Passeggiata notturna
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Passeggiata notturna
Racconto di Andrea Gennaro Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ">Andrea Gennaro
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La città dormiva (e della grossa!), e la strada era deserta. Sentiva i propri passi rincorrersi in un concerto di tacchi stanchi, e se si fermava credeva di poter avvertire il respiro del suo angelo custode.
In realtà c’erano invece dei rumori, suoni che non aveva mai sentito: il ronzio dei lampioni, ad esempio, che era insieme inquietante e comico, quasi indescrivibile, come di grilli ventriloqui; poi c’era lo stormire delle ultime foglie, uno strofinio straziato come una preghiera al vento gelido perché le risparmiasse; e ancora lo sciabordio delle fontanelle, mai così intenso, che lo riportava al torrente della sua infanzia... ma in linea di massima tutto era silenzio.
Gli occhi chiusi delle finestre dei palazzi trasformavano quel quadro in qualcosa di ancor più irreale, un Dalì, un azzardo di poesia non-sense.
Da lontano sopraggiungeva il rombo affaticato di un motore che non ne voleva sapere di avviarsi, un ringhio rauco di protesta che stava per essere domato, quindi diventava un brontolio sommesso come di acqua in ebollizione, e infine un ruggito permanente e svogliato. Immaginava che il proprietario stesse ora uscendo dal veicolo, armato di raschietto, e che iniziasse a levare lo strato di ghiaccio che aveva abbracciato il parabrezza durante la notte, e quasi ne vedeva le mani farsi sempre più gelate e insensibili.
Si riavviò il nodo alla cravatta e sbuffò una nuvoletta di aria che subito si condensò, simile a fumo espulso da una sigaretta. Si nascose dietro il bavero e affondò le mani ancora più in profondità nelle tasche del paletot: adesso faceva davvero freddo.
La notte e la città non avevano più nulla da dirgli e lui non aveva mai avuto nulla da dire a loro.
Già le prime luci dell’alba metropolitana stavano schiudendo le persiane e svegliando i mattinieri. Presto anche lui si sarebbe confuso fra la gente che di lì a poco avrebbe riempito le strade coi suoi mille rumori fatti di colpi di tosse, passi, discorsi... e nessuno avrebbe saputo della sua passeggiata notturna.
A quel pensiero sorrise e la città parve contraccambiarlo, intimi di un segreto senza importanza.
In realtà c’erano invece dei rumori, suoni che non aveva mai sentito: il ronzio dei lampioni, ad esempio, che era insieme inquietante e comico, quasi indescrivibile, come di grilli ventriloqui; poi c’era lo stormire delle ultime foglie, uno strofinio straziato come una preghiera al vento gelido perché le risparmiasse; e ancora lo sciabordio delle fontanelle, mai così intenso, che lo riportava al torrente della sua infanzia... ma in linea di massima tutto era silenzio.
Gli occhi chiusi delle finestre dei palazzi trasformavano quel quadro in qualcosa di ancor più irreale, un Dalì, un azzardo di poesia non-sense.
Da lontano sopraggiungeva il rombo affaticato di un motore che non ne voleva sapere di avviarsi, un ringhio rauco di protesta che stava per essere domato, quindi diventava un brontolio sommesso come di acqua in ebollizione, e infine un ruggito permanente e svogliato. Immaginava che il proprietario stesse ora uscendo dal veicolo, armato di raschietto, e che iniziasse a levare lo strato di ghiaccio che aveva abbracciato il parabrezza durante la notte, e quasi ne vedeva le mani farsi sempre più gelate e insensibili.
Si riavviò il nodo alla cravatta e sbuffò una nuvoletta di aria che subito si condensò, simile a fumo espulso da una sigaretta. Si nascose dietro il bavero e affondò le mani ancora più in profondità nelle tasche del paletot: adesso faceva davvero freddo.
La notte e la città non avevano più nulla da dirgli e lui non aveva mai avuto nulla da dire a loro.
Già le prime luci dell’alba metropolitana stavano schiudendo le persiane e svegliando i mattinieri. Presto anche lui si sarebbe confuso fra la gente che di lì a poco avrebbe riempito le strade coi suoi mille rumori fatti di colpi di tosse, passi, discorsi... e nessuno avrebbe saputo della sua passeggiata notturna.
A quel pensiero sorrise e la città parve contraccambiarlo, intimi di un segreto senza importanza.
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