Non è il solo
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Non è il solo
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Luca sta morendo.
L’ambulanza a sirene spiegate lo sta trasportando alle Molinette, in veloce lotta contro il tempo e il fisico. Taglia tutta la città da parte a parte, squarciandola con l’abbaglio dei suoi fari, e ora sta attraversando l’incrocio fra Corso Lepanto e Corso Unione Sovietica, piazzandosi con un’agile conversione nella corsia centrale e via di nuovo.
All’angolo opposto a quello della svolta del mezzo c’è Lucia, ventiquattro anni. Ha addosso una pelliccia sintetica viola e sta aspettando altri quindici euro per un’altra scopata in auto. Ha freddo e non ha voglia di pensare a niente. Un’auto rallenta e accosta, ma sono i soliti ragazzi. Poi è la volta del solito cinquantenne: questa volta lascia che la portiera aperta la introduca all’interno dell’abitacolo. L’ambulanza non è più nemmeno sirena e lampeggiante.
Luca sta morendo, la vettura che lo trasporta passa col rosso fra il caos momentaneamente paralizzato di Piazza Carducci, e l’ospedale ormai è prossimo.
Nel palazzo dirimpetto Giulio sforacchia per la seconda volta in quel giorno il suo scarno avambraccio. Sono due giorni che non mangia, ma ora non sta pensando a quello: mentre il proprio corpo si affloscia sulla tromba delle scale, la sua mente è già altrove, vola in chissà quale luogo, in chissà quale felicità. Domani lo scambieranno per morto, ma un “vaffanculo” farà cambiare opinione alla donna apprensiva sul pianerottolo. Giulio caracollerà di nuovo per la città, elemosinando, e poi –verso sera- rubando. Non sente nemmeno l’ululare altalenante della sirena.
Luca sta morendo, ma l’ambulanza si è appena fermata di fronte al Pronto Soccorso, e già i portelloni posteriori sono stati spalancati.
Marco da un telefono interno al complesso ospedaliero chiama la sua Marica. Le dice che suo padre sembra essersi rimesso dopo l’operazione, e che se lei vuole, l’indomani si possono incontrare da qualche parte per bere qualcosa. Marica non risponde, e quando parla è per dirgli un’altra cosa: non crede che la loro storia sia possibile, sia seria, e lo scarica via etere. Marco rimane con la cornetta sospesa a mezz’aria anche dopo il click della comunicazione interrotta, poi appende, in lacrime. Non sa nulla di Luca.
Luca sta morendo, e mentre la barella lo trasporta fra corridoi bianchi, non è il solo.
L’ambulanza a sirene spiegate lo sta trasportando alle Molinette, in veloce lotta contro il tempo e il fisico. Taglia tutta la città da parte a parte, squarciandola con l’abbaglio dei suoi fari, e ora sta attraversando l’incrocio fra Corso Lepanto e Corso Unione Sovietica, piazzandosi con un’agile conversione nella corsia centrale e via di nuovo.
All’angolo opposto a quello della svolta del mezzo c’è Lucia, ventiquattro anni. Ha addosso una pelliccia sintetica viola e sta aspettando altri quindici euro per un’altra scopata in auto. Ha freddo e non ha voglia di pensare a niente. Un’auto rallenta e accosta, ma sono i soliti ragazzi. Poi è la volta del solito cinquantenne: questa volta lascia che la portiera aperta la introduca all’interno dell’abitacolo. L’ambulanza non è più nemmeno sirena e lampeggiante.
Luca sta morendo, la vettura che lo trasporta passa col rosso fra il caos momentaneamente paralizzato di Piazza Carducci, e l’ospedale ormai è prossimo.
Nel palazzo dirimpetto Giulio sforacchia per la seconda volta in quel giorno il suo scarno avambraccio. Sono due giorni che non mangia, ma ora non sta pensando a quello: mentre il proprio corpo si affloscia sulla tromba delle scale, la sua mente è già altrove, vola in chissà quale luogo, in chissà quale felicità. Domani lo scambieranno per morto, ma un “vaffanculo” farà cambiare opinione alla donna apprensiva sul pianerottolo. Giulio caracollerà di nuovo per la città, elemosinando, e poi –verso sera- rubando. Non sente nemmeno l’ululare altalenante della sirena.
Luca sta morendo, ma l’ambulanza si è appena fermata di fronte al Pronto Soccorso, e già i portelloni posteriori sono stati spalancati.
Marco da un telefono interno al complesso ospedaliero chiama la sua Marica. Le dice che suo padre sembra essersi rimesso dopo l’operazione, e che se lei vuole, l’indomani si possono incontrare da qualche parte per bere qualcosa. Marica non risponde, e quando parla è per dirgli un’altra cosa: non crede che la loro storia sia possibile, sia seria, e lo scarica via etere. Marco rimane con la cornetta sospesa a mezz’aria anche dopo il click della comunicazione interrotta, poi appende, in lacrime. Non sa nulla di Luca.
Luca sta morendo, e mentre la barella lo trasporta fra corridoi bianchi, non è il solo.
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