Samba
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Samba
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Era un piccolo festino, con pochi amici intimi. Si erano presi un giorno in più per festeggiare l'arrivo del nuovo anno; il capodanno più lungo che avessero mai vissuto. In breve tempo, ai pochi amici intimi, si era aggiunta una comitiva di circa quaranta persone e l'aria gelida delle sette di sera si era riscaldata. Il prezzo era modico (avevano deciso che era meglio farsi pagare dalle possibili new entry) e comprendeva un buffet modesto e tanta musica da ballo liscio. Balli di gruppo e cose del genere. Grazia e Stefano sedevano nell'angolo più appartato del locale, ristorati da due enormi tazze di cioccolato caldo. Due insignificanti personaggi che si erano uniti alla stretta cerchia di amici per non dover passare da soli anche quel secondo ed inusuale capodanno. Lei sorrideva ,si sentiva felice; sapeva di amarlo e questo le bastava. Non era mai piaciuta molto, sarà stato anche per i problemi che aveva avuto e che aveva tuttora. Non era il tipo di donna che un uomo si aspetterebbe di sposare. Era un tipo medio, nella media. Nessun interesse particolare, pochi sogni, pochi soldi, un appartamento modesto. Dopotutto era una donna modesta. Voleva un figlio, due al massimo; e un uomo. Un uomo che la amasse. Un uomo come Stefano. Lui la guardava con due grandi occhi spaesati. Non era molto convinto della festa; un capodanno gli bastava e avanzava. Un anno in più... Non pensava che il capodanno dovesse meritare tante cerimonie. Si aggiungeva un altro anno alla lista di anni scialbi passati dietro la scrivania di un quotidiano, a tessere le lodi del neo presidente qualsiasi del paese qualsiasi; roba che, a rileggerla ,gli veniva da chiedersi dove fosse finito tutto il suo buon gusto. In realtà non gliene fregava niente e, anche se gliene fosse fregato...non era quello il modo in cui aveva immaginato la sua carriera da opinionista. Si sentiva più un lacchè che un critico. Un cane pronto a scodinzolare ad un minimo accenno del padrone. " Bel resoconto." Si, ma in fondo i suoi articoli piacevano. E questo bastava. Non era una carriera che lo avrebbe portato più in là di una poltrona da direttore. Ma tutta la sua ambizione finiva proprio lì. Gli sarebbe bastato prendere le redini del giornale e defenestrare il suo capo. Il suo "padrone".
Tante facce gentili e tanti sorrisi invitanti. "Su, dai, venite a ballare!" "No, ti ringrazio, stiamo meglio seduti a vedervi." "Fate come volete, ma vi perderete tutta l'allegria della festa." Non sapevano nemmeno ballare!, che diamine c'erano andati a fare a quella festa? Si alzò e si portò al tavolo del buffet; lei lo seguì amorevole. " Vuoi un po' d'ostriche?" "Prenderò qualche cozza, grazie." Lei si risedette al tavolo. Lui versò mezzo bicchiere di Martini nel bicchiere di plastica rossa e bevve alla sua salute. Alla salute del nuovo anno. A quella della sua carriera. "Troverai un nuovo grande amore, tesoro." Le disse in un soffio di telepatia, mentre la osservava nei jeans e nella maglietta celeste a collo alto. Mentre, appoggiata con entrambi i gomiti sul tavolo osservava attraverso gli occhiali azzurri lo sfilare degli amici sulle note di un valzer. Il valzer delle camelie. Caricò il piatto di frutti di mare e tornò al suo posto. L'orchestra attaccò con una samba. Alcuni cominciarono a ballarla come ballo di gruppo. Altri presero a dar forma a un enorme serpentone umano.
Balli e battiti e suoni di tombe e grida di evviva.
"Grazia...Grazia, tesoro. Guardami un attimo, per favore. Cinque minuti, non di più. Una piccola cosa. Debbo dirti solo una piccola cosa. E s'è già fatto tardi." Lei chinò la testa sulla spalla e prese ad indagarlo. Non aveva ancora capito bene cosa le stava dicendo. La musica colpiva le parole e le trascinava lontano dal suo cervello. " Vuoi dirmi una cosa? Che cosa?" " Una piccola cosa, ma mettiti comoda. Non ti agitare. Non ci vorrà, poi, molto tempo." Scialba e silenziosa, pensò. Avrebbe fatto felici milioni di capuffici.
I festoni ondeggiavano al passare delle teste divertite che formavano il serpente. Fischiavano, ridevano. Alcune bottiglie di champagne vennero stappate. Nel crescendo d'eccitazione, la musica prese a correre. Giri e battiti di mano. "Brasil...Samba!"
"Non preoccuparti, tutto troverà una soluzione. Non c'è uomo a cui tu non interessi. Sei intelligente, scrupolosa, carina. Sei una bella ragazza. Sei fantastica, Grazia. Solo che non sei il mio tipo, ecco tutto..." Cazzate del genere le aveva sentite un sacco di volte. Qualcuno, c'era sempre qualcuno che l'avrebbe trovata carina e spiritosa ed ecc, ecc... Lei non era mai il tipo di nessuno. Lui continuava a parlarle dei perché, continuava a montare scuse su scuse. La realtà era che no aveva verità.
Giri e giravolte e fischi. Fuori esplodevano ,alti, i fuochi artificiali. "Un, due, tre...Samba!"
Uscirono fuori mentre la nebbia li copriva col suo velo impalpabile di fumo. Lui continuava a parlarle. Lei era assorta nei suoi pensieri. Era tutto durato cinque minuti, non di più. Alla samba s'erano susseguiti una miriade di balli sudamericani; c'era che s'era messo in canottiera per non dover annegare nel proprio sudore. Lui le aveva detto qualcosa, un paio di sere prima, quando progettavano di andare fuori a festeggiare. Qualcosa. Erano vicini alla macchina, l'aveva accompagnata, era giusto che la riportasse indietro. Erano vicini al laghetto di acqua sulfurea. Fu un niente, un attimo, una piccola botta e via. Via il dente ,via il dolore. Un attimo, un botto, un piccolo colpo. L'acqua che gli entrava in gola copriva le grida. Gli spari che gli trapassavano il corpo si confondevano con i fuochi artificiali. Un altro grido e poi più niente. Solo il silenzio e il rumore di qualche botto solitario. Il fondale melmoso inghiottì le parole. "Non so nuotare..." L'acqua non era sua amica. Le piacque pensare che, quella pozza d'acqua stagnante fosse direttamente collegata al fiume infernale. Lo zolfo, era lo stesso che circondava ,nei bassorilievi medievali, le figure diaboliche armate di forcone.
Tornò dentro, scricchiolando la ghiaietta, nel calore dei fiati che ballavano un merengue. Si sedette al suo solito posto. Vide il piatto abbandonato di frutti di mare che giaceva stanco davanti a lei. Lo raccolse ,si alzò, lo buttò nel cestino. Tornò al suo posto. Un ragazzo, sui ventisette anni, le si avvicinò con fare galante. " Sei sola?" "Sì." "Ti va di ballare?" "Oh, certo!!" Si alzarono e presero a ballare. Mentre, al suono di un'altra samba, i più andavano a formare un serpentone di carne umana. Mentre ridevano e scherzavano e nessun anno era mai cominciato così allegramente. Anche il laghetto ,circondato dalla nebbia e dagli umori che emanava l'acqua solforosa, nell'irrealtà di quella note di gennaio, brontolò in superficie, soddisfatto.
FINE.
Tante facce gentili e tanti sorrisi invitanti. "Su, dai, venite a ballare!" "No, ti ringrazio, stiamo meglio seduti a vedervi." "Fate come volete, ma vi perderete tutta l'allegria della festa." Non sapevano nemmeno ballare!, che diamine c'erano andati a fare a quella festa? Si alzò e si portò al tavolo del buffet; lei lo seguì amorevole. " Vuoi un po' d'ostriche?" "Prenderò qualche cozza, grazie." Lei si risedette al tavolo. Lui versò mezzo bicchiere di Martini nel bicchiere di plastica rossa e bevve alla sua salute. Alla salute del nuovo anno. A quella della sua carriera. "Troverai un nuovo grande amore, tesoro." Le disse in un soffio di telepatia, mentre la osservava nei jeans e nella maglietta celeste a collo alto. Mentre, appoggiata con entrambi i gomiti sul tavolo osservava attraverso gli occhiali azzurri lo sfilare degli amici sulle note di un valzer. Il valzer delle camelie. Caricò il piatto di frutti di mare e tornò al suo posto. L'orchestra attaccò con una samba. Alcuni cominciarono a ballarla come ballo di gruppo. Altri presero a dar forma a un enorme serpentone umano.
Balli e battiti e suoni di tombe e grida di evviva.
"Grazia...Grazia, tesoro. Guardami un attimo, per favore. Cinque minuti, non di più. Una piccola cosa. Debbo dirti solo una piccola cosa. E s'è già fatto tardi." Lei chinò la testa sulla spalla e prese ad indagarlo. Non aveva ancora capito bene cosa le stava dicendo. La musica colpiva le parole e le trascinava lontano dal suo cervello. " Vuoi dirmi una cosa? Che cosa?" " Una piccola cosa, ma mettiti comoda. Non ti agitare. Non ci vorrà, poi, molto tempo." Scialba e silenziosa, pensò. Avrebbe fatto felici milioni di capuffici.
I festoni ondeggiavano al passare delle teste divertite che formavano il serpente. Fischiavano, ridevano. Alcune bottiglie di champagne vennero stappate. Nel crescendo d'eccitazione, la musica prese a correre. Giri e battiti di mano. "Brasil...Samba!"
"Non preoccuparti, tutto troverà una soluzione. Non c'è uomo a cui tu non interessi. Sei intelligente, scrupolosa, carina. Sei una bella ragazza. Sei fantastica, Grazia. Solo che non sei il mio tipo, ecco tutto..." Cazzate del genere le aveva sentite un sacco di volte. Qualcuno, c'era sempre qualcuno che l'avrebbe trovata carina e spiritosa ed ecc, ecc... Lei non era mai il tipo di nessuno. Lui continuava a parlarle dei perché, continuava a montare scuse su scuse. La realtà era che no aveva verità.
Giri e giravolte e fischi. Fuori esplodevano ,alti, i fuochi artificiali. "Un, due, tre...Samba!"
Uscirono fuori mentre la nebbia li copriva col suo velo impalpabile di fumo. Lui continuava a parlarle. Lei era assorta nei suoi pensieri. Era tutto durato cinque minuti, non di più. Alla samba s'erano susseguiti una miriade di balli sudamericani; c'era che s'era messo in canottiera per non dover annegare nel proprio sudore. Lui le aveva detto qualcosa, un paio di sere prima, quando progettavano di andare fuori a festeggiare. Qualcosa. Erano vicini alla macchina, l'aveva accompagnata, era giusto che la riportasse indietro. Erano vicini al laghetto di acqua sulfurea. Fu un niente, un attimo, una piccola botta e via. Via il dente ,via il dolore. Un attimo, un botto, un piccolo colpo. L'acqua che gli entrava in gola copriva le grida. Gli spari che gli trapassavano il corpo si confondevano con i fuochi artificiali. Un altro grido e poi più niente. Solo il silenzio e il rumore di qualche botto solitario. Il fondale melmoso inghiottì le parole. "Non so nuotare..." L'acqua non era sua amica. Le piacque pensare che, quella pozza d'acqua stagnante fosse direttamente collegata al fiume infernale. Lo zolfo, era lo stesso che circondava ,nei bassorilievi medievali, le figure diaboliche armate di forcone.
Tornò dentro, scricchiolando la ghiaietta, nel calore dei fiati che ballavano un merengue. Si sedette al suo solito posto. Vide il piatto abbandonato di frutti di mare che giaceva stanco davanti a lei. Lo raccolse ,si alzò, lo buttò nel cestino. Tornò al suo posto. Un ragazzo, sui ventisette anni, le si avvicinò con fare galante. " Sei sola?" "Sì." "Ti va di ballare?" "Oh, certo!!" Si alzarono e presero a ballare. Mentre, al suono di un'altra samba, i più andavano a formare un serpentone di carne umana. Mentre ridevano e scherzavano e nessun anno era mai cominciato così allegramente. Anche il laghetto ,circondato dalla nebbia e dagli umori che emanava l'acqua solforosa, nell'irrealtà di quella note di gennaio, brontolò in superficie, soddisfatto.
FINE.
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