Pantaloni corti e calzini rossi
- Scritto da Redazione
- dimensione font riduci dimensione font aumenta la dimensione del font
- Stampa
Pantaloni corti e calzini rossi
Racconto di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Racconto di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Vedendo giornalmente ragazzini e giovanotti del vicino liceo non posso fare a meno di notare il loro abbigliamento decisamente informale: jeans, lunghi o all’altezza delle caviglie, maglioni e magliette, pile, orecchini e piercing per ornamento, non posso fare a meno di notare il contrasto con l’abbigliamento scolastico della mia generazione...di chi è stato bambino e adolescente negli anni ’50 e ’60....prima del “fatidico” Sessantotto!
Allora, dominava la formalità; sin dagli anni delle scuole elementari, l’uniforme: grembiule nero dapprima, poi maglia blu; dalle medie in poi, non più uniforme, però camicia, giacca e cravatta pressochè obbligatori; riguardo i pantaloni, fino al termine delle medie-inizio delle superiori, pantaloni lunghi d’inverno, più o meno da novembre a marzo, per il resto pantaloni corti....ed è di questi ultimi che voglio parlare per un episodio accaduto.
Come ho detto, fino alle medie erano quasi di rigore, nella bella stagione, i pantaloni corti (ma qualcuno più coraggioso li portava anche d’inverno, abbinati ai calzettoni di lana spessa). Questa soluzione accontentava tutti: i genitori, per l’ovvio risparmio di spesa sui calzoni lunghi (molte volte i pantaloni corti erano ottenuti accorciando i pantaloni lunghi invernali o quelli di papà o dei fratelli maggiori, una soluzione ancor oggi adottata, per il tempo libero, per i jeans), nonchè per la facilità di pulizia (come si usava dire, è più facile pulire un paio di ginocchia che un paio di pantaloni); i ragazzi, che si sentivano incomparabilmente più liberi nei movimenti e nel gioco (non per nulla, in quasi tutti gli sport dominano i pantaloni corti). La lunghezza variava secondo l’età, crescendo con la stessa: molto corti fino a 6 – 7 anni, 20 – 30 cm sopra il ginocchio dagli 8 – 9 anni, alla spanna sopra il ginocchio (all’incirca come i bermuda) dai 10 anni in poi. Colle gambe coì in vista, i calzini acquistavano molta importanza: lasciate le calze “serie” (scure, bianche), per le occasioni “importanti”, era tutto un tripudio di colori e disegni vivaci: a losanghe, a striscie, fantasia. Le prime vanità si sfogavano in questo capo.
Con gli “shorts” le cose andavano bene fin verso i 12 – 13 anni; successivamente, la pubertà incalzante cominciava a far spuntare sulle gambe prima una lanugine, poi una peluria sempre più folta, primo segno dell’incipiente metamorfosi del bambino e ragazzo in uomo. A questo punto i pantaloni corti, ben accetti, come anche oggi, per il tempo libero e lo svago, cominciavano a venir considerati antiestetici e sempre meno accettati a scuola, in chiesa, o nelle occasioni “importanti”; ammessi senza problemi, di solito, sino al termine delle medie, alle superiori erano al più tollerati all’inizio del primo anno, per le prime settimane; poi, i ragazzi di solito dovevano dire addio ai pantaloni corti, almeno durante la scuola.
Dopo le medie, ero stato iscritto, più per volontà paterna che per personale vocazione, ad un istituto tecnico industriale, il più importante della città ( si era allora in pieno “boom” economico, l’industria sembrava in grado dar lavoro a tutti per sempre – come infatti poi si è visto! – ed il “passaporto” più utile per l’industria il diploma di perito); io, per espressa volontà paterna, mi presentai in calzoni lunghi sin dal primo giorno; nella mia classe due soli ragazzi si presentarono ancora in calzoni corti per un paio di settimane, così nelle altre sezioni, non molti comunque, e solo per breve tempo.
Passò l’inverno, venne la primavera e con essa le prime belle giornate. Una luminosa e già calda mattinata di metà maggio, all’ingresso davanti al cancello, sorpresa....un ragazzo di prima, di un’altra sezione, si presentò in pantaloni corti marroncini, con ai piedi un paio di calzini di un rosso fiammante!
Poco dopo, si seppe che questo abbigliamento così inusuale gli era costato un richiamo dal vicepreside, il quale aveva pure avvisato la famiglia. Passi per i calzoni corti – le gambe erano ancora abbastanza lisce e glabre per essere esibite senza problemi – ma quei calzini rossi nooo! non erano consoni alla serietà dell’istituto; se voleva, poteva indossarli sotto un paio di pantaloni lunghi in modo da nasconderli, ma così in vista proprio no.
Evidentemente il ragazzo dovette ubbidire sia pure malvolentieri; fino alla fine dell’anno continuò a portare i pantaloni corti, ma ai piedi infilò pedalini di colore molto più sobrio: azzurro, grigio chiaro. Portò ancora i pantaloni corti all’inizio del secondo anno (era comunque stato promosso a pieni voti), dopodichè lo si vide per sempre “in lungo”; il ragazzo era ormai diventato uomo, e da uomo doveva ormai vestirsi a scuola e nelle altre occasioni “serie”. L’esibizione di gambe pelose in un’aula scolastica, per quei tempi, era del tutto impensabile.
Allora, dominava la formalità; sin dagli anni delle scuole elementari, l’uniforme: grembiule nero dapprima, poi maglia blu; dalle medie in poi, non più uniforme, però camicia, giacca e cravatta pressochè obbligatori; riguardo i pantaloni, fino al termine delle medie-inizio delle superiori, pantaloni lunghi d’inverno, più o meno da novembre a marzo, per il resto pantaloni corti....ed è di questi ultimi che voglio parlare per un episodio accaduto.
Come ho detto, fino alle medie erano quasi di rigore, nella bella stagione, i pantaloni corti (ma qualcuno più coraggioso li portava anche d’inverno, abbinati ai calzettoni di lana spessa). Questa soluzione accontentava tutti: i genitori, per l’ovvio risparmio di spesa sui calzoni lunghi (molte volte i pantaloni corti erano ottenuti accorciando i pantaloni lunghi invernali o quelli di papà o dei fratelli maggiori, una soluzione ancor oggi adottata, per il tempo libero, per i jeans), nonchè per la facilità di pulizia (come si usava dire, è più facile pulire un paio di ginocchia che un paio di pantaloni); i ragazzi, che si sentivano incomparabilmente più liberi nei movimenti e nel gioco (non per nulla, in quasi tutti gli sport dominano i pantaloni corti). La lunghezza variava secondo l’età, crescendo con la stessa: molto corti fino a 6 – 7 anni, 20 – 30 cm sopra il ginocchio dagli 8 – 9 anni, alla spanna sopra il ginocchio (all’incirca come i bermuda) dai 10 anni in poi. Colle gambe coì in vista, i calzini acquistavano molta importanza: lasciate le calze “serie” (scure, bianche), per le occasioni “importanti”, era tutto un tripudio di colori e disegni vivaci: a losanghe, a striscie, fantasia. Le prime vanità si sfogavano in questo capo.
Con gli “shorts” le cose andavano bene fin verso i 12 – 13 anni; successivamente, la pubertà incalzante cominciava a far spuntare sulle gambe prima una lanugine, poi una peluria sempre più folta, primo segno dell’incipiente metamorfosi del bambino e ragazzo in uomo. A questo punto i pantaloni corti, ben accetti, come anche oggi, per il tempo libero e lo svago, cominciavano a venir considerati antiestetici e sempre meno accettati a scuola, in chiesa, o nelle occasioni “importanti”; ammessi senza problemi, di solito, sino al termine delle medie, alle superiori erano al più tollerati all’inizio del primo anno, per le prime settimane; poi, i ragazzi di solito dovevano dire addio ai pantaloni corti, almeno durante la scuola.
Dopo le medie, ero stato iscritto, più per volontà paterna che per personale vocazione, ad un istituto tecnico industriale, il più importante della città ( si era allora in pieno “boom” economico, l’industria sembrava in grado dar lavoro a tutti per sempre – come infatti poi si è visto! – ed il “passaporto” più utile per l’industria il diploma di perito); io, per espressa volontà paterna, mi presentai in calzoni lunghi sin dal primo giorno; nella mia classe due soli ragazzi si presentarono ancora in calzoni corti per un paio di settimane, così nelle altre sezioni, non molti comunque, e solo per breve tempo.
Passò l’inverno, venne la primavera e con essa le prime belle giornate. Una luminosa e già calda mattinata di metà maggio, all’ingresso davanti al cancello, sorpresa....un ragazzo di prima, di un’altra sezione, si presentò in pantaloni corti marroncini, con ai piedi un paio di calzini di un rosso fiammante!
Poco dopo, si seppe che questo abbigliamento così inusuale gli era costato un richiamo dal vicepreside, il quale aveva pure avvisato la famiglia. Passi per i calzoni corti – le gambe erano ancora abbastanza lisce e glabre per essere esibite senza problemi – ma quei calzini rossi nooo! non erano consoni alla serietà dell’istituto; se voleva, poteva indossarli sotto un paio di pantaloni lunghi in modo da nasconderli, ma così in vista proprio no.
Evidentemente il ragazzo dovette ubbidire sia pure malvolentieri; fino alla fine dell’anno continuò a portare i pantaloni corti, ma ai piedi infilò pedalini di colore molto più sobrio: azzurro, grigio chiaro. Portò ancora i pantaloni corti all’inizio del secondo anno (era comunque stato promosso a pieni voti), dopodichè lo si vide per sempre “in lungo”; il ragazzo era ormai diventato uomo, e da uomo doveva ormai vestirsi a scuola e nelle altre occasioni “serie”. L’esibizione di gambe pelose in un’aula scolastica, per quei tempi, era del tutto impensabile.
Letto 3967
volte
Pubblicato in
Vostri racconti
Ultimi da Redazione
Devi effettuare il login per inviare commenti