con un freddo quasi polare a sbellicarsi dalle risa, senza un motivo anche solo apparente. Le sembrava di essere una di quelle principesse affacciate alla finestra di una qualche torre in attesa del principe azzurro di turno che la venisse a salvare dal drago inferocito. Effettivamente qualcuno stava aspettando. Ma non si poteva certo dire che fosse un principe azzurro…
Aveva voglia di correre giù, sulla neve, come era solita fare da bambina, con la mamma dietro che le raccomandava di prendere la sciarpa e il cappellino di lana perché “altrimenti ti prenderai un bel raffreddore”…
Voleva fare un pupazzo di neve, invitare qualche amica e, magari, il ragazzo che tanto le piaceva. Forse oggi avrebbe trovato il coraggio di dichiararsi. Se solo lui fosse stato lì in quel momento…
Voleva preparare una tazza di cioccolata calda, da servire con dei biscottini fatti in casa, di fronte alla luce del caminetto che scaldava l’ambiente. Voleva fare l’amore con lui, quando il tramonto avrebbe oscurato il giorno e le loro ombre, create dal fuoco, si sarebbero allungate sulla parete fino a fondersi l’una con l’altra.
Voleva fare questa ed altre mille cose. Girò lo sguardo verso il basso a cercare con gli occhi la carrozzina che la teneva prigioniera da troppo tempo. Ormai era solo questione di giorni, forse di ore e la sua sofferenza sarebbe terminata per sempre.
Chi stava aspettando non avrebbe tardato ancora molto. Le avevano detto cinque mesi o forse sei in quel caldo pomeriggio estivo.
Nonostante la temperatura rigida sentiva uno strano calore salirle sulle guance arrossate. Riprese a ridere con maggior vigore.
Quando arrivò, la colse con le labbra che ancora stavano formando un sorriso, quasi di liberazione. Un attimo prima ebbe la percezione esatta del suo stato e questo, invece di deprimerla, le fece tirare un respiro di sollievo. Ecco, adesso poteva pensarlo e, forse, anche dirlo. Era felice.
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